Montefiore Conca

Rocca Malatestiana
Montefiore Conca

Rocca di Montefiore Conca, Archivio fotografico dell'Assessorato al Turismo della Provincia di Rimini
via Roma, 3
Montefiore Conca (RN)
tel 0541 980179
Nell’estremo lembo meridionale del Riminese confinante con le Marche, sulle colline alle spalle di Cattolica, Montegridolfo domina da quasi 400 metri di altitudine la valle del fiume Conca, che scorre dall’entroterra marchigiano all’Adriatico.

Dalla Chiesa di Rimini ai Malatesta
Posto lungo la strada che da Cattolica e Morciano conduce a Tavoleto, in un’area di antico insediamento data poi al papa dai re carolingi, il castrum Montis Floris è citato per la prima volta nel 1170, in occasione della sua concessione in enfiteusi alla chiesa di Rimini, indipendente da quella ravennate e sottoposta direttamente alla sede romana.
Nel 1233 Montefiore, con Verucchio e altri castelli vicini, giurò fedeltà al comune riminese, che stava consolidando i propri legami con il territorio fino alle propaggini montefeltrine come strumento della sua affermazione contro le pretese dei poteri ecclesiastici e signorili e le ambizioni di controllo sull’area delle città vicine, in particolare Urbino.
Risale a questo secolo l’ascesa dei Malatesta, casato ghibellino radicato nel Montefeltro e nel contado riminese, che fece dei castelli circostanti la val Marecchia – a controllo di un’importante via di accesso a Roma alternativa alla Flaminia - il caposaldo della sua scalata al potere a Rimini.

La Montefiore dei Malatesta
Divenuti dal 1295 signori di fatto di Rimini, nel 1322 i Malatesta acquisirono dal comune e dal papa tutti i diritti su Montefiore, rimasto da allora bene allodiale della famiglia.
Nel corso della guerra per il potere con gli altri membri del casato, Malatesta Guastafamiglia attaccò e occupò tra le altre anche la rocca montefiorese - la cui presenza è attestata dagli scavi archeologici dalla fine del secolo precedente - promuovendone poi, fra il 1337 e il 1347, la ricostruzione e il rafforzamento.
L'aggressivo espansionismo del Guastafamiglia e del fratello in Romagna e nelle Marche li portò a un profondo scontro con il papa - i cui diritti sulla Romagna erano stati riconosciuti dall'imperatore nel 1278 - conclusosi con l'intervento militare del cardinale Albornoz. La loro sottomissione formale nel 1355 diede ai Malatesta il vicariato apostolico di Rimini, Pesaro, Fano e Fossombrone e dei loro contadi – a cui sarebbero seguiti quelli di Cesena e di Santarcangelo - intensificando il conflitto da sempre latente con i Montefeltro per il controllo della val Marecchia e delle aree contermini.

La rocca-palazzo e il conflitto con i Montefeltro
Nella seconda metà del Trecento i figli del Guastafamiglia, Pandolfo e Ungaro, realizzarono a Montefiore importanti interventi di ampliamento e decorazione – con l’intervento in particolare del pittore bolognese Jacopo Avanzi - che valorizzarono le funzioni residenziali della rocca, senza snaturarne il ruolo militare.
Nuove opere di ristrutturazione e abbellimento dell'edificio vennero promosse nei primi decenni del XV secolo da Sigismondo Pandolfo Malatesta - rimasto unico signore del Riminese dopo la suddivisione dei possedimenti familiari con il fratello – che fece dei suoi castelli appenninici un potente sistema di controllo territoriale nella sua guerra permanente contro Federico da Montefeltro.
Nel 1458 Montefiore venne conquistata una prima volta da Federico, che nel 1462 - alleato al papa timoroso dei legami stretti da Rimini con Venezia - inflisse a Sigismondo una sconfitta decisiva, costringendo i Malatesta a restituire alla Chiesa prima gran parte dei domini riminesi, compreso Montefiore, poi quelli cesenati.

Il ritorno alla Chiesa
Nel 1464 il papa concesse Montefiore - insieme a Montebello, altri castelli del Montefeltro e Gatteo - al condottiero Gianfrancesco Guidi di Bagno, quale compenso del contributo da lui fornito alla lotta contro i Malatesta.
Tornato nel 1471 alla Camera apostolica, a inizio Cinquecento Montefiore fu prima inglobato nell’effimero Ducato di Romagna creato dal papa per il figlio Cesare Borgia, poi sottoposto con altre zone dell’area a una breve occupazione veneziana, favorita per denaro dall’indebitato Pandolfo IV, l’ultimo signore del casato malatestiano inteso a riconquistare gli antichi possedimenti.
Divenuto parte con le terre romagnole e marchigiane dello Stato della Santa Sede, nel 1514 Montefiore venne concesso in feudo al principe macedone Costantino Comneno, che perdutala a favore di Lorenzo di Piero de’ Medici la riebbe nel 1524.

Il lungo declino della rocca
A partire da metà Cinquecento, con la maggiore stabilità politica dell’area e il deciso ridimensionamento delle funzioni militari delle sue strutture difensive, anche Montefiore conobbe, come molti altri castelli romagnoli, l’abbandono e un rapido declino.
Segnalati già nel Seicento, i ripetuti crolli ne fecero una cava di materiali edili; due secoli dopo pavimenti e coperti erano in totale rovina.

Dall'Ottocento agli anni Duemila: dalla riscoperta al restauro della rocca
La rocca in abbandono venne ‘riscoperta’ nel 1877 dall’ingegnere capo del Corpo Reale del Genio Civile di Pesaro-Urbino che sostenne attivamente presso la Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione la necessità di interventi volti a salvaguardare l’importanza storica del monumento.
Un primo intervento venne realizzato a fino secolo con l'impianto di una copertura piana, poi sostituita da una a falde; nuovi danni vennero provocati dal terremoto del 1918, che indebolì gravemente la struttura.
Solo negli anni Cinquanta del Novecento furono realizzati interventi di ricostruzione dei corpi di fabbrica e di rifacimento, che restituirono alla rocca la sua imponente presenza, modificando però pesantemente la distribuzione delle strutture interne.
Divenuta proprietà comunale nel 2002, la rocca venne sottoposta a partire dal 2006 a una campagna di consolidamento, restauro e studio promossa dalla competente Soprintendenza ravennate in collaborazione con la Soprintendenza per i beni archeologici dell’Emilia Romagna e con il Comune, che ne ha permesso la completa fruizione e l’apertura al pubblico.


VISITA
Il borgo è addossato alla imponente struttura del castello, raccolto in un semicerchio chiuso da mura con le antiche torri, che domina un’ampia parte della valle.
Dalla prima cinta di mura con porta a sesto acuto, sormontato da una torre quadrata, si passa attraverso un secondo accesso a un cortile con una cisterna marmorea decorata. Il possente mastio poligonale è racchiuso da un perimetro fortificato.
La rocca è strutturata su tre piani caratterizzati da un’accesa verticalità, resi accessibili da una rampa che consente di raggiungere i piani nobili. Nell’area residenziale, la sala dell’Imperatore è decorata dal ciclo di affreschi trecentesco, promosso da Malatesta Ungaro e attribuito al pittore bolognese Jacopo Avanzi, autore anche dei frammenti delle sale vicine. Le sale musealizzate espongono parte dei materiali - monete delle zecche di Bologna, Lucca e Torino, Firenze, ceramiche prodotte a Ravenna, Forlì, Cesena, Rimini e Pesaro, vetri, attrezzi, armi - ritrovati nelle discariche durante gli scavi nella Rocca.
Gli scavi hanno fatto emergere anche le antiche strutture nelle aree di servizio e nelle cucine, dove è visibile la cisterna trecentesca, le lunghe scale che percorrono l’intero edificio e la copertura originaria del castello.
Il restauro dell’antico tetto, trasformato in terrazza, è stato realizzato grazie a uno scavo archeologico effettuato sulla massima sommità della rocca.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Conca,
via Marecchiese Aretina
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Malatesta,
Montefeltro,
Guidi di Bagno
Bibliografia
via Roma, 3
Montefiore Conca (RN)
tel 0541 980179
Nell’estremo lembo meridionale del Riminese confinante con le Marche, sulle colline alle spalle di Cattolica, Montegridolfo domina da quasi 400 metri di altitudine la valle del fiume Conca, che scorre dall’entroterra marchigiano all’Adriatico.

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Dalla Chiesa di Rimini ai Malatesta
Posto lungo la strada che da Cattolica e Morciano conduce a Tavoleto, in un’area di antico insediamento data poi al papa dai re carolingi, il castrum Montis Floris è citato per la prima volta nel 1170, in occasione della sua concessione in enfiteusi alla chiesa di Rimini, indipendente da quella ravennate e sottoposta direttamente alla sede romana.
Nel 1233 Montefiore, con Verucchio e altri castelli vicini, giurò fedeltà al comune riminese, che stava consolidando i propri legami con il territorio fino alle propaggini montefeltrine come strumento della sua affermazione contro le pretese dei poteri ecclesiastici e signorili e le ambizioni di controllo sull’area delle città vicine, in particolare Urbino.
Risale a questo secolo l’ascesa dei Malatesta, casato ghibellino radicato nel Montefeltro e nel contado riminese, che fece dei castelli circostanti la val Marecchia – a controllo di un’importante via di accesso a Roma alternativa alla Flaminia - il caposaldo della sua scalata al potere a Rimini.

La Montefiore dei Malatesta
Divenuti dal 1295 signori di fatto di Rimini, nel 1322 i Malatesta acquisirono dal comune e dal papa tutti i diritti su Montefiore, rimasto da allora bene allodiale della famiglia.
Nel corso della guerra per il potere con gli altri membri del casato, Malatesta Guastafamiglia attaccò e occupò tra le altre anche la rocca montefiorese - la cui presenza è attestata dagli scavi archeologici dalla fine del secolo precedente - promuovendone poi, fra il 1337 e il 1347, la ricostruzione e il rafforzamento.
L'aggressivo espansionismo del Guastafamiglia e del fratello in Romagna e nelle Marche li portò a un profondo scontro con il papa - i cui diritti sulla Romagna erano stati riconosciuti dall'imperatore nel 1278 - conclusosi con l'intervento militare del cardinale Albornoz. La loro sottomissione formale nel 1355 diede ai Malatesta il vicariato apostolico di Rimini, Pesaro, Fano e Fossombrone e dei loro contadi – a cui sarebbero seguiti quelli di Cesena e di Santarcangelo - intensificando il conflitto da sempre latente con i Montefeltro per il controllo della val Marecchia e delle aree contermini.

La rocca-palazzo e il conflitto con i Montefeltro
Nella seconda metà del Trecento i figli del Guastafamiglia, Pandolfo e Ungaro, realizzarono a Montefiore importanti interventi di ampliamento e decorazione – con l’intervento in particolare del pittore bolognese Jacopo Avanzi - che valorizzarono le funzioni residenziali della rocca, senza snaturarne il ruolo militare.
Nuove opere di ristrutturazione e abbellimento dell'edificio vennero promosse nei primi decenni del XV secolo da Sigismondo Pandolfo Malatesta - rimasto unico signore del Riminese dopo la suddivisione dei possedimenti familiari con il fratello – che fece dei suoi castelli appenninici un potente sistema di controllo territoriale nella sua guerra permanente contro Federico da Montefeltro.
Nel 1458 Montefiore venne conquistata una prima volta da Federico, che nel 1462 - alleato al papa timoroso dei legami stretti da Rimini con Venezia - inflisse a Sigismondo una sconfitta decisiva, costringendo i Malatesta a restituire alla Chiesa prima gran parte dei domini riminesi, compreso Montefiore, poi quelli cesenati.

Il ritorno alla Chiesa
Nel 1464 il papa concesse Montefiore - insieme a Montebello, altri castelli del Montefeltro e Gatteo - al condottiero Gianfrancesco Guidi di Bagno, quale compenso del contributo da lui fornito alla lotta contro i Malatesta.
Tornato nel 1471 alla Camera apostolica, a inizio Cinquecento Montefiore fu prima inglobato nell’effimero Ducato di Romagna creato dal papa per il figlio Cesare Borgia, poi sottoposto con altre zone dell’area a una breve occupazione veneziana, favorita per denaro dall’indebitato Pandolfo IV, l’ultimo signore del casato malatestiano inteso a riconquistare gli antichi possedimenti.
Divenuto parte con le terre romagnole e marchigiane dello Stato della Santa Sede, nel 1514 Montefiore venne concesso in feudo al principe macedone Costantino Comneno, che perdutala a favore di Lorenzo di Piero de’ Medici la riebbe nel 1524.

Il lungo declino della rocca
A partire da metà Cinquecento, con la maggiore stabilità politica dell’area e il deciso ridimensionamento delle funzioni militari delle sue strutture difensive, anche Montefiore conobbe, come molti altri castelli romagnoli, l’abbandono e un rapido declino.
Segnalati già nel Seicento, i ripetuti crolli ne fecero una cava di materiali edili; due secoli dopo pavimenti e coperti erano in totale rovina.

Dall'Ottocento agli anni Duemila: dalla riscoperta al restauro della rocca
La rocca in abbandono venne ‘riscoperta’ nel 1877 dall’ingegnere capo del Corpo Reale del Genio Civile di Pesaro-Urbino che sostenne attivamente presso la Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione la necessità di interventi volti a salvaguardare l’importanza storica del monumento.
Un primo intervento venne realizzato a fino secolo con l'impianto di una copertura piana, poi sostituita da una a falde; nuovi danni vennero provocati dal terremoto del 1918, che indebolì gravemente la struttura.
Solo negli anni Cinquanta del Novecento furono realizzati interventi di ricostruzione dei corpi di fabbrica e di rifacimento, che restituirono alla rocca la sua imponente presenza, modificando però pesantemente la distribuzione delle strutture interne.
Divenuta proprietà comunale nel 2002, la rocca venne sottoposta a partire dal 2006 a una campagna di consolidamento, restauro e studio promossa dalla competente Soprintendenza ravennate in collaborazione con la Soprintendenza per i beni archeologici dell’Emilia Romagna e con il Comune, che ne ha permesso la completa fruizione e l’apertura al pubblico.


VISITA
Il borgo è addossato alla imponente struttura del castello, raccolto in un semicerchio chiuso da mura con le antiche torri, che domina un’ampia parte della valle.
Dalla prima cinta di mura con porta a sesto acuto, sormontato da una torre quadrata, si passa attraverso un secondo accesso a un cortile con una cisterna marmorea decorata. Il possente mastio poligonale è racchiuso da un perimetro fortificato.
La rocca è strutturata su tre piani caratterizzati da un’accesa verticalità, resi accessibili da una rampa che consente di raggiungere i piani nobili. Nell’area residenziale, la sala dell’Imperatore è decorata dal ciclo di affreschi trecentesco, promosso da Malatesta Ungaro e attribuito al pittore bolognese Jacopo Avanzi, autore anche dei frammenti delle sale vicine. Le sale musealizzate espongono parte dei materiali - monete delle zecche di Bologna, Lucca e Torino, Firenze, ceramiche prodotte a Ravenna, Forlì, Cesena, Rimini e Pesaro, vetri, attrezzi, armi - ritrovati nelle discariche durante gli scavi nella Rocca.
Gli scavi hanno fatto emergere anche le antiche strutture nelle aree di servizio e nelle cucine, dove è visibile la cisterna trecentesca, le lunghe scale che percorrono l’intero edificio e la copertura originaria del castello.
Il restauro dell’antico tetto, trasformato in terrazza, è stato realizzato grazie a uno scavo archeologico effettuato sulla massima sommità della rocca.


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