Cimitero di Cento






Cento (FE)
L’impianto cimiteriale, di forma quadrata, con perimetro delimitato da un muro di cinta alto circa tre metri, venne eretto tra il 1841 e il 1844: al centro la cappella funebre si caratterizza per un sobrio stile neoclassico, con pronao a quattro colonne e due portici laterali simmetrici che si distendono verso i lati del campo, mentre l’accesso principale, solenne e lineare, introduce al campo interno.
Di fondamentale importanza per la realizzazione del cimitero furono i contributi provenienti dalle famiglie benestanti centesi, che acquistando le campate destinate alla sepoltura dei propri congiunti finanziarono parte del cantiere. Per i cittadini meno abbienti, invece, ai lati dell’ingresso vennero edificati archi collettivi destinati a ospitare più loculi. Il 10 novembre 1841 il camposanto accolse fra i suoi spazi il primo defunto: il carabiniere della Pontificia Brigata di stanza a Cento, Giuseppe Savini di Faenza.
Nel corso dei decenni successivi, a cavallo tra Otto e Novecento, il sepolcreto divenne oggetto di diversi ampliamenti e migliorie che risposero al crescente aumento della popolazione cittadina. Inoltre, tra il 1924 e il 1932, al nucleo originario vennero annessi tre nuovi bracci direttamente collegati alla cappella centrale e, nel contempo, furono introdotti i tumuli a colombario: una soluzione più igienica e funzionale, in grado di ottimizzare gli spazi a disposizione.
Tuttavia, nonostante i numerosi lavori, già dal 1930 le strutture iniziarono a deteriorarsi a causa dell’umidità e delle infiltrazioni d’acqua. Per risolvere il problema l’ingegnere comunale Giuseppe Samaritani elaborò un progetto di risanamento generale: la copertura venne migliorata da una maggiore inclinazione del tetto, che favorì il deflusso delle acque; furono quindi restaurate le tombe gentilizie e venne potenziata l’illuminazione dei portici e della cappella.
Il cimitero di Cento custodisce le memorie di figure di spicco della città: tra le sepolture illustri si annoverano quelle del pittore Aroldo Bonzagni, della scrittrice Maria Majocchi Plattis, del tenore Giuseppe Borgatti, del latinista Giuseppe Cevolani e dello scultore Stefano Galletti, le cui opere impreziosiscono numerosi monumenti del territorio.