Museo Internazionale e Biblioteca della Musica
Strada Maggiore, 34
Bologna (BO)
Bressano Baptista
notizie 1590-1610
pochette

legno di noce/ intaglio parziale/ verniciatura,
legno di conifera,
legno di palissandro,
legno di ebano
mm
Lu. totale 514//la. (corrispondente all'altezza dell'animale marino) 25 (al capotasto) - 38 (all'estremità inferiore della "tastiera") - 96 (al ponticello) - 109 (altezza massima della testa); h. (corrispondente alla larghezza dell'animale marino) 20,5 (a
secc. XVI/ XVII (1590 - 1610)
n. 1758
Lo strumento intero è scolpito in forma di animale marino con testa di delfino e corpo con squame, cinque pinne in forma di foglie di acanto e una coda verticale arrotolata. (I delfini non hanno squame, hanno due "pinne" e una coda orizzontale.) Lo strumento intero è scavato da un unico pezzo di noce poi coperto, la parte col manico con un coperchio di noce, la cassa con una tavola di conifera. Il muso del delfino è di conifera, e appartiene a un "restauro" posteriore. Nella cassa ci sono nove piccole aperture rotonde sistemate a rombo, e sette altre piccole aperture dove la tavola è applicata alla cassa. Nella tavola ci sono, due a due, forellini da risonanza in forma di squama. Sul coperchio di noce dove in uno strumento ad arco si trova normalmente la tastiera, dove dunque le corde vengono raccorciate dalle dita del suonatore, è omessa la decorazione a squame.
La coda dell'animale marino serve da cavigliere, in cui si trovano quattro piroli in forma di vaso con un bottoncino in cima, di palissandro. Le quattro corde attaccate ai piroli escono attraverso quattro fori praticati nella cassa all'inizio della coda, passano sopra un capotasto di noce, quindi sopra il ponticello. Sono attaccate a una piccola cordiera di ebano, a sua volta attaccata con una corda che passa attraverso due fori nel muso dell'animale marino. Non c'è né anima né catena. Una parte della coda e il ponticello sono del restauro del 1991.
Lo strumento è verniciato color marrone piuttosto scuro.

Le cetre in senso generico sono cordofoni semplici. Le altre categorie dei cordofoni sono tutte in qualche maniera composite. Una di queste categorie è formata dai liuti in senso generico, i quali, oltre la cassa, hanno per lo meno un manico. Le corde si trovano a breve distanza dalla cassa e dal manico e corrono parallele a questi. Strumenti appartenenti a questa categoria sono ad esempio il violino, la chitarra, il mandolino napoletano.
Sul manico le corde possono essere raccorciate anche senza una tastiera speciale, ma in tal caso è difficile raccorciarle oltre il manico sulla tavola armonica della cassa. In certi casi le corde vengono raccorciate anche oltre il manico, sulla tavola armonica della cassa. In questi casi è sovrapposta al manico una tastiera che si estende sopra la tavola della cassa. Si pensi alle chitarre e ai mandolini dal secolo XIX in poi, alle cetere, e a quasi tutti gli strumenti ad archetto (le pochettes, le lire da braccio e da gamba, le viole da gamba, le viole d'amore e le viole da braccio, tra cui è noto soprattutto il violino). Un caso intermedio è da registrare ad esempio in molti liuti anche senza tastiera speciale. Tali strumenti possono avere alcuni tasti fissi (si veda sotto) oltre il manico sulla tavola armonica.
Dove devono essere raccorciate le corde sul manico o sulla tastiera per ottenere determinate note? In certi casi non c'è sul manico o sulla tastiera alcuna indicazione di dove raccorciare, ed è la pratica del suonatore che gli fa mettere le dita nelle posizioni giuste. Tali casi sono ad esempio la viola d'amore e il violino. In altri casi le posizioni in cui le corde devono essere raccorciate per la produzione di determinate note sono indicati sul manico o sulla tastiera per mezzo di tasti. Questi possono essere di minugia e in tal caso legati attorno al manico o alla tastiera. Allora si chiamano legacci, che incontriamo ad esempio nei liuti, nella maggior parte dei mandolini del vecchio tipo, nelle chitarre prima della seconda metà del secolo XVIII, nelle lire da gamba, nelle viole da gamba. I tasti possono anche essere d'un materiale poco elastico (metallo, legno, avorio), e allora essere inseriti nel manico o nella tastiera, come nelle chitarre più recenti, nelle chitarre battenti, nei mandolini napoletani, nelle cetere.
La tastiera è un elemento che s'incontra anche nelle cetre in senso generico (monocordi, cetre in senso specifico), ma in tali casi si tratta sempre dell'adozione d'un elemento di per sé tipico per i liuti in senso generico.
Sino al tardo Medioevo non è sempre possibile distinguere nettamente tra strumenti a corde pizzicate, e strumenti a corde strofinate. A partire dal secolo XVI si sviluppano tipi specifici nel quadro delle due categorie. Pertanto facciamo qui la distinzione netta tra:
1. liuti in senso generico a corde pizzicate;
2. liuti in senso generico a corde strofinate.
Nel gruppo dei liuti in senso generico si sono sviluppati vari tipi di cordofoni fatti suonare con lo strofinamento. Ci sono due mezzi per generare una vibrazione e quindi un suono per mezzo dello strofinamento. Il primo metodo consiste nel fregare le corde con una treccia di peli, generalmente crini di cavallo, a cui viene applicata una resina, usualmente la colofonia. Con poche eccezioni i crini di cavallo sono tesi in un archetto. Il secondo metodo consiste nel fregare le corde con una ruota, a cui viene applicata pure una resina, anche qui usualmente la colofonia.
Mentre il pizzico e la percussione sono metodi antichi per generare la vibrazione e quindi il suono in una corda - talmente antichi che la loro origine non è databile -, lo strofinamento per mezzo d'un archetto è un metodo assai recente e approssimativamente databile. Non ci sono prove che l'archetto esistesse prima del secolo X dell'era volgare. La genesi dell'archetto è poi localizzabile nell'Asia centrale vicino alla via della seta nell'impero dei Qarakhanidi, dove vivono molte tribù nomadi con abbondanza di cavalli, dalle cui code si prendono i crini degli archetti. Di là, l'archetto si diffuse prima verso l'Occidente - già nel secolo X ci sono documenti in maggior parte icono grafici che testimoniano l'uso dell'archetto nell'impero bizantino, da dove esso si propagò per il resto dell'Europa -, poi verso sudovest - dove le regioni di cultura islamica adottarono e applicarono l'archetto, dopo di che queste regioni tramandarono l'archetto anche all'Europa -, infine verso l'oriente, dove si usano strumenti ad archetto, oltre che nell'Iran, in India, nel Tibet, in Mongolia, Cina, Corea, Giappone, nell'Asia sudorientale e in certe isole dell'Indonesia.
L'archetto fu quindi introdotto in Europa per due strade: dall'Asia centrale attraverso l'impero bizantino, e dalle regioni di cultura islamica. Non vogliamo appesantire troppo questo testo trattando la tipologia e lo sviluppo dell'archetto. Ci limitiamo a trattare gli strumenti fatti suonare mediante questo espediente.
Lo strumento più semplice, a cui è applicato l'archetto, è la tromba marina che è, in origine, nient'altro che un monocordo, a cui viene applicato l'archetto dal secolo XII, in un'epoca quindi, in cui altri strumenti ad archetto già fiorivano.
Gli strumenti ad archetto importati dagli Arabi hanno sempre piroli laterali. Tra questi il più importante è uno strumento adoperato ancora oggi nei paesi arabi del Maghreb, il rebâb, uno strumento con una cassa ricavata insieme col manico da un unico pezzo di legno, quindi senza separazione tra cassa e manico, cassa con leggere sciancrature per fornire posto al maneggiamento dell'archetto, cassa coperta di pelle, con un manico senza legacci, con un cavigliere piegato indietro con uno o due piroli laterali, e con una o due corde di minugia attaccate all'estremità inferiore della cassa. Da questo rebâb si sviluppò il ribecchino europeo, pure con una cassa ricavata insieme col manico da un unico pezzo di legno, quindi senza separazione tra cassa e manico, con un manico senza legacci, con piroli laterali e con corde attaccate all'estremità inferiore della cassa, generalmente tramite una cordiera. Le differenze tra questo strumento e quello arabo sono: la cassa ha la forma di pera senza sciancrature, è coperta di legno di conifera, il cavigliere ha la forma di falce, e il numero delle corde ammonta a due o tre. Sappiamo che con due corde l'accordatura era Do2 - Sol2. Il ribecchino divenne obsoleto nel secolo XVI, ma sopravvisse ancora più tardi - sino al secolo XIX - in uno strumento chiamato in Francia pochette, in Italia a volte sordino. In questa sede abbiamo scelto la denominazione francese, perché in italiano la parola sordino è usato anche per il clavicordo.
Gli strumenti importati in Europa tramite l'impero bizantino hanno sempre una paletta con piroli frontali o posteriori. Tra questi il più importante è uno strumento adoperato ancora oggi nella musica popolare della ex Jugoslavia, della Bulgaria, della Grecia, dell'Anatolia e della Georgia. Il nome greco è lira, nome d'uno strumento totalmente diverso - una lira in senso generico a pizzico - che è trasferito a uno strumento con manico, suonato con l'archetto.
In Europa lo strumento è designato normalmente come viola medievale. All'inizio ha una cassa ricavata insieme al manico da un unico pezzo di legno, quindi senza separazione tra cassa e manico, cassa coperta d'una tavola di legno, con un manico senza legacci, con una paletta con piroli frontali o posteriori, e con corde di minugia attaccate generalmente tramite una cordiera all'estremità inferiore della cassa. La cassa può avere la forma di bottiglia con la paletta come tappo, oppure di pera. Quest'ultima forma è quella più frequente della viola medievale. Inizialmente il numero delle corde ammonta a due o tre; nel caso di tre corde quella di mezzo è un bordone.
Tra i secoli XII e XV la viola medievale si sviluppò gradualmente. Il manico fu separato dalla cassa e fu incollato ad essa. Probabilmente già nel secolo XIV si costruivano strumenti non più scavati, ma composti di fondo, fasce e tavola. Perché il suonatore potesse maneggiare con più facilità l'archetto, la cassa fu sciancrata. La forma della cassa era tutt'altro che standardizzata: s'incontrano strumenti senza angoli nella forma della chitarra moderna, strumenti in forma di 8, e strumenti con quattro angoli circondanti la sciancratura come nel violino moderno. Il numero delle corde aumentò a poco a poco: già nel secolo XIII s'incontrano a volte strumenti con quattro o persino cinque corde. A quell'epoca incominicia nella musica europea una certa resistenza contro il bordone. Perciò un certo numero di viole non ha più bordone, altri strumenti lo hanno ancora, ma separato dalle altre corde e attaccato a un pirolo infisso vicino al bordo della paletta, sicché il bordone corre non sopra la tastiera, ma accanto. Così il bordone diventa una corda facoltativa. Intorno al 1280 il domenicano Hieronymus de Moravia, vivente a Parigi, dà tre accordature per la viola, di cui quella più interessante è a quattro corde senza bordone: Sol1 - Do2 - So!2 - Re3: quasi l'accordatura della viola tenore del '500, '600, e dell'inizio del '700.
In Asia tutti gli strumenti ad archetto sono suonati in posizione verticale, appoggiati sul ginocchio o a terra. L'archetto è sempre tenuto con il palmo della mano in avanti. Durante il tardo Medioevo furono introdotte in Europa due innovazioni. In primo luogo l'archetto veniva tenuto talvolta col dorso della mano in avanti. (Si pensi alla posizione della mano destra d'un suonatore del violoncello attuale.) In secondo luogo strumenti ad archetto non troppo grandi venivano spesso appoggiati contro la spalla o il petto, come il violino o la viola moderni.
La viola medievale ha due discendenti diretti nel secolo XVI e nella prima metà del XVI, entrambi conservanti il vecchio nome lira: la lira da braccio con cinque corde tastabili e ancora due bordoni laterali, strumento che, come indica il nome, viene appoggiato contro la spalla o il petto, e la lira da gamba, generalmente con dodici corde tastabili e tra due e quattro bordoni. Di vecchio stampo in tali strumenti sono sopratutto la paletta con piroli frontali e l'uso di bordoni. Dato che strumenti di questo tipo non sono rappresentati in questa collezione, sia sufficiente questa menzione.
Dal secolo XII sino all'inizio del XVI s'incontrano le più diverse mescolanze tra i tipi degli strumenti ad arco. A volte si trova persino un liuto ad archetto! La combinazione più importante fu quella tra il ribecchino e la viola medievale. E nota una serie notevole di raffigurazioni di viole medievali - che hanno sul ribecchino il vantaggio di un numero maggiore di corde (quattro o cinque) - con cavigliere curvato con piroli laterali del ribecchino, piroli più facilmente accordabili di quelli frontali. Tale combinazione è l'origine degli strumenti ad arco europei dal secolo XVI in poi: le viole da gamba dall'inizio del '500, le viole d'amore dal secolo XVII, e le viole da braccio apparse verso il 1530.
C'è infine un'osservazione assai interessante da fare. Ogni cultura - anche ogni cultura musicale - fa una scelta tra le possibilità illimitate offertele. Un esempio di tale scelta quasi esclusiva nella musica extraeuropea è quello di varie isole indonesiane che hanno orchestre (gamelan) composte maggiormente di idiofoni. Strumenti ad arco li troviamo nelle culture dell'Asia e del Maghreb africano, ma solo in quantità ridotta. Sembra invece che la musica europea del secolo XVI facesse una scelta esclusiva quasi come quella indonesiana: nella nostra musica gli strumenti ad arco rivestono un ruolo estremamente importante. Ancora nel nostro secolo tali strumenti formano il nucleo delle orchestre sinfonica e d'opera; e la forma più importante di musica da camera è sempre il quartetto d'archi. Tale preferenza per gli strumenti ad arco non è determinata dalla natura, dall'evoluzione biologica o sociologica, perché, se questo fosse il caso, troveremmo la stessa preferenza in altre culture evolute. La preferenza europea per gli strumenti ad arco è basata su una scelta più o meno cosciente, ma difficilmente spiegabile.
Come ramo collaterale del ribecchino si sviluppò nel secolo XVI uno strumento generalmente designato col suo nome francese pochette. La pochette era adoperata soprattutto dai maestri di ballo che con lo strumento suonavano melodie, su cui facevano ballare gli allievi. Tali strumenti erano trasportati, generalmente in astucci, in una tasca (poche) dell'abito del maestro di ballo, il che spiega il nome pochette, usato anche in Italia. Qui lo strumento che aveva un suono molto leggero era chiamato anche sordino o sordina. Stradivari usava l'espressione calino.
Le pochettes più antiche - dalla fine del secolo XVI alla prima metà del secolo XVIII - hanno una cassa, un manico, un cavigliere con terminazione ricavati da un unico pezzo di legno duro; poi, sulla cassa scavata è sovrapposta una tavola di conifera. La cassa ha una forma allungata, simile a una spola o a una barca (pochette en bateau, nella letteratura latina dell'epoca linterculus). A volte il retro della cassa è lavorato simulando un numero dispari di doghe. Una pochette eccezionale di questo tipo è quella esaminata in questa scheda, lavorata come pesce o delfino. Questo strumento di fattura molto elegante era forse un pezzo di attrezzeria teatrale.
Verso la fine del secolo XVII nacque un secondo tipo con una cassa in forma di violino o viola da gamba (pochette en violon). Certi strumenti di questo tipo hanno la stessa costruzione della pochette en bateau, cioè con la cassa, il manico e il cavigliere con la terminazione ricavati da un unico pezzo di legno duro, con la cassa scavata e la tavola sovrapposta. Ci sono, però, delle pochettes en violon con un manico separato e una cassa composta di fondo, fasce e tavola. Anche nel caso in cui la cassa ha la forma di viola da gamba, il fondo è sempre bombato.
La tavola ha due fori di risonanza che possono essere di forme diverse, e ha a volte una rosetta vicino alla tastiera. Il cavigliere è curvato, può terminare con un rettangolo, uno scudo, una testa o un riccio, e ha piroli laterali. Normalmente la tastiera, il ponticello e la cordiera sono come quelli del violino, naturalmente più piccoli. Le corde sono attacate (la cordiera è attaccata) all'estremità inferiore della cassa, spesso a un "bottone" non separato, ma scavato dallo stesso ceppo di legno della cassa. Ci sono pochettes con e senza catena e anima.
Sono conservate pochettes, benché poche, che hanno, come il ribecchino, tre corde. Generalmente, però, il numero delle corde ammonta a quattro, come nel violino. L'accordatura è in quinte. Il più delle volte è indicata l'accordatura Do - Sol3 - Re4 - La4, ma il Praetorius (1619) scrive che la pochette suona un'ottava sopra il violino, quindi Sol3 - Re4 - La4 - Mi5. Indubbiamente queste accordature non devono essere interpretate nel loro valore assoluto.
Nel secolo XVIII si aggiungevano a volte alla pochette quattro corde di risonanza (pochette d'amour). Il sordino divenne raro nella seconda metà del secolo XVIII e obsoleto all'inizio del XIX.
Non si hanno notizie di un costruttore di nome Baptista Bressano. E possibile che, come indica il cognome, si tratti d'un lavoro bresciano. La fattura manieristica dello strumento rende probabile una datazione della pochette alla fine del secolo XVI o all'inizio del XVII.
Secondo lo Jalovec, Baptista Bressano fu attivo dal 1590 al 1600 (cfr. op. cit. campo BIB).