tela/ pittura a olio
sec. XIX (1845 - 1850)
Alla morte del Palagi, il presente dipinto venne riconosciuto, nello studio torinese, da Giovanni Volpato e Carlo Arienti come rappresentazione di un episodio tra "Orombello e Beatrice di Tenda nel Castello di Binasco"; soggetto al quale si presta fede per le evidenti caratteristiche dei due protagonisti descritti. Identificato, in seguito, come "Isabella Orsini e il paggio (F. Mazzocca, in "L'ombra di Core", 1989, pp. 42, 142) questo soggetto si distacca da quello ispirato alla letteratura guerrazziana che suggestionò alcuni esponenti del Romanticismo storico italiano, in seguito alla pubblicazione nel 1844; si tratta, invece, di un tema di storia medievale lombarda, nel quale viene ricordato uno degli incontri segreti tra Beatrice di Tenda, sposa in seconde nozze a Filippo Maria Visconti duca di Milano, e l'amato Michele Orombello, con il quale venne accusata di adulterio ed insieme giustiziata nel castello di Binasco. Presentato alla mostra del 1976, con il titolo "Incontro amoroso" venne acutamente collegato al quadro finito "Filippo Lippi che dichiara il suo amore alla suora che gli faceva da modella" (Torino, privata), commissionato nel 1929, da Francesco Paolo Dagna di Pavia e terminato solo nel 1841. Lo studioso sottolinea le affinità compositive tra le due opere e formula l'ipotesi di come questo quadretto possa essere stato sviluppato, dal Palagi, ai margini della lunga gestazione del "Lippi", celebrato nel 1847. E' probabile che in seguito a ciò l'artista si sia accinto a questo lavoro che nella struttura formale ricalca il gusto troubadour, in auge nella pittura francese e lombarda del secondo e terzo decennio del secolo, mentre nello stile eccessivamente naturalista, accentuato da un ductus cotonoso conseguito anche nella prova preparatoria a matita (Bologna, Biblioteca dell'Archiginnasio, Disegni Palagi, n.424), si notano le caratteristiche disegnative e pittoriche palagiane dell'ultimo periodo, forse anche suggestionate dal successo della litografia alla cui resa esecutiva si avvicina la sua produzione grafica dal 1845 in poi.
(cfr. Collina C., in Pelagio Palagi, 1996, pp. 186-187)