Teatrino di Villa Aldrovandi-Mazzacorati
capienza totale della sala posti 95
Bologna Archivio Aldrovandi Marescotti, Eredità Aldrovandi Marescotti, b.357;
AS Bologna, Copie Notarili, Notaio G.Nanni, libro 1178.1.6.
G. Cuppini - A. M. Matteucci, Ville del Bolognese, Bologna 1969, p. 91;
A. Barbacci, Monumenti a Bologna. Distruzioni e restauri, Bologna 1977, fig. 280;
F. Zanasi, A Villa Aldrovandi, l'umidità va a teatro, in "Il Resto del Carlino", 19 dic. 1978;
Teatri storici in Emilia-Romagna, a cura di S. M. Bondoni, Bologna 1982, p. 210-211;
D. Lenzi, Teatrino di Villa Aldrovandi, in: Arte del Settecento emiliano. Architettura, scenografia, pittura di paesaggio, catalogo della mostra, Bologna 1980, p. 131-132;
D. Lenzi - A. Frabetti, Villa Aldrovandi Mazzacorati, momenti del neoclassico tra Camaldoli e Belpoggio, Bologna 1987 (ed. cons. 1994), p. 64-76 e p. 78-79;
M. Calore, Il teatro in villa nel Settecento. Splendore e crisi nell'aristocrazia bolognese, in: "Strenna storica Bolognese", XXXIV (1984), p. 71-95;
Uomini e teatro nel Settecento in Emilia-Romagna. Il teatro della cultura prospettive biografiche, a cura di E. Casini Ropa et al., Modena 1986;
G. Guccini, Per una storia del teatro dei dilettanti: la rinascita tragica italiana nel XVIII secolo, in: Uomini e teatro ... Modena 1986, p. 269-317;
M. Calore, Il teatro della cultura, in Civiltà teatrale e Settecento emiliano, a cura di S. Davoli, Bologna 1986, p. 35-40;
V. Rubini, Bologna. Teatrino di villa Aldrovandi Mazzacorati, in:"INARCOS", 8 (1993), p. 477-479;
Le stagioni del teatro. Le sedi storiche dello spettacolo in Emilia-Romagna, a cura di L. Bortolotti, Bologna 1995, p. 122-124.
Bologna (BO)
Fuori dalle porte della città di Bologna, sulla strada per Firenze - nella zona pedecollinare del colle di Camaldoli - sorgeva il Palazzo di Camaldoli residenza della nobile famiglia Marescotti poi di Filippo Maria e in seguito di Raniero Aldrovandi Marescotti. Con la morte del padre Raniero, il trentaduenne senatore Gianfrancesco fece ritorno alla dimora bolognese dopo un lungo soggiorno a Modena dove aveva conosciuto il marchese Alfonso Vincenzo Fontanelli, suo futuro suocero, corrispondente e traduttore di Voltaire, eccellenza nel sostenere le rappresentazioni teatrali e nell'addestrare alle medesime i giovani cavalieri... lo fecero rimirare finché visse (Calore Uomini di teatro 1986 p. 105-107, Civiltà teatrale 1986, 40-51). La rinnovata passione di Gianfrancesco per le rappresentazioni teatrali diventa un modello di lettura per comprendere il consapevole programma culturale in cui il teatro diventa perno della complessa opera di ristrutturazione del Palazzo (Lenzi 1987, p. 68) avviata nel 1761 circa. I lavori iniziarono in coincidenza delle nozze con Lucrezia Fontanelli cui è da credere che ... per la particolare raffinata educazione ricevuta, non sia rimasta estranea (Lenzi, p. 68).
Nel 1762 e nel 1763 nei libri mastri della famiglia, si annotano spese per il teatrino tra cui il compenso per la realizzazione di due scene dipinte da Antonio Galli Bibiena e da Prospero Pesci (Calore 1984, p.71; Calore, Il teatro 1986, pp. 35-40). L'inaugurazione avvenne il 24 settembre dello stesso anno 1763, con la rappresentazione Alzira di Voltaire. Nel Diario di Galeati (Galeati, Diario) si precisa che tra gli attori - come di consueto nei teatrini privati di nobili famiglie - vi erano gli stessi Gianfrancesco e sua moglie Lucrezia, che lo spettacolo fu replicato tre volte e che l'entrata era a pagamento, particolare, allo stato attuale delle conoscenze, eccezionale (Lenzi, p. 68). Nel 1764 viene costruito un nuovo ordine di balconata e nel mese di maggio sotto la direzione del capomastro Giuseppe Berti viene realizzato in posizione perfettamente simmetrica rispetto al teatro, un portico prospiciente il giardino che opportunamente chiuso da teleri di legno sarebbe servito in occasioni di recite.
Dato che le ultime spese sono registrate nel mese di ottobre si è dedotto che il teatro fosse finalmente terminato entro quell'anno 1764 (Lenzi p. 65, nota 4). Le rappresentazioni camaldolesi diventeranno già nel 1771 una realtà consolidata e soprattutto di alto livello nel panorama artistico della provincia emiliana. La progettazione dell'interno del teatrino si deve sicuramente al senatore Gianfrancesco con la direzione del macchinista Bentivoglio come viene ricordato chiaramente in un inventario ritrovato da Deanna Lenzi (Lenzi, p. 69).
La facciata invece probabilmente fu realizzata su progetto di Francesco Tadolini attivo a Camaldoli dal 1769 quando il teatrino era già terminato.
Le 24 statue di stucco con cariatidi e sirene descritte come di maniera ... su antichi modelli da Piò, sono probabilmente da attribuire allo stuccatore Camporesi (Lenzi, p. 69) o a un certo Balugani (Lenzi, p. 69) che realizzò anche delle statue per la terrazza, la scala e la facciata del Palazzo (Lenzi 1987, p. 69).
Le statue a stucco che caratterizzano così piacevolmente il teatro sono tutte di diversa forma, e sebbene ritratte nell'atto di sorreggere sulla schiena le balconate, non hanno alcun carattere portante, tanto meno le braccia che in alcuni casi con le mani accuratamente posizionate, erano usate per sorreggere ghirlande di fiori freschi che venivano appese durante le serate d'onore (Rubini, p. 478).
L'idea di mescolare cariatidi, tritoni, atlanti e sirene non era poi così nuova, come a noi oggi potrebbe apparire, infatti era un motivo assai diffuso negli allestimenti effimeri e nella decorazione delle sale di tutta Europa. Furono impiegati a Roma nel 1566 durante il Carnevale della regina Cristina, a Monaco nel 1654 nel teatro dell'Opera in Salvatorplatz e nel 1750-1753 nel teatro di corte di Francois Cuvilliàs, a Versailles nel 1754 in un allestimento nella sala della cavallerizza. Di particolare interesse invece sarebbe l'accostamento ad un contemporaneo teatrino che fece costruire Federico di Prussia nel castello di Postdam tra il 1763 e il 1769 (Lenzi, p. 70). A Gianfrancesco succedette Carlo Filippo che opererà una regolare manutenzione per il buon mantenimento del teatro rinnovando scene e costumi, il sipario e il palcoscenico. In quell'occasione forse si realizzarono due fondali di tela rappresentanti il Carcere e l'Atrio dorico e dei celetti , elementi di scena che facevano le veci del soffitto. Questi pochi arredi di scena di cui si conserva solo memoria fotografica andarono dispersi eccetto il fondale con l'Atrio, forse opera giovanile di Pelagio Palagi, protetto di Carlo Filippo. Almeno fino al 1845 il teatro fu attivo e ben conservato dalla famiglia Mazzacorati che appose rispettosamente solo il proprio stemma sull'arcoscenico.
Ma quando nel 1937 divenne proprietà dell'Istituto Previdenza Sociale e il Palazzo adibito a convalescenziario, il teatrino che doveva essere abbattuto, fu fortunosamente risparmiato per l'intervento della Soprintendenza di Modena. Ugualmente però vennero operate manomissioni spesso senza criterio scientifico. La profondità del palcoscenico fu ridotta, fu sostituito il piano ligneo, fu elettrificata la sala, il pavimento a mattoni bolognesi fu sostituito con uno alla veneziana, Nel 1946 fu rifatto il coperto, danneggiato durante un bombardamento del 1945, nel soffitto furono dipinte delle nuvole e coperte le figure originali.
Nel 1962 fu rinforzata la prima balconata per poter sopportare un carico maggiore. Nel 1983 il professore Carlo Bellei ha restaurato il telone con l'Atrio.
La semplice facciata con un portale con gradini in pietra immette senza ambienti intermedi al teatrino lateralmente. L'entrata privata principale invece sembra essere quella dal giardino.
Dal colonnato esterno infatti si accede al teatro attraverso un graziosissimo atrio triangolare ricavato da un raccordo creatosi con la costruzione delle barchesse semicircolari. Altre porte di entrata poste al piano terra e al primo piano facilitavano l'ingresso dei privilegiati direttamente dagli ambienti interni della villa. La platea del teatro è a pianta rettangolare con due ordini di balconate con parapetti in tela decorata. Il teatro è fornito di palco e sottopalco.
L'interno del teatro oggi è agibile per 95 spettatori. In origine la sala offriva posto a 200 persone ma bisogna considerare che un tempo gli spazi teatrali erano affollatissimi. Il teatro necessita di restauri anche per la presenza di infiltrazioni nelle pareti e nel soffitto. Dal 1993 il Quartiere Savena promuove iniziative di sensibilizzazione con visite guidate e rappresentazioni teatrali; è stato organizzato anche un convegno nel quale si sono affrontati i problemi relativi ad un eventuale restauro. Il progetto dei restauri è curato da Sara Franceschini del Comune di Bologna.
(Caterina Spada)
Outside of the gates of the city of Bologna, on the road to Florence– at the foot of Camaldoli hill - stood Palazzo di Camaldoli, the residence of the noble Marescotti family, then inhabited by Filippo Maria, and subsequently by Raniero Aldrovandi Marescotti. After the death of his father Raniero, the 32-year-old Senator Gianfrancesco returned to his Bologna home after a long stay in Modena, where he had met the Marquis Alfonso Vincenzo Fontanelli, his future father-in-law and Voltaire’s correspondent and translator, “a stalwart supporter of the theater and of training young knights in the performing arts... he was admired as long as he lived” (Calore, Uomini di teatro 1986 p. 105-107, Civiltà teatrale 1986, 40-51). Gianfrancesco’s renewed passion for the theater became a key for understanding the extensive cultural program that led to the theater becoming the cornerstone of the complex efforts to restore Palazzo di Camaldoli (Lenzi 1987, p. 68), which began around 1761. These efforts began at the same time as Gianfrancesco’s wedding to Lucrezia Fontanelli, and it is likely that, thanks to her refined education, she took an active role in them (Lenzi, p. 68).
In 1762 and 1763, the family ledgers list expenses sustained for the theater, including payment for two scenes painted by Antonio Galli Bibiena and Prospero Pesci (Calore 1984, p.71; Calore, Il teatro 1986, pp. 35-40). The theater was inaugurated on 24 September 1763, with Voltaire’s Alzira. Galeati’s Diario specified that the actors included Gianfrancesco himself and his wife Lucrezia – as was the custom in private theaters belonging to noble families -, that the performance was repeated three times, and that admission required payment, which, as far as we know, was exceptional for that time (Lenzi, p. 68). In 1764 a new balcony order was built, and in May, under the supervision of the master builder Giuseppe Berti, a portico was built next to the garden and in a perfectly symmetrical position compared to the theater; closed off by wooden trellises, it could be used for plays.
Since the last expenses are recorded for the month of October, one can deduce that work on the theater was completed by the end of 1764 (Lenzi p. 65, note 4). By 1771, performances held at Palazzo di Camaldoli were already a well-established and highly regarded presence on the cultural scene in the Emilia region. The theater’s interior was undoubtedly designed by Senator Gianfrancesco and built under the supervision of the machinist Bentivoglio, as stated in an inventory discovered by Deanna Lenzi (Lenzi, p. 69).
The façade was probably built in accordance with a project by Francesco Tadolini, who began working in Camaldoli in 1769, when the theater was already completed.
The 24 stucco statues depicting caryatids and sirens, described by Piò as being inspired by ancient models, should probably be attributed to the stucco artist Camporesi (Lenzi, p. 69), or to Balugani (Lenzi, p. 69), who also sculpted the statues on the Palazzo’s terrace, staircase, and façade (Lenzi 1987, p. 69).
The stucco statues that so pleasantly decorate the theater all have different shapes, and although they are depicted as bearing the balcony on their backs, they serve no such purpose; neither do their arms, with their accurately positioned hands, which were used to hold up the garlands of fresh flowers that were used during gala evenings (Rubini, p. 478).
The idea to mix caryatids, tritons, atlases, and sirens was not as novel as it may seem today; indeed, it was a rather frequent motif in temporary exhibitions and theater hall decorations throughout Europe. They were used in Rome in 1566 during Queen Cristina’s carnival, in Munich in 1654 in Salvatorplatz’s opera house, and in 1750-1753 in Francois Cuvilliés’s court theater, and in Versailles in 1754 for a stage set in the salon des cavaliers.
Of particular interest is the fact that the theater was similar to another, contemporary theater that Frederick of Prussia had built in Postdam castle between 1763 and 1769 (Lenzi, p. 70). Gianfrancesco was succeeded by Carlo Filippo who made sure that regular maintenance work was performed on the theater, and who renewed the stage sets, costumes, stage curtain, and stage. This may have been the occasion on which two canvas backdrops depicting the prison and the Doric atrium were made; these stage props also served as a ceiling. Only photographs remain of these stage props; indeed, most have been lost except for the backdrop with the atrium, which may have been an early work by Carlo Filippo’s protégé Pelagio Palagi.
At least until 1845, the theater was active and well cared for by the Mazzacorati family, who respectfully put their coat of arms on the proscenium only.
When in 1937 the building became the property of the Italian Social Security Institute and was converted into a convalescent home, the theater, which was supposed to be demolished, was fortunately spared thanks to the intervention of the Modena Superintendence. Nevertheless, some changes were made, often without scientific criteria. The depth of the stage was reduced, the wooden floor was replaced, an electrical system was installed in the main floor, the Bologna-style brick floor was replaced by a Venetian floor. In 1946, the outside covering, which had been damaged during bombing in 1945, was rebuilt, and the original paintings on the ceiling were repainted with a cloud motif.
In 1962, the first balcony was strengthened in order to allow it to bear heavier loads. Around 1983, professor Carlo Bellei restored the canvas backdrop depicting the atrium.
The simple façade has a portal with stone stairway leading directly to a lateral entrance to the theater. The main private entrance is in the garden.
From the outside colonnade, the theater is accessed through a delightful triangular atrium formed by the juncture between the semi-circular side buildings. Other entrance doors, on the ground and first floors, made it easier for privileged guests to enter the theater directly from inside the villa. The main floor of the theater is rectangular, with two orders of balconies featuring decorated canvas parapets. The theater has a stage and an understage.
Currently, the theater can host up to 95 spectators. Originally, the room held up to 200 people, but it must be kept in mind that in previous times theaters were often very crowded. The theater is in need of restoration, due in part to seepage on the walls and ceiling. Since 1993, the Quartiere Savena neighborhood has been promoting awareness raising activities including guided visits and theater performances; a conference on the problems associated with restoration efforts was also held. The restoration project is managed by Sara Franceschini of the municipality of Bologna.
Caterina Spada