Santarcangelo di Romagna

Rocca Malatestiana
Santarcangelo di Romagna

Rocca di Santarcangelo, Archivio fotografico dell'Assessorato al Turismo della Provincia di Rimini
via Rocca Malatestiana, 4
Santarcangelo di Romagna (RN)
tel 0541 624270 (IAT), 335-5626365
Nella Romagna sud-orientale, Santarcangelo è situata a poca distanza da Rimini su un colle prospiciente la via Emilia, allo sbocco in pianura dei fiumi Marecchia e Uso.

Da Rimini a Rimini
Colonizzata dai romani nell’ambito di Ariminum e favorita dalla vicinanza alla via Emilia, questa area fu poi parte dell’Esarcato ravennate e della ‘romanìola’ donata dai re franchi al papa nel secolo VIII.
Centro organizzativo dell’insediamento nell'alto medioevo fu la pieve di San Michele Arcangelo - situata in uno spazio pianeggiante all'innesto dell'importante percorso appenninico che congiungeva Riminese e Aretino lungo la valle del Marecchia - mentre sulla cima del vicino colle di Giove si sviluppò in seguito un castrum, fortificato nel XII secolo.
Afferente alla chiesa riminese, qui titolare di antichi diritti, e dato da Federico Barbarossa al monastero ravennate di Sant’Apollinare nel 1164, Santarcangelo fu poi a lungo oggetto dei tentativi del comune di Rimini di consolidarvi il proprio controllo, in contrasto con la sua stessa diocesi e con i tentativi espansionistici di Cesena e Bologna nell'area.

Il vicariato di Santarcangelo
Nel 1301 il Papa - che nel 1278 aveva visto riconosciuti dall’impero i suoi diritti sulla Romagna – istituì Santarcangelo in vicariato autonomo, per contrastare le insistite mire espansionistiche dei Malatesta, protagonisti delle lotte comunali e da fine Duecento signori di fatto di Rimini.
Nel corso del Trecento i Malatesta lanciarono un'aggressiva campagna di conquista che li portò ad impadronirsi delle Marche e di parte della Romagna, opponendoli al Papa in una lunga lotta conclusa solo a metà secolo con le sconfitte loro inflitte dal cardinale Albornoz.
Il rientro nei ranghi della Chiesa ottenne loro il vicariato apostolico di Rimini, Pesaro, Fano e Fossombrone, ma non quello di Santarcangelo, ricostituito nel 1358 con numerosi castelli di pianura e di collina ancora al fine di creare un anello di contenimento dell'ambizioso casato.

La rocca dei Malatesta: da Carlo a Sigismondo Pandolfo
Negli anni Settanta del Trecento i signori di Rimini ottennero finalmente, nonostante gli sforzi del papa e le spinte autonomistiche locali, il controllo del vicariato santarcangiolese, assicurandosi poi anche il Cesenate.
Ripreso e distrutto il castello, che si era ribellato sotto la guida della famiglia Ballacchi, nel 1386 Carlo Malatesta lo ricostruì facendone una potente rocca, con un maschio quadrangolare considerato il più alto in Italia, e ottenendo cinque anni dopo la concessione formale del vicariato.
Nel 1447 Sigismondo Pandolfo – rimasto unico signore del Riminese dopo la spartizione dei domini del casato con il fratello, che aveva avuto Cesena - ristrutturò completamente l’edificio adeguandolo alle moderne tecniche delle armi da fuoco. Abbassato sensibilmente il maschio, tre possenti torri 'minori' e una cinta muraria fortemente scarpata furono realizzate con il materiale di risulta; anche il borgo venne fortificato con un circuito di mura intervallate da torrioni più piccoli e dotate di porte e di un fossato.
L'intervento si inserì in un programma di fortificazione promosso negli stessi anni da Sigismondo in numerose postazioni strategiche del territorio, e in particolare a Verucchio e Montefiore, situate a ridosso dei domini degli acerrimi nemici Montefeltro lungo la valle del Marecchia, di cui Santarcangelo rappresentava la porta d’accesso.
La sconfitta subita nel 1462 a opera di Federico da Montefeltro da Sigismondo, di nuovo in scontro con il papa, costrinse infine i Malatesta a restituire alla Chiesa nel giro di pochi anni gran parte dei domini riminesi, con l'eccezione della capitale, e poi quelli cesenati. Liberatosi dal loro controllo, nella seconda metà del secolo il vicariato di Santarcangelo ottenne dal papa immunità, privilegi e significative integrazioni del suo territorio.

Nello stato della Chiesa: da rocca militare a palazzo signorile
Con il nuovo secolo - fallito il progetto di Cesare Borgia di costituire un Ducato di Romagna, che per breve tempo comprese anche Santarcangelo, e conclusa la successiva occupazione veneziana - il nuovo papa Giulio II cancellò il sistema dei vicariati annettendo tutti i territori romagnoli nella compagine statale, nonostante i tentativi di recuperare con le armi i possedimenti riminesi condotti dall'ultimo Malatesta, Pandolfo IV, nel corso degli anni Venti.
Nel nuovo assetto istituzionale, singoli feudi vennero concessi a famiglie di provata fedeltà, o come compenso per meriti acquisiti sul campo: nel 1530 la rocca di Santarcangelo venne così data agli Zampeschi, stirpe di condottieri che tra Quattro e Cinquecento avevano combattuto per la Chiesa, consolidando un vasto patrimonio in diverse parti della Romagna. Solo quattro anni dopo, in cambio del vicariato perpetuo di Forlimpopoli, i nuovi signori restituivano al papa la rocca, passata poi ai Pallavicino e ad altri casati.
Le famiglie che si successero per tre secoli nell'edificio lo trasformarono, specie negli interni, privilegiando le funzioni residenziali rispetto a quelle militari, ormai offuscate – qui come nelle altre rocche romagnole – dalla relativa stabilità politica e dall'innovazione delle tecniche belliche. Anche le mura di Santarcangelo persero la loro connotazione difensiva, e a partire dal Settecento, quando iniziò l’espansione in pianura dell’insediamento, furono utilizzate come sferisterio per il gioco del pallone o del bracciale.

L’Otto e il Novecento
Nell'Ottocento continuò il riutilizzo delle antiche strutture difensive con la trasformazione in carcere di uno dei torrioni delle mura, mentre alla fine del secolo la torre civica del Campanone, in rovina da cento anni, fu ricostruita in forme neogotiche.
Nel 1903 la rocca fu acquistata dai conti Rasponi, proprietari anche del castello di Ribano, dai quali passò in eredità agli Spalletti e poi ai Colonna di Paliano, tuttora proprietari del complesso.
Oggi la rocca, visibile all'esterno ma abitata, è sede dell’Associazione Sigismondo Malatesta che promuove iniziative e progetti di studio di carattere comparatistico e interdisciplinare, e organizzare mostre e altri eventi all’interno del complesso.


VISITA
La rocca a pianta quadrata domina con il grande mastio il centro storico di Santarcangelo, disposto a spirale attorno al colle. Le mura dell’edificio, a base fortemente scarpata, sono chiuse ai vertici da altre tre possenti torri poligonali.
Un ponte in muratura sul fossato – che sostituisce il vecchio ponte levatoio di cui rimangono alcune tracce - conduce alla corte, dove una lapide ricorda i lavori eseguiti da Sigismondo Pandolfo Malatesta nel 1447.
Il palazzo padronale è frutto degli interventi operati tra Cinquecento e Ottocento, che suddivisero gli ambienti interni per rispondere alle esigenze residenziali; due ampie stanze con soffitto a cassettoni e pavimento in mattoni sono arredate con notevoli mobili antichi. Dal palazzo si giunge al mastio quadrangolare, che nonostante il sensibile ridimensionamento in altezza realizzato nel 1447, con oltre 50 metri di lato presenta ancora dimensioni imponenti; al suo interno, una grande sala con volta a botte ospita incontri e conferenze.
Delle mura di Sigismondo Pandolfo - che correvano dalla cima alla base del colle costeggiando il crinale - rimangono alcuni tratti, due dei numerosi torrioni di varia forma un tempo esistenti, e la porta Cervese dalla quale proveniva il prezioso sale, che ha mantenuto la sua originaria struttura quadrangolare. Sul punto più alto della cinta muraria sul colle, la porta del Campanone vecchio, forse del XII secolo, costituiva probabilmente l’accesso all’antico castrum santarcangiolese, distrutto e poi ricostruito da Carlo Malatesta reimpiegando materiali della precedente struttura. Poco lontano è la torre campanaria, che già in rovina nel XVIII secolo venne ricostruita a fine Ottocento in forme neogotiche.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Marecchia,
via Marecchiese Aretina,
via Emilia
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Malatesta,
Zampeschi
Bibliografia
via Rocca Malatestiana, 4
Santarcangelo di Romagna (RN)
tel 0541 624270 (IAT), 335-5626365
Nella Romagna sud-orientale, Santarcangelo è situata a poca distanza da Rimini su un colle prospiciente la via Emilia, allo sbocco in pianura dei fiumi Marecchia e Uso.

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Da Rimini a Rimini
Colonizzata dai romani nell’ambito di Ariminum e favorita dalla vicinanza alla via Emilia, questa area fu poi parte dell’Esarcato ravennate e della ‘romanìola’ donata dai re franchi al papa nel secolo VIII.
Centro organizzativo dell’insediamento nell'alto medioevo fu la pieve di San Michele Arcangelo - situata in uno spazio pianeggiante all'innesto dell'importante percorso appenninico che congiungeva Riminese e Aretino lungo la valle del Marecchia - mentre sulla cima del vicino colle di Giove si sviluppò in seguito un castrum, fortificato nel XII secolo.
Afferente alla chiesa riminese, qui titolare di antichi diritti, e dato da Federico Barbarossa al monastero ravennate di Sant’Apollinare nel 1164, Santarcangelo fu poi a lungo oggetto dei tentativi del comune di Rimini di consolidarvi il proprio controllo, in contrasto con la sua stessa diocesi e con i tentativi espansionistici di Cesena e Bologna nell'area.

Il vicariato di Santarcangelo
Nel 1301 il Papa - che nel 1278 aveva visto riconosciuti dall’impero i suoi diritti sulla Romagna – istituì Santarcangelo in vicariato autonomo, per contrastare le insistite mire espansionistiche dei Malatesta, protagonisti delle lotte comunali e da fine Duecento signori di fatto di Rimini.
Nel corso del Trecento i Malatesta lanciarono un'aggressiva campagna di conquista che li portò ad impadronirsi delle Marche e di parte della Romagna, opponendoli al Papa in una lunga lotta conclusa solo a metà secolo con le sconfitte loro inflitte dal cardinale Albornoz.
Il rientro nei ranghi della Chiesa ottenne loro il vicariato apostolico di Rimini, Pesaro, Fano e Fossombrone, ma non quello di Santarcangelo, ricostituito nel 1358 con numerosi castelli di pianura e di collina ancora al fine di creare un anello di contenimento dell'ambizioso casato.

La rocca dei Malatesta: da Carlo a Sigismondo Pandolfo
Negli anni Settanta del Trecento i signori di Rimini ottennero finalmente, nonostante gli sforzi del papa e le spinte autonomistiche locali, il controllo del vicariato santarcangiolese, assicurandosi poi anche il Cesenate.
Ripreso e distrutto il castello, che si era ribellato sotto la guida della famiglia Ballacchi, nel 1386 Carlo Malatesta lo ricostruì facendone una potente rocca, con un maschio quadrangolare considerato il più alto in Italia, e ottenendo cinque anni dopo la concessione formale del vicariato.
Nel 1447 Sigismondo Pandolfo – rimasto unico signore del Riminese dopo la spartizione dei domini del casato con il fratello, che aveva avuto Cesena - ristrutturò completamente l’edificio adeguandolo alle moderne tecniche delle armi da fuoco. Abbassato sensibilmente il maschio, tre possenti torri 'minori' e una cinta muraria fortemente scarpata furono realizzate con il materiale di risulta; anche il borgo venne fortificato con un circuito di mura intervallate da torrioni più piccoli e dotate di porte e di un fossato.
L'intervento si inserì in un programma di fortificazione promosso negli stessi anni da Sigismondo in numerose postazioni strategiche del territorio, e in particolare a Verucchio e Montefiore, situate a ridosso dei domini degli acerrimi nemici Montefeltro lungo la valle del Marecchia, di cui Santarcangelo rappresentava la porta d’accesso.
La sconfitta subita nel 1462 a opera di Federico da Montefeltro da Sigismondo, di nuovo in scontro con il papa, costrinse infine i Malatesta a restituire alla Chiesa nel giro di pochi anni gran parte dei domini riminesi, con l'eccezione della capitale, e poi quelli cesenati. Liberatosi dal loro controllo, nella seconda metà del secolo il vicariato di Santarcangelo ottenne dal papa immunità, privilegi e significative integrazioni del suo territorio.

Nello stato della Chiesa: da rocca militare a palazzo signorile
Con il nuovo secolo - fallito il progetto di Cesare Borgia di costituire un Ducato di Romagna, che per breve tempo comprese anche Santarcangelo, e conclusa la successiva occupazione veneziana - il nuovo papa Giulio II cancellò il sistema dei vicariati annettendo tutti i territori romagnoli nella compagine statale, nonostante i tentativi di recuperare con le armi i possedimenti riminesi condotti dall'ultimo Malatesta, Pandolfo IV, nel corso degli anni Venti.
Nel nuovo assetto istituzionale, singoli feudi vennero concessi a famiglie di provata fedeltà, o come compenso per meriti acquisiti sul campo: nel 1530 la rocca di Santarcangelo venne così data agli Zampeschi, stirpe di condottieri che tra Quattro e Cinquecento avevano combattuto per la Chiesa, consolidando un vasto patrimonio in diverse parti della Romagna. Solo quattro anni dopo, in cambio del vicariato perpetuo di Forlimpopoli, i nuovi signori restituivano al papa la rocca, passata poi ai Pallavicino e ad altri casati.
Le famiglie che si successero per tre secoli nell'edificio lo trasformarono, specie negli interni, privilegiando le funzioni residenziali rispetto a quelle militari, ormai offuscate – qui come nelle altre rocche romagnole – dalla relativa stabilità politica e dall'innovazione delle tecniche belliche. Anche le mura di Santarcangelo persero la loro connotazione difensiva, e a partire dal Settecento, quando iniziò l’espansione in pianura dell’insediamento, furono utilizzate come sferisterio per il gioco del pallone o del bracciale.

L’Otto e il Novecento
Nell'Ottocento continuò il riutilizzo delle antiche strutture difensive con la trasformazione in carcere di uno dei torrioni delle mura, mentre alla fine del secolo la torre civica del Campanone, in rovina da cento anni, fu ricostruita in forme neogotiche.
Nel 1903 la rocca fu acquistata dai conti Rasponi, proprietari anche del castello di Ribano, dai quali passò in eredità agli Spalletti e poi ai Colonna di Paliano, tuttora proprietari del complesso.
Oggi la rocca, visibile all'esterno ma abitata, è sede dell’Associazione Sigismondo Malatesta che promuove iniziative e progetti di studio di carattere comparatistico e interdisciplinare, e organizzare mostre e altri eventi all’interno del complesso.


VISITA
La rocca a pianta quadrata domina con il grande mastio il centro storico di Santarcangelo, disposto a spirale attorno al colle. Le mura dell’edificio, a base fortemente scarpata, sono chiuse ai vertici da altre tre possenti torri poligonali.
Un ponte in muratura sul fossato – che sostituisce il vecchio ponte levatoio di cui rimangono alcune tracce - conduce alla corte, dove una lapide ricorda i lavori eseguiti da Sigismondo Pandolfo Malatesta nel 1447.
Il palazzo padronale è frutto degli interventi operati tra Cinquecento e Ottocento, che suddivisero gli ambienti interni per rispondere alle esigenze residenziali; due ampie stanze con soffitto a cassettoni e pavimento in mattoni sono arredate con notevoli mobili antichi. Dal palazzo si giunge al mastio quadrangolare, che nonostante il sensibile ridimensionamento in altezza realizzato nel 1447, con oltre 50 metri di lato presenta ancora dimensioni imponenti; al suo interno, una grande sala con volta a botte ospita incontri e conferenze.
Delle mura di Sigismondo Pandolfo - che correvano dalla cima alla base del colle costeggiando il crinale - rimangono alcuni tratti, due dei numerosi torrioni di varia forma un tempo esistenti, e la porta Cervese dalla quale proveniva il prezioso sale, che ha mantenuto la sua originaria struttura quadrangolare. Sul punto più alto della cinta muraria sul colle, la porta del Campanone vecchio, forse del XII secolo, costituiva probabilmente l’accesso all’antico castrum santarcangiolese, distrutto e poi ricostruito da Carlo Malatesta reimpiegando materiali della precedente struttura. Poco lontano è la torre campanaria, che già in rovina nel XVIII secolo venne ricostruita a fine Ottocento in forme neogotiche.


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