Teatro Luigi Rasi
capienza totale della sala 499 posti
C. Ventrucci, Dietro il sipario un cuore antico, in: "Qui teatro", 9 maggio 1992, p. 18;
Millenovecentonovantadue, a cura di E. Montanari e C. Ventrucci, Ravenna 1992;
B. Bartoli, Ravenna ed il teatro Alighieri e Rasi, in: "INARCOS", 8 (1993), p. 467-470;
Le stagioni del teatro. Le sedi storiche dello spettacolo in Emilia-Romagna. a cura di L. Bortolotti, Bologna 1995, p. 223-224;
E. Vasumi Roveri, I teatri di Romagna. Un sistema complesso, Bologna 2005, p. 116, 164, 172.
Ravenna (RA)
Dopo la soppressione chiesa e convento, nel 1823, vengono ceduti all'Ospedale di Santa Maria delle Croci che ne assume l'onere del mantenimento. Successivamente 1 'amministrazione dell'ospedale concede l'intero complesso in enfiteusi al barone Pergami della Franchina, il quale provvede a trasformare la chiesa in «cavallerizza», destinazione che permane fino al 1885, quindi dal 1847 al 1856 vi si svolgono spettacoli equestri (Ravaldini 1978, p. 198). Comunque già dal 1874 con scrittura privata tra l'allora sindaco di Ravenna Silvio Guerrini e il barone Carlo Emilio Pergami-Belluzzi l'intero fabbricato viene ceduto al comune.
Nel frattempo la locale Accademia Filodrammatica, rimasta priva della propria sede (il teatro Bertoldi), chiede la concessione della chiesa di Santa Chiara al fine di poterla adattare a teatro, impegnandosi a sostenere le spese per far eseguire le necessarie opere di adattamento ed inoltre a non modificarne l'abside.
Il nuovo teatro, dapprima denominato Filodrammatico, viene inaugurato l'8 maggio 1892 con la rappresentazione della commedia Il deputato di Bombignac di A. Bisson e con un monologo scritto per l'occasione da Luigi Rasi, a quel tempo direttore della Scuola di recitazione di Firenze.
La sala di non grandi dimensioni poteva ospitare 220 spettatori in platea su sedili di legno mentre altri 90 potevano trovare posto sulla balconata, che consisteva in uno stretto corpo centrale con due prolungamenti laterali, il tutto retto da sei colonne e mensole in ferro. Il sipario, di cui non si conosce il soggetto, fu dipinto dal pittore mosaicista Alessandro Azzaroni.
L'Accademia Filodrammatica svolse la sua attività in questo teatro dal 1892 al 1919, quindi si fuse con la Società Orfeonica ravennate operante dal 1900, nacque così la Società Artistica Drammatico-Musicale di Ravenna con la finalità di raccogliere in sodalizio i cultori della musica e dell'arte drammatica e diffondere una maggiore conoscenza culturale in questo senso. Per l'occasione il teatro fu intitolato a Luigi Rasi (1919). Sotto la presidenza di Guido Franchi la sala teatrale conobbe un periodo di attività molto intensa e diversificata, dagli spettacoli di prosa, alle conferenze, ai concerti di musica da camera. L'attività della società continuò a ritmo sostenuto fino al 1938 quindi il teatro venne chiuso, due anni dopo verrà dato in uso al Dopolavoro Provinciale di Ravenna per venti anni. Nel 1943 furono effettuati impegnativi lavori di ristrutturazione che portarono la capienza della sala a 400 posti.
A partire dal dopoguerra un'attività assai intensa è svolta da numerose filodrammatiche locali, inoltre viene avviata una scuola di danza. Contemporaneamente il teatro continua ad essere oggetto di interventi di restauro manutentivo e miglioramento fino al 1959 quando la Commissione provinciale di vigilanza ne impone la chiusura per motivi di sicurezza, cosicché nel 1962 si rende necessario procedere all 'ammodernamento di tutto l'impianto.
Gli interventi di restauro e adeguamento più recenti hanno modificato. l'aspetto della sala rendendola più simile ad un cinematografo che ad un teatro storico, ma gli evidenti difetti dovuti alle piccole dimensioni del palcoscenico, all'acustica non perfetta, all'arredo rigido, non ne hanno soffocato la sua anima antica come afferma Cristina Vetrucci. In particolare l'abside unico angolo di storia tangibile, perla di questo luogo, affascinato molti registi che, approdati sul palco del Rasi, hanno deciso talvolta di modificare in via eccezionale la loro scena, arricchendola di un fondale raro e irriproducibile , di memoria.» (Millenovecentonovantadue 1992, p. 7).
Gestito negli ultimi tempi da Ravenna Teatro questo luogo ha imboccato la via dell'innovazione artistica e culturale presentando ogni anno un calendario denso di iniziative prosa, teatro contemporaneo, ragazzi, dialettale, laboratorio teatrale con le scuole, un'iniziativa particolarmente interessante intitolata «La via dei canti» dedicata alle culture delle minoranze etniche. Non resta che augurarsi venga presto modificato strutturalmente e reso più confortevole e funzionale agli scopi cui è stato destinato.
(Lidia Bortolotti)
After their suppression, in 1823 the church and convent were sold to the Santa Maria delle Croci hospital, which took on the management costs. Subsequently, the hospital’s administration granted the right of emphyteusis over the entire complex to Baron Pergami della Franchina who turned the church into an equestrian academy until 1885, hosting equestrian shows between 1847 and 1856 (Ravaldini 1978, p. 198). As early as 1874, through a private agreement between the mayor of Ravenna Silvio Guerrini and Baron Carlo Emilio Pergami-Belluzzi the entire building was ceded to the municipal administration.
In the meantime, the local theatre academy, which had just lost its headquarters at Teatro Bertolli, had asked to lease the Church of Santa Chiara in order to use it as a theatre, and volunteered to take on the necessary expenses for restoration, and promised not to make any changes to the apse.
The new theatre, which was initially named Teatro Filodrammatico, was inaugurated on 8 May 1892 with A. Bisson’s comedy Le Député de Bombignac and a monologue written for the occasion by Luigi Rasi, which at the time was the director of the Florence actors’ school.
The small hall could host 220 spectators on the main floor’s wooden seats, while an additional 90 could stand on the balcony, which had a narrow central section flanked by two lateral extensions, supported by six iron columns and corbels. The stage curtain was painted by the mosaic painter Alessandro Azzaroni, but the subject of the painting is unknown.
The academy was active in this theatre between 1892 and 1919, when it merged with Ravenna’s Società Orfeonica, which had been active since 1900, to form the Società Artistica Drammatico-Musicale di Ravenna with the aim of forming an alliance between music and theatre lovers, and raise cultural awareness in these two fields. On this occasion, the theatre was named after Luigi Rasi (1919). Under Guido Franchi’s presidency, the theatre had an intense, diverse bill of events, ranging from prose performances to conferences and chamber music concerts. The society’s activities continued apace until 1938 when the theatre was closed; two years later, it was granted to the Ravenna provincial branch of the OND National Recreation Club for twenty years. In 1943, some extensive restoration efforts brought the theatre’s capacity up to 400.
During the post-WWII period, there were several very active local theatre academies, along with a dance school. In the meantime, the theatre continued to be restored and improved until 1959, when the provincial vigilance commission ordered it closed for safety reasons; as a consequence, the electrical and other systems were modernized in 1962.
More recent restoration efforts have changed the hall’s appearance, making more similar to a movie house rather than a historic theatre; nevertheless, its shortcomings arising from the small stage, imperfect acoustics, and clumsy furnishings have not quashed its ancient soul, as Cristina Vetrucci states. In particular, the apse, the only tangible sign of history and the crowning glory of the building, has inspired many directors who, upon setting foot on Teatro Rasi’s stage, have sometimes taken the exceptional decision to modify their performance, enriching it with a rare, irreplaceable backdrop: memory. (Millenovecentonovantadue, 1992, p. 7).
Recently, under the management of Ravenna Teatro, the theatre has embraced artistic and cultural innovation, with a rich bill of events including prose, contemporary theatre, theatre for kids, performances in the local dialect, theatre labs for schools, and a particularly interesting initiative called “La via dei canti” dedicated to the culture of ethnic minorities. Hopefully, the theatre will soon be modified structurally in order to make it more comfortable and better suited to its purpose.
(Lidia Bortolotti)