tela/ pittura a olio
sec. XVII (1662 - 1662)
Il pittore segue in questa tela un naturalismo stringente, robusto, sintetico, tipico della maniera di Cesare prima del suo accostarsi alla cultura barocca bolognese ed al conseguente aggiornamento stilistico che questo contatto gli imporrà.
Il tocco è sensuoso e caloroso soprattutto nel delineare la Maddalena, dalle carni sensuali, in particolare in quei seni, sfiorati e appena nascosti dalla lunga chioma di capelli ricci e dorati.
Essa ha in sé una forza tridimensionale che la rende vero centro del dipinto, intorno alla quale si coordina tutto il resto; perfino la sua posa, posta in diagonale ne aumenta la profondità.
Ella si appoggia, inginocchiata, su un altare di roccia, sul quale è posto il crocefisso e il Libro aperto, oltre al cilicio e al teschio ai suoi piedi, come monito contro la vanitas.
In quest'ambientazione buia, dai colori profondi ed estremamente funzionali al messaggio di fede, del quale la Maddalena si fa portavoce, l'unica fonte di luce che illumina il tutto, è l'angelo alla sommità del dipinto, che indica la vera fonte di quel bagliore.
L'iconografia del dipinto reinterpreta un'opera del Guercino "La Visione di San Gerolamo" dipinta nel 1641 per la Confraternita di San Girolamo di Rimini.
Le due opere appaiono assimilabili nell'ambientazione, nell'impostazione della scena, nel trattamento del corpo dei protagonisti e perfino nella posa, nei colori e nell'inserimento dell'angelo nella parte alta del dipinto.