Teatro Comunale Alice Zeppilli
capienza 145 posti
dal 1988 al 2003, 2012-2013
Proposta di recupero funzionale del teatro comunale, in: "Notiziario 1978";
Teatri storici in Emilia-Romagna, a cura di S. M. Bondoni, Bologna 1982, p. 216-217;
D. Lenzi, Appunti per il teatro alla Pieve, in: Giovanbattista Melloni agiografo (1713-1781) nel suo tempo e nel suo ambiente, a cura di A. Berselli e A. Samaritani, Atti del Convegno, Pieve di Cento 1984, p. 423-431, fig. 1-4;
Le stagioni del teatro. Le sedi storiche dello spettacolo in Emilia-Romagna, a cura di L. Bortolotti, Bologna 1995, p. 216-218;
Il teatro e la musica a Pieve di Cento, a cura di A. Orlandini, Bologna 2000;
L. Bortolotti, Teatri storici? E' di scena il restauro, in "IBC", X, 3 (2002), p. 47-54.
Il Teatro Comunale di Pieve di Cento Alice Zeppilli, supplemento al n. 3 di “Cronache del Comune di Pieve di Cento”, Pieve di Cento 2003.
Piazza Andrea Costa, 17
Pieve di Cento (BO)
Questa sala teatrale fu demolita all'inizio dell'Ottocento, di essa si conserva un solo documento iconografico nel primo volume della Raccolta Melloni-Crescimbeni, una pianta schizzata in modo assai e schematico dal capomastro Giacomo Cantelli nel 1749 di cui Deanna Lenzi nel suo articolo Appunti per il teatro alla pieve, fa un'attenta analisi. Costruita in un ampio vano quadrangolare simmetricamente suddiviso tra spazio scenico e spazio per il pubblico di uguale profondità e di una larghezza fuori dal comune, presentava una cavea con tre ordini di palchi in legno, undici al primo e al secondo ordine, tre soli al terzo per lasciare spazio a due ampie palchesse per la gente comune. "Non essendo noto il nome dell'architetto che lo realizzò, non è possibile dire se questo impianto alla Pieve sia stato suggerito dalle particolari misure del vano, ottenuto abbattendo i muri divisori, oppure dalla volontà di seguire qualche illustre modello, ferrarese per esempio, oppure perché condizionato dal tracciato di una preesistente cavea a gradoni, del tipo per l'appunto di quella realizzata a Ferrara da Giovan Battista Aleotti per il teatro degli Intrepidi sin dal 1605" (Lenzi, p. 425).
Dai verbali consigliari della Comunità pievese sappiamo che il 10 gennaio 1674 furono concesse alla gioventù che operava nel teatro la somma di 25 scudi (da pagarsi al cassiere dell'Accademia) affinché il teatro fosse dotato di uno scenario nuovo. Quattro anni dopo nel 1678 la Comunità sostenne nuovamente le spese per uno scenario, i fondi furono stornati dalla corsa alla quintana.
Dal 1696 il Consiglio si impegna a dare annualmente un contributo per le commedie e nel contempo obbliga i proprietari a non negare mai il teatro alla gioventù, nello stesso anno sono destinate al teatro le multe di malaffitto.
L'Accademia pievese degli Illustrati (inizialmente detta semplicemente della Pieve), a quanto risulta si occupava anche degli spettacoli teatrali. Il 28 settembre 1740 infatti la Comunità concesse loro otto scudi annui al fine di poter fare le commedie durante il carnevale, periodo in cui si concentravano la maggior parte degli spettacoli. Questo privilegio fu mantenuto quasi ininterrottamente, anche se a fasi alterne, per tutto il secolo e oltre. Pertanto organizzazione ed allestimento degli spettacoli risulta sempre in mano alla gioventù pievese, diretta dal rettore o vicerettore degli Scolopi od ancora da qualche accademico tra cui Felice Crescimbeni, pur tra innumerevoli difficoltà. Talvolta allestirono opere di un certo rilievo, riuscendo a piacere al pubblico (si veda in proposito il carteggio Crescimbeni Melloni, conservato presso l'archivio storico comunale). Nel febbraio 1749 si recitò la Merope e il Bassà in fuga; nel 1752 e 1753 l'Alzira, con gli intermezzi in musica a due voci, e il Cicisbeo; mentre nel 1754 si diedero due commedie una di Goldoni e l'altra del Fagioli.
Tra il 1754 e il 1757 il teatro è oggetto di opere di abbellimento, mentre nel 1762 si chiede di utilizzare la dote di otto scudi per riformare gli scenari.
Per il carnevale del 1763 la gioventù pievese progetta di mettere in scena l'Antigone in Tebe e una commedia di Goldoni. Nel 1770 il teatro minaccia di andare in rovina, ma da quanto ricavato dai documenti risulta che vi si continuano a fare rappresentazioni fino al 1776. Nel 1789 è ormai in grave stato di degrado e non è più utilizzato, anche se sopravvive ancora per qualche tempo, è infatti rilevato nel corso del censimento condotto nel 1798 per conto della Repubblica Cisalpina in previsione di una riorganizzazione globale dei servizi teatrali a livello nazionale, e risulta essere l'unico esistente a Pieve, proprietari: Angeli, Guidicini e Bongiochi.
Fa notare Deanna Lenzi, che per tutto il periodo in cui questo teatro fu attivo, poco più di un secolo: "non restano tracce di affitto del locale a comici dell'arte o a compagnie melodrammatiche di giro, tanto attive, e felicemente nella nostra regione. Nel più puro spirito della cultura dotta ed elitaria delle accademie non pare neppure sia mai decollata una politica di gestione impresariale" (Lenzi, 427), in quanto il ricavato della vendita dei biglietti servì soltanto per il rientro delle spese sostenute per gli allestimenti o per apportare migliorie alla sala teatrale o per acquisire nuovi scenari.
Nel 1785 la gioventù chiede per la prima volta la sala del Palazzo Apostolico (attuale residenza municipale), onde farvi un'accademia di poesie bernesche intermezzate da canti e suoni. La richiesta si ripete l'anno successivo, ed in seguito con una certa regolarità. Tutto fa quindi supporre che da questo momento sia iniziato l'uso, per le rappresentazioni, della Sala del Palazzo Pubblico. Nel 1824 si afferma, nell'estratto di una seduta della Magistratura, che la sala fu "ridotta un giorno ad uso di teatro per fornire unicamente li Dilettanti di Commedie di un mezzo atto ad esercitare li loro talenti in si fatta specie di Genio sommamente lodevole", ed era stata dotata l'anno seguente: si suppone nel 1786, di un giro di palchetti (A.C. Pieve di Cento, Lettere, t. Spettacoli - Teatri, 1924).
In seguito fu aggiunto un altro ordine di palchi in quanto nel 1825 Matteo Melloni, capo impresario dei dilettanti pievesi, chiede che siano fatti alcuni lavori della massima importanza nel Teatro Comunale, tra cui una scala per ascendere al secondo ordine dei palchi e riparazioni ai parapetti dei medesimi; occorre inoltre chiudere le finestre del palcoscenico, tranne una per darvi luce. Permane comunque il carattere di provvisorietà della struttura, infatti all'accademico filarmonico bolognese Francesco Galliani che nell'agosto 1829 ne richiede l'utilizzo per il successivo 6 settembre viene risposto che "la sala comunale che serve provvisoriamente da teatro, siccome qui non avvi altro locale adatto, sarà a disposizione..." (A.C. Pieve di Cento, Lettere, t. Spettacoli e Divertimenti, rub. 5 Teatri, 1829). Questo aspetto non impedisce di utilizzarlo in modo regolare, sia dai dilettanti pievesi che dalle compagnie di giro, fino al 1852. In maggio la compagnia Verardini vi rappresenta il melodramma serio Ernani, con musiche di Giuseppe Verdi.
Nel frattempo la Comunità di Pieve prende in seria considerazione l'opportunità di edificare un nuovo teatro inteso come edificio autonomo dotato, oltre che di un'adeguata sala teatrale, dei necessari locali di ritrovo e servizio. A tale scopo furono, fin dal 1847, allacciati rapporti con l'ingegnere centese Antonio Giordani (che successivamente progetterà anche i teatri di Cento, di Massa, di Crevalcore, e in Venezuela quello di Maracaibo). L'elevato preventivo di spesa indusse gli amministratori ad optare per una soluzione meno onerosa: la risistemazione dell'esistente.
Nel 1853 è proposto in Consiglio dal priore Angeli, il restauro del teatro reso possibile grazie ai finanziamenti di aspiranti alla proprietà dei palchetti. Il progetto redatto dal Giordani, ottiene l'approvazione del delegato pontificio, il quale esaminatolo lo restituisce al priore Angeli con la raccomandazione di far eseguire l'opera in via economica e non di appalto, autorizzando la spesa di 1026 lire. Il teatro è inaugurato nell'agosto del 1856 con Il Trovatore e Viscardello (Rigoletto).
Le rappresentazioni si susseguirono regolarmente fino al 1911, poi il teatro andò lentamente in disuso, le leggi di pubblica sicurezza ne determinarono la chiusura nel 1929.
Durante la seconda guerra mondiale subì danni e nel 1954 furono effettuati alcuni restauri a cura dell'Ufficio Tecnico, ripristinati i pavimenti, rinnovati gli arredi dei palchi, ripresi gli stucchi, rifatto l'impianto elettrico, inoltre il piccolo palcoscenico fu sostituito da una pedana per l'orchestra, in quanto il teatro veniva utilizzato per veglioni di carnevale e serate danzanti in genere.
Antonio Giordani, fa notare Deanna Lenzi, adottò per questo teatro la consolidata tipologia del 'teatro all'italiana' in un assetto aggiornato per la cavea a ferro di cavallo, tre ordini di palchi sovrapposti le cui parapettate sono a fascia, lisce e sporgenti, raccordate al palco da un arcoscenico architettonico. La decorazione è semplice ma elegante e raffinata, sulle balconate dei palchi, separati da finte colonnine con volute in legno dipinto, si susseguono fregi in stucco dorato, come pure sull'arcoscenico. La decorazione pittorica a velario del soffitto presenta festoni che raccordano dodici medaglioni. Il sipario, che tuttora si conserva, raffigura Esopo che parla ai pastori, è opera di un Malatesta di Modena, presumibilmente Adeodato, la cui fama era uscita dai confini modenesi, con l'apporto del fratello Massimiliano (si veda L. Scardino, Il sipario di Adeodato Malatesta, in: Il teatro e la musica a Pieve di Cento, 2000, p. 220-222). Rimasto inutilizzato per molti anni, il teatro è stato interessato ad un lungo e complesso intervento di restauro. Negli anni Ottanta l'Amministrazione pievese affronta nuovamente il problema della conservazione e del recupero funzionale di questo bene. Il teatro è quindi interessato ad una serie di interventi di complessivo consolidamento strutturale, rifacimenti alle coperture e parziale redistribuzione dei servizi e dei vani accessori, che più ampiamente coinvolgono l'intera residenza municipale. Nel 2000 viene avviato un organico progetto di recupero del teatro, diretto dagli architetti Guido Cavina e Roberto Terra di Bologna, il cui fine ha avuto il duplice obiettivo di restituire integralmente sala teatrale e ambienti ad essa collegati alle originarie funzioni conservandone sia l'assetto tipologico e spaziale, sia l'insieme degli apparati decorativi che vi si conservano. Inoltre si è provveduto all'adeguamento dei servizi e delle dotazioni impiantistiche, tecnologiche e di sicurezza, nell'indispensabile rispetto della normativa di legge, recuperando, se possibile, quanto esisteva ed era stato predisposto nel corso dei precedenti interventi, integrandolo e potenziandolo dove necessario. Come per esempio per i locali tecnici e di servizio agli spettacoli ricavati negli spazi del sottotetto attigui al palcoscenico, quest'ultimo integralmente ricostruito con struttura lignea è sormontato dalla graticciata. Nel consolidamento strutturale dei palchi si è provveduto alla rimozione delle sovrastrutture e dei puntelli provvisori e al ripristino degli elementi lignei trave-pilastro-assito, conservando inalterate le primitive quote di calpestio. Contribuiscono alla vivezza della memoria storica del teatro il mantenimento di quegli arredi tecnici che sono pervenuti integri, quali le lampade delle balconate e la plafoniera centrale, sono invece andati perduti gli apparati tessili e gli arredi novecenteschi che sono stati reintegrati.
L'intervento al bel sipario dei Malatesta è stato affidato all'opera della restauratrice pievese Licia Tasini mentre l'apparato decorativo è stato restaurato dallo Studio Emma Biavati di Bologna.
Il teatro completamente recuperato è stato nuovamente inaugurato il 6 dicembre 2003 con un concerto. Chiuso a seguito del terremoto che ha colpito quest'area nel maggio 2012, ha riaperto all'inizio del 2014.(Lidia Bortolotti)
Nelle splendide sale del foyer restaurato è collocato il Museo della Musica comprendente parte della collezione "Luigi Mozzani" di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Cento.
Dopo il riallestimento post sisma del 2012, anche la collezione Zeppilli donata da Giuseppina Melloni, è collocata in una sala dedicata al 2° piano, dove oltre ad essere esposti vari cimeli della soprano e del marito violoncellista Alberghini, è stato anche riprodotto un camerino con gli arredi e gli accessori originali della cantante.
The theatre was demolished in the early nineteenth century and all that remains is a set of illustrations in the first volume of the Melloni-Crescimbeni Collection, a rough layout sketched by the master mason Giacomo Cantelli dated 1749, which Deanna Lenzi carefully analysed in her article entitled “Appunti per il teatro alla pieve”. It was constructed in a large quadrilateral room divided into two spaces – one for the stage and one for the audience – that had the same depth but were unusually wide – and it had an auditorium with three tiers of wooden boxes: eleven in the first and second tiers but just three in the third tier, in order to leave room for two wide galleries for the lower classes. “Since the name of the architect who built it is unknown, it is impossible to say if this layout at Pieve was suggested by the particular measurements of the hall, created by tearing down the partitions, or by the desire to follow some illustrious model – the one in Ferrara, for example – or because it was conditioned by the layout of a previous tiered auditorium, like the type that Giovan Battista Aleotti built in Ferrara for the Teatro degli Intrepidi in 1605” (Lenzi, p. 425).
Based on the records of the council of the community of Pieve, we know that on 10 January 1674 the young people who used the theatre were given the sum of 25 scudi (to be paid to the treasurer of the Accademia) in order to equip it with new scenery. Four years later, in 1678 the community again shouldered the expense of new scenery and the funds were transferred from the quintain competition.
In 1696 the council decided to make an annual contribution to the plays and, in the meantime, it had the owners pledge that they would never deny the theatre to the community’s young people; that same year fines collected were allocated to the theatre.
It seems that the Accademia Pievese degli Illustrati (the society was initially simply called “della Pieve”) was also involved in theatre presentations. On 28 September 1740 the community granted the society an annual sum of 8 scudi to stage comedies during Mardi Gras, the period when most of the shows were offered. This privilege was maintained virtually uninterruptedly until well into the following century. Consequently, the organisation and staging of shows must always have been in the hands of the young men of Pieve, directed by the rector or vice-rector of the Scolopi Fathers or a society member (including Felice Crescimbeni). Nonetheless, there were countless difficulties. On some occasions, however, to the audience’s delight very significant works were staged (see the Crescimbeni-Melloni correspondence in the municipal historic archives). Merope and Il Bassà in fuga were staged in February 1749; Alzira, with singing duets as intermezzi, and Cicisbeon in 1752 and 1753; and in 1754 two comedies were performed, one by Goldoni and the other by Fagioli.
The theatre was decorated between 1754 and 1757, whereas in 1762 the request was made to use the endowment of 8 scudi to remake the scenery.
For Mardi Gras of 1763 the local young people decided to stage Goldoni’s comedy Antigone in Tebe. By 1770 the theatre had already begun to deteriorate but, according to documents, shows continued to be staged until 1776. It was in dire condition by 1789 and was no longer in use, although it survived for some time. Indeed, its existence was noted in the census conducted in 1798 for the Cisalpine Republic in view of an overall reorganisation of theatre services on a national level. It was cited as the only one in Pieve, and its owners were listed as Angeli, Guidicini and Bongiochi.
Lenzi notes that for the entire period in which the theatre was active, just over a century, “there is no evidence that it was leased to players or to the touring companies that were so active and successful in our region. In the purest spirit of the scholarly and elite culture of such societies, it seems that an impresario-type management policy was never even launched” (Lenzi, 427), as the proceeds from ticket sales were merely used to cover the production costs, make improvements to the theatre or purchase new scenery.
In 1785 the young people asked for the hall of the Palazzo Apostolico (now the town hall) for the first time in order to establish a society for burlesque poetry with singing and musical intervals. The request was repeated the following year and thereafter on a rather regular basis. Consequently, this allows us to surmise that the hall in the Palazzo Pubblico began to be used for shows at this time. The summary of a session of the magistracy dated 1824 notes that “one day the hall was turned into a theatre solely to provide the amateur actors with a way to practise their praiseworthy talents” and that the following year – presumably 1786 – a tier of boxes was added (A.C. Pieve di Cento, Lettere, t. Spettacoli - Teatri, 1924).
Another tier of boxes was later added, as in 1825 Matteo Melloni, the head impresario of Pieve’s amateur actors, requested that work of the utmost importance be conducted in the Teatro Comunale, including stairs to reach the second tier of boxes and repairs on their parapets. The windows on the stage also had to be walled up, with the exception of one to provide lighting. Nevertheless, the structure continued to be provisional. Indeed, when Francesco Galliani, a member of the Bologna philharmonic society, submitted a request in August 1829 to use it on 6 September of that year, he was informed that “the municipal hall that is temporarily being used as a theatre, as there is no other suitable place, will be available” (A.C. Pieve di Cento, Lettere, t. Spettacoli e Divertimenti, rub. 5 Teatri, 1829). In any event, this did not prevent it from being used regularly by both the amateur actors of Pieve as well as touring companies until 1852. In May the Verardini Company staged Giuseppe Verdi’s opera Ernani.
In the meantime, the town of Pieve seriously examined the idea of erecting a new theatre – i.e. a separate building – with a suitable auditorium as well as rooms to be used as meeting and service areas. Consequently, the engineer Antonio Giordani from Cento – who would later design the theatres of Cento, Massa, Crevalcore and, in Venezuela, Maracaibo – was contacted in 1847. The steep estimate of costs convinced the administrators to choose a less expensive solution: reconstructing the existing theatre.
In 1853, during a council meeting the prior Angeli suggested that the theatre could be restored using funds paid by those who wanted to purchase a box. Giordani’s project was approved by the papal delegate, who examined it and returned it to the prior, urging that the work be done cheaply and not subcontracted, and authorising the expenditure of 1026 lire. The theatre was inaugurated in August 1856 with Il Trovatore and Viscardello (Rigoletto).
Works were staged regularly until 1911, after which the theatre was gradually abandoned. It was finally closed in 1929 to comply with public safety laws.
It was damaged during the Second World War and in 1954 the Municipal Technical Office conducted restoration work, redoing the floors, renovating the furnishings of the boxes, restoring the stuccowork and rewiring the theatre. Furthermore, the small stage was replaced by an orchestra platform, as the theatre was used for Mardi Gras parties and balls.
Again according to Lenzi, Giordani used the well-established “Italian-style theatre” as his model, adopting an updated layout for the horseshoe-shaped auditorium, with three tiers of boxes enclosed by smooth projecting parapets, connected to the stage by an architectural proscenium arch. The decoration is simple yet elegant and sophisticated. The balconies of the boxes, which are separated by faux columns with scrolls made of painted wood, feature gilded stucco friezes that can also be noted on the proscenium arch. The curtain-like decoration of the ceiling features festoons linking twelve medallions. The curtain, which has been preserved, depicts Aesop talking to the shepherds; it is the work of a Malatesta from Modena, probably Adeodato, who was famous outside his home town, with the assistance of his brother Massimiliano (see L. Scardino, “Il sipario di Adeodato Malatesta”, in Il teatro e la musica a Pieve di Cento, 2000, pp. 220-222). After being closed for many years, the theatre finally underwent extensive and complex restoration. In the 1980s the municipal administration again tackled the problem of the conservation and functional restoration of this asset. The theatre thus underwent general structural consolidation, reconstruction of the roof, and partial modification of the layout of the service facilities and secondary rooms, work that – on a more extensive level – was carried out on the entire town hall. In 2000 a systematic project to restore the theatre commenced, headed by the architects Guido Cavina and Roberto Terra of Bologna. The project had the dual objective of restoring the original function of the entire auditorium and the rooms connected with it, while preserving not only its type and spatial layout, but also its decorative elements. Furthermore, retrofitting was done on service facilities as well as the plant engineering, utilities and safety systems in order to meet legal standards, maintaining existing elements and the work that had been done previously as much as possible, and supplementing and bolstering them when necessary. For example, technical areas and service rooms needed during performances were created in the attic by the stage, and the latter was completely rebuilt with a wooden structure surmounted by the flies. During the structural consolidation of the boxes, the superstructures and temporary stays were removed and the wooden beam-pillar-partition elements were restored, maintaining the original floor levels. The historic memory of the theatre has also been preserved by maintaining the fixtures that were left intact, such as the luminaries of the balconies and the central light fixture on the ceiling. Unfortunately, however, the twentieth-century upholstery and furnishings were lost and had to be replaced.
Licia Tasini, a restorer from Pieve, was commissioned to work on the Malatesta brothers’ beautiful curtain, and the decorative works were restored by the Emma Biavati Studio of Bologna.
The completely renovated theatre was re-inaugurated on 6 December 2003 with a concert.
The “Luigi Mozzani” collection is displayed in the magnificent foyer.
(Lidia Bortolotti)