tela/ pittura a olio
sec. XX (1991 - 1991)
Frequentata l'Accademia di Belle Arti di Ravenna, inizia ad operare a Cesena nel contesto della pittura neorealista, a contatto con gli esponenti locali del movimento e con l'ambiente bolognese rappresentato in particolare da Aldo Borgonzoni. Trasferitosi a Milano, inizia alcuni cicli tematici dedicati alla realtà metropolitana (i Semafori e gli Alveari umani). Dalle opere della prima maturità, che mostrano un viraggio stilistico in senso espressionistico, Bocchini pone come tema saliente della sua pittura il rapporto dell'uomo con la realtà. Gli oggetti che egli trasferisce sulla tela in forma di relitti e di rottami (ritorna frequentemente il tema delle barche squarciate) assumono un esplicito ruolo iconico, ponendosi come visioni riflesse della tragicità del vivere dell'uomo contemporaneo. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta, soggiorna in vari paesi medio orientali. Espone a Mosca, New York, Montevideo ed in Jugoslavia e, successivamente, anche a Zurigo e a Parigi ed in altre capitali europee. Lasciata la città natale, dalla fine degli anni Ottanta opera prevalentemente in ambito veneto.
L'opera appartiene all'ultima fase della produzione dell'artista, quella in cui Bocchini riproduce di sovente relitti di barche. Secondo Forni "questi relitti, questi scheletri come ultimi valori di una civiltà di artigiani del mare, questo timone che era il cervello della barca e che ora è fra il fasciame di legno marcio, rappresenta il mondo attuale, in disfacimento, proprio nelle sue più intime fasi" (1975). A proposito dell'ultima produzione dell'artista Piraccini scrive: "Nella sua fase matura la pittura di Bocchini vira stilisticamente verso un più marcato espressionismo, comunicativo del rapporto comunque problematico dell'uomo contemporaneo con l'ambiente naturale. Gli scorci cittadini lividi e quasi spettrali, ma anche i singoli oggetti, come nel caso dei relitti di barche squarciate, assumono un esplicito valore di immagini iconiche di una condizione umana drammaticamente alienante" (2001).