Bobbio

Castello Malaspina Dal Verme
Bobbio

strada del Torrino, 1/3
Bobbio (PC)
tel 349 8088159, 0523962815 (IAT Bobbio)
Nell'appennino piacentino occidentale- tra Piemonte, Lombardia, Liguria e parmense – Bobbio si trova nella media val Trebbia, sulla sponda sinistra del fiume.

L’abbazia, il vescovo e il castello
Bobbio venne donato all’inizio del VII secolo con il suo territorio dal re longobardo Agilulfo al monaco irlandese Colombano, che vi creò uno dei maggiori centri monastici e culturali europei. Di grande importanza strategica per la sua posizione, Bobbio rivestì a lungo un ruolo di primo piano anche sul piano economico grazie ai suoi possedimenti estesi in tutta l’alta Italia e al controllo esercitato sull’importante via ‘del sale’ che da Piacenza portava a Genova lungo la val Trebbia. Una seconda direttrice trasversale alle valli, detta ‘degli abati’, univa Bobbio alla capitale Pavia a nord e in direzione sud a Bardi, costituendo un percorso francigeno alternativo per i pellegrinaggi diretti a Roma.
I contrasti tra abati e vescovi dopo l'istituzione della diocesi e della contea vescovile all’inizio del secolo XI e le crescenti ambizioni sull’area dei poteri signorili e dei nascenti comuni minarono il sistema di potere bobbiese. La presenza, attestata dal 1219, di un sistema fortificato a presidio del monastero e della valle - con castello, torri e mura - non poté impedire nel 1230 la conquista di Bobbio da parte di Piacenza.

Da Piacenza ai Malaspina
L’espansione di Piacenza nelle alte valli appenniniche tra Trebbia e Staffora si era verificata a partire dal secolo precedente anche a spese del potente casato obertengo dei Malaspina, indebolito anche dalle divisioni patrimoniali che dal 1221 avevano dato origine a molteplici rami famigliari titolari di una miriade di piccoli feudi.
Nel 1304 Corradino Malaspina del ramo di Pregòla - che aveva già ottenuto in feudo dall’abate la vicina rocca di Carana in cambio dei diritti di pedaggio sulla valle - si impadronì di Bobbio con l’aiuto del signore di Pavia, istituendovi una signoria di fatto con il vicariato di Visconte Pallavicino.
L’anno successivo Corradino avviò la ricostruzione del castello nella parte alta del paese, facendone un centro dell’opposizione alla politica guelfa di Piacenza e ospitandovi i ghibellini cacciati dalla città.

Il castello dei Visconti e degli Anguissola
Nel 1341 Bobbio venne conquistato con Carana dai Visconti, impegnati a consolidare la propria egemonia sull’Emilia occidentale, che lo integrarono nello stato milanese aggregandolo a Voghera.
Cinque anni dopo Luchino Visconti infeudava Bobbio a Bernardino Anguissola, già signore di Travo e Bobbiano e membro di una potente famiglia piacentina che stava acquisendo molti castelli tra val Nure e val Trebbia. Donato nel 1360 da Galeazzo II Visconti a Isabella di Valois in occasione delle nozze con il figlio Gian Galeazzo, nella seconda metà del secolo il castello fu oggetto di restauri.
Il legame tra Anguissola e Visconti venne confermato anche dai vincoli matrimoniali: figlio di Margherita di Bernabò Visconti - e perciò titolare di uno stemma che sostituiva l’antica ‘anguilla’ con il biscione visconteo - Riccardino Anguissola ottenne nel 1432 il rinnovo dell’investitura di Bobbio e di Travo, ricordata ai primi del Seicento nel famoso Albero genealogico Anguissola dell’architetto Alessandro Bolzoni.

Il castello dei Dal Verme
Nel 1436 Filippo Maria Visconti concesse al suo condottiero Luigi Dal Verme i feudi e il titolo comitale di Bobbio, Voghera e Castel San Giovanni, configurando così uno ‘stato’ vermesco - la cui autonomia non ebbe però mai riconoscimento formale – che integrava anche i numerosi possedimenti nell’Oltrepo pavese e in val Tidone, comprese diverse saline, che Iacopo, padre di Luigi e celeberrimo condottiero, aveva avuto da Gian Galeazzo Visconti come dal vescovo e dall’abate di Bobbio.
Importanti interventi di ristrutturazione del castello di Bobbio furono realizzati negli anni Quaranta del Quattrocento dal figlio di Luigi, Pietro. La sua opposizione all’ascesa di Ludovico il Moro portò nel 1485 al suo assassinio e alla confisca dei suoi feudi, che vennero in gran parte assegnati, Bobbio compreso, a Galeazzo Sanseverino, genero del Moro. Rioccupato dagli antichi signori nel corso della guerra tra il re di Francia e il duca di Milano, il castello di Bobbio venne assediato e quasi completamente distrutto nel 1500 da Ludovico di Lussemburgo, che era stato infeudato dal re dei tre principali possedimenti vermeschi.
Ottenuta nel 1502 conferma imperiale delle loro investiture - suffragate dieci anni dopo anche dal papa per la parte di derivazione abbaziale nonostante le pretese avanzate dal vescovo di Bobbio - i Dal Verme poterono però recuperare definitivamente i loro feudi solo nel 1521 dopo lunghe contese grazie al nuovo imperatore Carlo V, stabilendosi quattro anni dopo nel castello di Bobbio.
Nel 1530 una divisione ereditaria suddivise i feudi vermeschi tra la contea di Voghera, con l’Oltrepo pavese, e la contea di Bobbio con la val Tidone, la rocca d’Olgisio e le saline - che venne confermata sei anni dopo a Federico Dal Verme da Carlo V subentrato nel possesso del ducato di Milano. Nel 1545 il castello venne trasformato dal conte Gian Maria in un’elegante dimora, affrescata nel corso del Seicento e ulteriormente modificata nella prima metà del Settecento.
Nel 1759 – quando Bobbio era già passata, dopo esser stata spagnola e austriaca, al regno di Sardegna - il ramo bobbiese dei Dal Verme si estinse e il castello ormai separato dai feudi passò al ramo piacentino della famiglia, nonostante la rinnovata opposizione del vescovo di Bobbio.

Dall'Otto al Novecento
Abbandonato al degrado, accentuato dal passaggio nel 1799 delle truppe napoleoniche, l’edificio venne venduto nel 1805 all’avvocato piacentino Paolo Della Cella-
A fine secolo passò per matrimonio all'ingegner Eugenio Piccinini, che promosse pesanti interventi di restauro dell’edificio continuati nella prima metà del Novecento. La cinta esterna dell’edificio era stata demolita nel 1858 insieme al torrione di porta Nuova, e il fossato colmato, per consentire l’apertura della strada detta di porta Nuova.
Nel 1956 i Piccinini vendettero il castello allo Stato, che negli anni Settanta ha condotto interventi di restauro e di consolidamento e lo ha istituito come Museo Nazionale aprendolo alle visite. Dal 2020 la gestione dell’edificio è affidata al comune.

VISITA
Innestato nelle mura urbane nella parte alta del borgo, il castello a pianta quadrangolare conserva la cinta muraria interna chiusa su un lato da un torrione circolare, mentre sul lato opposto sono i resti della torre detta del vescovo.
L'imponente mastio in pietra a pianta quadrata con base a scarpa, posto al centro dell'edificio, ha una facciata chiusa da una serie di finestre ad arco ribassato. Dall’atrio con pavimento di legno intarsiato si accede agli ambienti interni; il primo piano, che risulta fortemente rialzato rispetto all'impianto originario a seguito degli interventi degli ultimi proprietari, è occupato da una sala e un salone arredata con mobili secenteschi e un camino con le insegne Dal Verme. Un affresco cinquecentesco con Madonna e Bambino orna le scale che portano al piano superiore, dove si trova una sala con volta a botte, una camera da letto,uno studiolo e un salotto con pavimenti intarsiati e arredi antichi. Stemmi vescovili con la croce di Lorena ornano le scale che conducono al terzo e quarto piano, un tempo occupati dagli alloggiamenti per le truppe, mentre il sottotetto era adibito ad usi militari.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Trebbia,
via Salaria o di Genova in val Trebbia,
via Romea Francigena | degli Abati
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Malaspina,
Visconti,
Anguissola,
Dal Verme
Bibliografia
strada del Torrino, 1/3
Bobbio (PC)
tel 349 8088159, 0523962815 (IAT Bobbio)
Nell'appennino piacentino occidentale- tra Piemonte, Lombardia, Liguria e parmense – Bobbio si trova nella media val Trebbia, sulla sponda sinistra del fiume.

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L’abbazia, il vescovo e il castello
Bobbio venne donato all’inizio del VII secolo con il suo territorio dal re longobardo Agilulfo al monaco irlandese Colombano, che vi creò uno dei maggiori centri monastici e culturali europei. Di grande importanza strategica per la sua posizione, Bobbio rivestì a lungo un ruolo di primo piano anche sul piano economico grazie ai suoi possedimenti estesi in tutta l’alta Italia e al controllo esercitato sull’importante via ‘del sale’ che da Piacenza portava a Genova lungo la val Trebbia. Una seconda direttrice trasversale alle valli, detta ‘degli abati’, univa Bobbio alla capitale Pavia a nord e in direzione sud a Bardi, costituendo un percorso francigeno alternativo per i pellegrinaggi diretti a Roma.
I contrasti tra abati e vescovi dopo l'istituzione della diocesi e della contea vescovile all’inizio del secolo XI e le crescenti ambizioni sull’area dei poteri signorili e dei nascenti comuni minarono il sistema di potere bobbiese. La presenza, attestata dal 1219, di un sistema fortificato a presidio del monastero e della valle - con castello, torri e mura - non poté impedire nel 1230 la conquista di Bobbio da parte di Piacenza.

Da Piacenza ai Malaspina
L’espansione di Piacenza nelle alte valli appenniniche tra Trebbia e Staffora si era verificata a partire dal secolo precedente anche a spese del potente casato obertengo dei Malaspina, indebolito anche dalle divisioni patrimoniali che dal 1221 avevano dato origine a molteplici rami famigliari titolari di una miriade di piccoli feudi.
Nel 1304 Corradino Malaspina del ramo di Pregòla - che aveva già ottenuto in feudo dall’abate la vicina rocca di Carana in cambio dei diritti di pedaggio sulla valle - si impadronì di Bobbio con l’aiuto del signore di Pavia, istituendovi una signoria di fatto con il vicariato di Visconte Pallavicino.
L’anno successivo Corradino avviò la ricostruzione del castello nella parte alta del paese, facendone un centro dell’opposizione alla politica guelfa di Piacenza e ospitandovi i ghibellini cacciati dalla città.

Il castello dei Visconti e degli Anguissola
Nel 1341 Bobbio venne conquistato con Carana dai Visconti, impegnati a consolidare la propria egemonia sull’Emilia occidentale, che lo integrarono nello stato milanese aggregandolo a Voghera.
Cinque anni dopo Luchino Visconti infeudava Bobbio a Bernardino Anguissola, già signore di Travo e Bobbiano e membro di una potente famiglia piacentina che stava acquisendo molti castelli tra val Nure e val Trebbia. Donato nel 1360 da Galeazzo II Visconti a Isabella di Valois in occasione delle nozze con il figlio Gian Galeazzo, nella seconda metà del secolo il castello fu oggetto di restauri.
Il legame tra Anguissola e Visconti venne confermato anche dai vincoli matrimoniali: figlio di Margherita di Bernabò Visconti - e perciò titolare di uno stemma che sostituiva l’antica ‘anguilla’ con il biscione visconteo - Riccardino Anguissola ottenne nel 1432 il rinnovo dell’investitura di Bobbio e di Travo, ricordata ai primi del Seicento nel famoso Albero genealogico Anguissola dell’architetto Alessandro Bolzoni.

Il castello dei Dal Verme
Nel 1436 Filippo Maria Visconti concesse al suo condottiero Luigi Dal Verme i feudi e il titolo comitale di Bobbio, Voghera e Castel San Giovanni, configurando così uno ‘stato’ vermesco - la cui autonomia non ebbe però mai riconoscimento formale – che integrava anche i numerosi possedimenti nell’Oltrepo pavese e in val Tidone, comprese diverse saline, che Iacopo, padre di Luigi e celeberrimo condottiero, aveva avuto da Gian Galeazzo Visconti come dal vescovo e dall’abate di Bobbio.
Importanti interventi di ristrutturazione del castello di Bobbio furono realizzati negli anni Quaranta del Quattrocento dal figlio di Luigi, Pietro. La sua opposizione all’ascesa di Ludovico il Moro portò nel 1485 al suo assassinio e alla confisca dei suoi feudi, che vennero in gran parte assegnati, Bobbio compreso, a Galeazzo Sanseverino, genero del Moro. Rioccupato dagli antichi signori nel corso della guerra tra il re di Francia e il duca di Milano, il castello di Bobbio venne assediato e quasi completamente distrutto nel 1500 da Ludovico di Lussemburgo, che era stato infeudato dal re dei tre principali possedimenti vermeschi.
Ottenuta nel 1502 conferma imperiale delle loro investiture - suffragate dieci anni dopo anche dal papa per la parte di derivazione abbaziale nonostante le pretese avanzate dal vescovo di Bobbio - i Dal Verme poterono però recuperare definitivamente i loro feudi solo nel 1521 dopo lunghe contese grazie al nuovo imperatore Carlo V, stabilendosi quattro anni dopo nel castello di Bobbio.
Nel 1530 una divisione ereditaria suddivise i feudi vermeschi tra la contea di Voghera, con l’Oltrepo pavese, e la contea di Bobbio con la val Tidone, la rocca d’Olgisio e le saline - che venne confermata sei anni dopo a Federico Dal Verme da Carlo V subentrato nel possesso del ducato di Milano. Nel 1545 il castello venne trasformato dal conte Gian Maria in un’elegante dimora, affrescata nel corso del Seicento e ulteriormente modificata nella prima metà del Settecento.
Nel 1759 – quando Bobbio era già passata, dopo esser stata spagnola e austriaca, al regno di Sardegna - il ramo bobbiese dei Dal Verme si estinse e il castello ormai separato dai feudi passò al ramo piacentino della famiglia, nonostante la rinnovata opposizione del vescovo di Bobbio.

Dall'Otto al Novecento
Abbandonato al degrado, accentuato dal passaggio nel 1799 delle truppe napoleoniche, l’edificio venne venduto nel 1805 all’avvocato piacentino Paolo Della Cella-
A fine secolo passò per matrimonio all'ingegner Eugenio Piccinini, che promosse pesanti interventi di restauro dell’edificio continuati nella prima metà del Novecento. La cinta esterna dell’edificio era stata demolita nel 1858 insieme al torrione di porta Nuova, e il fossato colmato, per consentire l’apertura della strada detta di porta Nuova.
Nel 1956 i Piccinini vendettero il castello allo Stato, che negli anni Settanta ha condotto interventi di restauro e di consolidamento e lo ha istituito come Museo Nazionale aprendolo alle visite. Dal 2020 la gestione dell’edificio è affidata al comune.

VISITA
Innestato nelle mura urbane nella parte alta del borgo, il castello a pianta quadrangolare conserva la cinta muraria interna chiusa su un lato da un torrione circolare, mentre sul lato opposto sono i resti della torre detta del vescovo.
L'imponente mastio in pietra a pianta quadrata con base a scarpa, posto al centro dell'edificio, ha una facciata chiusa da una serie di finestre ad arco ribassato. Dall’atrio con pavimento di legno intarsiato si accede agli ambienti interni; il primo piano, che risulta fortemente rialzato rispetto all'impianto originario a seguito degli interventi degli ultimi proprietari, è occupato da una sala e un salone arredata con mobili secenteschi e un camino con le insegne Dal Verme. Un affresco cinquecentesco con Madonna e Bambino orna le scale che portano al piano superiore, dove si trova una sala con volta a botte, una camera da letto,uno studiolo e un salotto con pavimenti intarsiati e arredi antichi. Stemmi vescovili con la croce di Lorena ornano le scale che conducono al terzo e quarto piano, un tempo occupati dagli alloggiamenti per le truppe, mentre il sottotetto era adibito ad usi militari.


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