intonaco/ pittura a fresco
sec. XVI (1506)
La scena si svolge all'interno di un edificio in rovina, con i muri dai toni rossicci aperti in un arco da cui si intravede il bue e l'asinello. Al centro della rappresentazione sta Maria inginocchiata in atto di adorare Gesù, adagiato sul lembo del suo mantello. Indossa una veste rosata in broccato, un manto azzurro disseminato di stelle dorate e un velo bianco sul capo. Tre angeli in veste bianca, gialla e rossa e ali iridescenti adorano il bambino; sulla destra della scena sta San Giovanni Evangelista con barba e capelli bianchi, in abito verde e mantello rosso, riconoscibile per il libro dei Vangeli che tiene in mano. A sinistra San Giuseppe, con veste in broccato e mantello rosso, prega rivolto verso il Bambino. Oltre le architetture in rovina che inquadrano la scena, è accennato un paesaggio di colline verdeggianti. Sulla sinistra un cartiglio bianco recita a caratteri capitali "RODULFO/ PRIORI".
L'opera entra nelle collezioni del Museo nel 1914, prelevata dalla Chiesa della Sagra con l'intero massello murario: scrittori ottocenteschi la ricordano sull'altare maggiore ma la critica che si è occupata dell'opera (A. Garuti, 1982, p.14 e M. Leporati, Tesi di laurea, anno acc. 1990-91, tomo II, p. 210) la ritiene proveniente da altro luogo.
Dal secolo scorso l'opera viene attribuita al periodo giovanile di Bernardino Loschi (H. Semper, 1882, p. 200); pur mancando documenti che attestino la commissione, come evidenzia Morena Leporati (M. Leporati, Bernardino Loschi e Giovanni del Sega a Carpi: la pittura rinascimentale alla corte di Alberto III Pio, Tesi di laurea, anno acc. 1990-91, relatore prof. Vera Fortunati, tomo II, p. 211), la critica contemporanea è concorde nell'attribuzione. I possibili raffronti con altre opere oggi sicuramente ascrivibili al Loschi, consente di assegnare l'affresco all'artista di corte con una certa sicurezza. Inoltre, la scritta nel cartiglio bianco alla sinistra della Natività, riconduce la commissione a Rodolfo Priori, morto nel 1506, anno entro cui si potrebbe collocare la realizzazione dell'opera (A. Garuti, 1990, p. 32). L'affresco è dalla critica posto in relazione con la tavola dallo stesso soggetto, sempre conservata in Museo (rif. A/140) ma proveniente dalla chiesa di S. Nicolò, dove era stata commissionata forse dallo stesso Rodolfo Priori per la cappella di famiglia.
Secondo Garuti, l'arcaicità dell'insieme si esprime nell'uso già tardogotico di introdurre ampie superfici a pastiglia dorata, a simulare la trama di preziosi tessuti; evidenti sarebbero anche i riferimenti ai modi del padre Jacopo negli affreschi quattrocenteschi della chiesa della Sanguigna di Colorno (A. Garuti, 1990, p.32).