Teatrino di Villa Altieri
E. Povoledo, voce: Teatro di verde o di verdura, in Enciclopedia dello Spettacolo, Roma 1975, IX, p. 1567-1572,
A. Pietrogrande, I teatri di verdura nei giardini italiani, in Corso di aggiornamento didattico: il giardino storico, Padova 1992;
Le stagioni del teatro. Le sedi storiche dello spettacolo in Emilia-Romagna, a cura di L. Bortolotti, Bologna 1995, p. 125-126;
M. L. Boriani, A Corticella … sulle tracce di un giardino, in: “Strenna storica bolognese”, a. XLVI (1996), p. 143-168;
D. Sicari,I luoghi dello spettacolo a Bologna, una città di teatri, Bologna 2003, p. 46.
Bologna (BO)
Attualmente risulta di difficile lettura il tessuto di cui questo teatro era parte in quanto il contesto è stato fortemente modificato negli anni Sessanta. Nel 1958 gli ultimi proprietari Giuseppe e Anita Galli vendettero l'intera area (villa, giardino e podere) alla Provincia di Bologna che stabilì di farvi edificare la sede definitiva dell'Istituto agrario. La villa che aveva subito gravi danni nel corso dell'ultimo conflitto ed ormai versava in pessimo stato fu abbattuta, inoltre per far posto alle nuove attrezzature gran parte del parco fu distrutta e il laghetto che ne faceva parte interrato. L'insieme, denominato un tempo "Casino Rubbiani", era un piacevole luogo di villeggiatura costituito da residenza padronale, casa del giardiniere e casa colonica. La villa a due piani presentava una facciata con ampio loggiato al pianterreno che dava sul parco accuratamente disegnato nei sentieri e nelle aiuole, ricco di particolari essenze. Quando nel 1891 Raffaele Altieri acquistò l'intera proprietà da Giuseppe Rubbiani, il teatro ne era già parte integrante. Le foto storiche (in possesso della famiglia Altieri) ci restituiscono l'immagine di quello che può essere definito un suggestivo teatro di verzura a quel tempo ancora integro. Un viale alberato conduceva all'ingresso del teatro fiancheggiato da due leoni in pietra, due ordini di gradoni in laterizio disposti a campana, racchiudendo la cavea, si raccordavano al palcoscenico inquadrato da due colonnine scanalate con capitello ionico. Al centro del palco di proscenico un grande mascherone celava la buca del suggeritore, mentre alte siepi di bosso fungevano da quinte, lo spazio per il pubblico era invece circondato da alberi.
Attualmente l'impianto di questo teatro appare notevolmente alterato pur conservando nelle linee essenziali la forma originaria. Sul palcoscenico, ormai privo delle quinte di bosso, erano cresciuti alcuni alberi ad alto fusto tra cui due bei pioppi cipressini, che dalle dimensioni (rilevamento del 1995) potevano avere all'incirca sessanta o settanta anni. Rammentiamo che questa pianta è stata introdotta nella nostra zona all'inizio del '900, ma attualmente la zona del palco non presenta più alberature. Inoltre sono scomparsi i leoni di pietra che delimitavano l'ingresso alla cavea, mentre una delle colonnine del boccascena spezzata, ancora in loco nel '95, non è più presente. Perduti alcuni elementi che ne erano parte integrante, di cui solo le foto storiche ci restituiscono memoria, ed in mancanza di fonti documentarie certe possiamo solo formulare delle ipotesi circa l'origine di questo impianto. Uno di questi è rappresentato dall'altezza delle quinte in bosso, visibili in un'immagine scattata tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento. Ipotizzando che siano state piantate quando è sorto il teatro potremmo ascrivere l'epoca di fondazione attorno alla prima metà del secolo XIX.
L'insieme risulta ancora essere comunque un unicum di grande interesse e come tale meritevole di valorizzazione.
(Lidia Bortolotti)
The context within which this theatre operated is currently difficult to interpret, due to the significant changes that took place in the 1960s. In 1958, the last owners, Giuseppe and Anita Galli, sold the entire property (villa, garden, and estate) to the Bologna provincial administration, which elected to build the agrarian institute here. The villa, which had been seriously damaged during World War II, was in very poor condition and was demolished; in order to make room for the new buildings much of the estate was destroyed, and its pond filled in. The estate, once known as "Casino Rubbiani", was a pleasant vacation spot that included a manor house, the gardener’s house, and a farmstead. The two-story villa had a façade with a large portico on the ground-floor, which overlooked the garden with its carefully landscaped paths and hedges, and rare plant varieties. When Raffaele Altieri purchased the property from Giuseppe Rubbiani in 1891, the theatre was already an integral part of it. Historic photos (owned by the Altieri family) depict a charming, still intact green theatre. A tree-lined path led to the theatre’s entrance, which was flanked with two lion sculptures. Two orders of Roman brick terraces enclosed the auditorium, forming a bell shape. The auditorium was connected to the stage, framed by two grooved columns with Ionic capitals. At the centre of the proscenium stage, a large mask concealed the prompter’s box, while tall hedgerows served as curtains; the area reserved for the audience was surrounded by trees.
Currently, the theatre’s appearance has changed significantly, although it essentially retains its original form. The stage no longer has its boxwood hedges, although it now features several tall trees, including two beautiful pyramidal poplars, whose sizes suggest they are 60 to 70 years old (this tree was introduced in the area in the early 20th century). The lion sculptures at the entrance to the auditorium are gone, while one of the proscenium’s columns is broken.
As some of its integral elements have now been destroyed – historical photographs being the only evidence of their existence – and in the absence of documentation, we can only formulate hypotheses on the origins of the theatre. One clue is the height of the boxwood hedgerows, which can be seen in a photograph taken between the end of the 19th century and the start of the 20th. If we assume they were planted when the theatre was built, the first half of the 19th century seems like a reasonable estimate for its creation.
(Lidia Bortolotti)