Museo Civico di Modena
Largo Porta S.Agostino, 337
Modena (MO)
Burrini Giovanni Antonio
1656/ 1727
dipinto

tela/ pittura a olio
cm 63 (la) 50 (a)
sec. XVII (1680 - 1690)
n. 104
Dopo una prima attribuzione al Crespi con la quale fu esposto alla mostra fiorentina del 1922, ripetuta nei due cataloghi della Galleria Campori (1924 e 1929), per il dipinto è stato sempre correttamente accettato il riferimento al Burrini avanzato dalla Nugent (1922-1930), con l’assenso di Malaguzzi Valeri e di Fiocco, anche sulla base di un probante confronto con l’Autoritratto degli Uffizi. Riprendendo un’opinione di Calvesi (1959), Riccomini (1959) suggeriva una datazione verso il 1690, in modo da giustificare le suggestioni tizianesche in base al già avvenuto soggiorno veneziano dell’artista, che egli collocava intorno al 1686. In favore di una data ancora anteriore si esprimeva invece Roli (1977); lo stesso Riccomini, tornando di recente sul problema (1999), ha abbracciato tale partito, in considerazione innanzitutto della provenienza della tela, che rinvia alla giovanile frequentazione del pittore dell’accademia tenuta nel proprio palazzo dal conte Alessandro Fava, e poi del palese rimando, nella testa del moretto, a una invenzione più volte ripetuta da Domenico Maria Canuti, che era stato il suo primo maestro (in uno dei due affreschi sulla volta dello scalone di palazzo Pepoli e in due tele di collezione privata con “Mosè salvato dalle acque” e “Un vecchio in abito orientali”: STAGNI 1988, nn. 29, 35). Deferente nei confronti della tipologia della ‘testa di carattere’, ideata dai Carracci e riportata in auge da Canuti, il dipinto è una testimonianza fondamentale del ‘nuovo corso’ intrapreso dalla cultura bolognese durante gli anni ottanta, in direzione di una nuova scioltezza di stesura che, mentre guarda a Venezia, ripensa poi alle radici della riforma carraccesca. Per merito del Burrini comincia così a configurarsi, come ha osservato Volpe (1957), una vicenda ricca di aperture di natura sperimentale, sollecitate anche da suggestioni giordanesche e assai significative per le soluzioni di lì a poco adottate da Giuseppe Maria Crespi.