This paragraph should be hidden. idcardrel 8567 Sartorio Giulio Aristide
Sartorio Giulio Aristide1860/ 1932
tela/ pittura a olio
sec. XIX (1895 - 1895)
E' una replica con lievi varianti di un dipinto eseguito nel 1893, ora in collezione privata a Roma. Disegni e studi preparatori nel 1933 erano conservati presso gli eredi dell'artista, a Roma. Ricci Oddi scrive sul suo diario che Sartorio gli confidò che la prima idea del dipinto gli era venuta visitando la grotta verde di Capri.
Giulio Aristide Sartorio nasce a Roma nel 1860. Apprende l'arte del disegno dal padre Raffaele e dal nonno Girolamo, scultori di una certa reputazione anche se di modesta fortuna. Si perfeziona, più che nella irregolare frequenza dell'Accademia, attraverso l'esecuzione di rilievi, copie e imitazioni da affreschi, mosaici, quadri e statue delle basiliche e dei musei romani. A questa formazione tradizionale si sovrappone la spiccata simpatia - in parte determinata da esigenze economiche che l'orientano ad una pittura in voga, di facile mercato - per il virtuosismo di Mariano Fortuny, ed esegue quadretti ed acquerelli di ambiente settecentesco. Con il dipinto Malaria (Cordova, Argentina), esposto a Roma nel 1882, si presenta sotto una veste rinnovata, volta ad accenti di verismo umanitario michettiano, ancora più evidenti in seguito, sotto la diretta influenza del maestro abruzzese, sia quando lavora alla pittura del paesaggio, sia quando si impegna negli studi di animali (con certa attenzione, anche, al Palizzi). Frequenta i circoli letterari della capitale , collabora a "Cronache Bizantine" e nel 1883 stringe amicizia con Gabriele d'Annunzio per cui illustra nel 1886 l'Isotta Guttadauro. Questo lavoro documenta i suoi interessi, più consistenti dal 1890, per la poetica preraffaellita, con particolare attenzione a Hunt, Millais, Madox Brown più che a Dante Gabriele Rossetti. Ne nasce la naturale adesione, nel 1893, al gruppo costiano "In arte libertas". Tuttavia la scelta di una malintesa tradizione italiana come opposizione all'impressionismo, perché fondata sull'accademica minuzia della trama disegnativa, conduce l'artista ad una pittura di piglio grandioso, preoccupata di eleganze che non tardano a virare in senso "floreale", e ridondante di quell'enfasi letteraria cui lo stimola la vena poetica dannunziana.
Si reca in Inghilterra per conoscere direttamente il preraffaellismo. Ritornato in patria e ospite del Michetti a Francavilla, si applica allo studio del paesaggio e degli animali, soprattutto in pastelli o in acqueforti e litografie di cui non esegue tirature. Tuttavia anche questa produzione è animata da un chiaro taglio decorativo, ricostruita com'è in studio, seppur con spunti dal vero, solo preoccupata di un realismo tutto esteriore. Presto ritorna al simbolismo estetizzante, epidermica rievocazione di contenuti e moduli classici, del dittico Diana di Efeso e gli schiavi, La Gorgone e gli eroi, 1899 (Galleria Nazionale d'Arte Moderna). Ma il lessico sartoriano sta flettendosi dagli stilemi preraffaelliti ad accentuazioni liberty, in parte dovute alla permanenza di quattro anni in Germania (1895-1899) come professore nell'Accademia di Weimar, su invito del Graduca Carlo Alessandro. Entra in contatto con i simbolisti tedeschi (Sera di primavera e Abisso verde, 1900; Piacenza, Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi) e frequenta la casa di Nietzsche. Rientrato in Italia svolge una duplice attività: quella di paesista, animatore con Coleman, Giuseppe Raggio e Onorato Carlandi del gruppo dei XXV della Campagna Romana, e decoratore. La prima, cui è legata la sua fama maggiore, definitivamente consacrata dall'Esposizione di Venezia nel 1914 dove comparve con 80 tempere, ha per soggetto la campagna laziale e le paludi pontine. Del secondo aspetto sono documento i fregi allegorici in chiaroscuro per le Biennali veneziane del 1905 e del 1907, i lavori ornamentali per L'Esposizione di Milano, la decorazione simbolico-idealista dell'aula della Camera dei Deputati in Montecitorio (1908-1912) dove celebra la storia d'Italia dall'epoca dei comuni al risorgimento. Muore a Roma nel 1932.