Musei Palazzo dei Pio
Piazza dei Martiri, 68
Carpi (MO)
Loschi Bernardino
1460 ca./ 1540
dipinto

intonaco/ pittura a fresco
cm. 225.50 (a) 160 (la)
sec. XV (1495 - 1495)
n. A/748
Affresco strappato e riportato su tela applicata a supporto rigido di poliestere espanso, con spessore a nido d'ape.
Al centro della raffigurazione è San Nicola da Tolentino, in piedi, coperto da un saio marrone, a capo scoperto e con aureola; tiene sulla sinistra un libro chiuso dalla copertina rossa e fregi dorati. Appoggia i piedi su di un globo ed è affiancato, sulla sinistra, da un angioletto con veste gialla e ali rosate. Sopra al santo, nella zona celeste, tre figure a mezzo busto circondate da cherubini: sono Maria, a sinistra, con veste rossa e mantello blu, Dio Padre, al centro, con manto rosso e aureola triangolare, e infine a destra, Sant'Agostino, barbuto e con abbigliamento vescovile. Il fondo del cielo è azzurro ed in basso è appena visibile un accenno di paesaggio.

Secondo quanto è riportato dalla critica che si è occupata dell'opera (A. Garuti, 1990, p. 32-33: M. Leporati, Bernardino Loschi e Giovanni del Sega a Carpi: la pittura rinascimentale alla corte di Alberto III Pio, tesi di laurea, Univ. di Bologna, anno acc. 1990-91, relatore prof. Vera Fortunati, vol. II, p.226), i documenti confermano le travagliate vicende dell'affresco: collocato in origine sull'altare maggiore della chiesa di S. Nicola, costruita nel 1495, viene poi ricoperto da un dipinto su tela e ritrovato solo nel 1594, momento in cui avviene il primo stacco con il muro retrostante, per essere sistemato in un altare laterale. Con la demolizione della chiesa nel 1771, l'affresco è trasportato nella vicina chiesa di Santa Maria dei Bastardini, dove rimane fino al 1901, prima di essere depositato nei locali del Museo Civico. E' in questa circostanza che l'affresco viene strappato dal supporto murario e portato su canniccio di gesso e struttura metallica, con conseguenze rivelatisi presto dannose. Nel 1976 si è provveduto all'esecuzione di un nuovo restauro, strappando l'affresco dal vecchio precario supporto e riportandolo sull'attuale sostegno di tela e poliestere.
L'opera è citata dalla letteratura locale come opera di Bernardino Loschi, ma nei documenti rintracciati non c'è nulla di riferibile all'affresco o ad altro rapporto con la confraternita di S. Nicola (M. Leporati, 1990-91, tomo II, p. 227).
Lo stesso dicasi per la data d'esecuzione, nonostante l'anno di edificazione della chiesa (1495) possa costituire un sicuro punto di riferimento.
Alfonso Garuti ritiene che la composizione della scena derivi dalla tavola che Raffaello ed Evangelista da Pian di Meleto realizzarono per la chiesa di S. Agostino di Città di Castello (A. Garuti, 1978, p.6). Non propende per riconoscere nell'opera un carattere umbro Morena Leporati, che tende ad escludere un'influenza diretta della pala di Città di Castello sull'affresco, per il quale, al momento non è possibile decidere quale componente ne abbia maggiormente determinato il risultato (M. Leporati, 1990-91, tomo II, p.229).