Bertinoro

Rocca di Bertinoro
Bertinoro

Bertinoro, foto aerea di Nazario Spadoni del castello (1993)
via Frangipane, 6
Bertinoro (FC)
tel 0543 44650
Sulle prime colline alle spalle della via Emilia, sopra Forlimpopoli, Bertinoro domina la pianura dalla cima di un colle incuneato tra le valli del Bidente e del Savio, a metà strada tra l’Adriatico e l’appennino tosco-romagnolo.

Castrum Cesubium, castrum Brittinori
Già in età esarcale questo rilievo, o quello vicino di Monte Maggio, ospitava probabilmente un castrum - parte della linea fortificata a protezione della capitale Ravenna dai Longobardi - che è stato identificato con il Cesubium, uno dei siti della ‘romanìola’ ex-bizantina donati nel secolo VIII dai re franchi al papa. Solo da metà X secolo è però attestata la presenza di un sito fortificato, connesso alla pieve di santa Maria e all’abbazia di santa Maria di Urano, oggi scomparse.
Il suo insediamento viene attribuito da cronache tarde anche all’arrivo da nord di pellegrini ‘britanni’, riflesso nella denominazione di Bretenorium, o simili varianti. Una rapida via transvalliva collegava infatti Bertinoro a Meldola nella vicina valle del Bidente, la maggiore articolazione appenninica della via Romea Germanica proveniente dal Brennero e diretta in Toscana; un'altra strada attraverso le valli congiungeva a Cesena il castrum, ben collegato anche a Forlimpopoli e a Ravenna.

Vescovi e conti
Terreno privilegiato del conflitto tra Papato e Impero, la scena romagnola fu dominata verso la fine del primo millennio anche dagli scontri tra la potente Chiesa di Ravenna e i signori locali ad essa asserviti, legati alle maggiori famiglie dell’antica capitale, che spesso ne pretendevano con la forza beni e diritti.
Discendenti da un casato forse connesso ai ravennati Onesti, duchi di Romagna, già ribellatosi all’alleanza tra Impero e Chiesa ravennate, ai primi del secolo XI i conti di Bertinoro ‘concessero’ - o meglio restituirono - al vescovo il castro sul colle Cesubeo, ottenendo in cambio l’investitura del comitato rurale, ricavato da quello forlimpopolese; a condizione però di distruggere un loro sito fortificato sul colle di Montemaggio, in posizione più elevata e perciò minacciosa per il Cesubeo, trasferendone a Bertinoro gli occupanti.
Una fascia di castelli a sud-ovest di Bertinoro occupata dai duchi di Traversara contribuiva a contenere i conti, separandone i possedimenti da quelli vescovili di Castelnuovo, vicino a Meldola; il territorio bertinorese si protendeva poi in pianura verso Ravenna garantendo alla città un corridoio protetto di accesso ai suoi territori appenninici.

Tra guelfi e ghibellini: il castrum del papa
I conti di Bertinoro rimasero legati all’Impero fino ai primi decenni del XII secolo, quando i nuovi tentativi del papa, riconciliatosi con la Chiesa di Ravenna, di recuperare la Romagna li portarono - forse con un nuovo casato - ad un ribaltamento di alleanze. Il testamento dell’ultimo conte, che alla fine degli anni Settanta lasciò il papa erede dei suoi possedimenti, aprì un’aspra contesa tra Chiesa e Impero per i diritti su Bertinoro, che vide su fronti avversi – a ricalco delle divisioni tra guelfi e ghibellini ravennati - le fazioni locali.
Per buona parte del secolo successivo Bertinoro fu ancora coinvolto nelle feroci lotte fazionarie, che si intrecciarono con le dispute tra le principali città per il controllo del castello, conteso tra Ravenna e l’emergente Forlì e ambito anche da Cesena, Faenza e Rimini.
Alla fine del Duecento, ottenuto il riconoscimento imperiale della sua sovranità sulla ‘provincia’ romagnola e soffocata una violenta ribellione ghibellina incentrata a Forlì, il papa poté imporre la sua piena autorità su Bertinoro. Il Rettore papale aggiunse allora al titolo di conte di Romagna quello di Bertinoro, facendo dell’antico castrum la propria sede. A conferma dell’importanza assunta grazie alla sua posizione strategica, il castello fu rafforzato a più riprese tra Due e Trecento; ‘mirabile e fortissima’ fu la rocca realizzata dal 1319 dal rettore Almerico ad affiancare il castrum di Cesena.

La conquista ordelaffa e la crociata albornoziana
Nella prima metà del Trecento i ghibellini Ordelaffi, signori di Forlì - che a inizio secolo avevano tenuto Bertinoro, edificandovi nel 1306 il palazzo comunale - guidarono una nuova ribellione contro il papato avignonese, conquistando Cesena e Meldola e occupando nuovamente la rocca di Bertinoro nel 1350 dopo un formidabile assedio posto con ‘mangani e trabucchi e ingegni artificiosi’.
Nel giro di pochi anni la ‘crociata’ del cardinale Albornoz consentì alla Chiesa di recuperare le posizioni perdute; Bertinoro fu riconquistata nel 1357 grazie al signore di Rimini Galeotto Malatesta, che aveva ripreso anche Cesena, e la sua rocca, debitamente rinforzata, divenne sede del comando operativo dell’esercito papale per l’attacco finale a Forlì e Forlimpopoli.
Terminata la guerra nel 1359 con l’instaurazione di un governo legatizio nei territori ribelli, due anni dopo Bertinoro divenne città grazie al trasferimento della sede vescovile da Forlimpopoli – che era stata distrutta e ‘declassata’ per essersi ribellata al nuovo ordine - unendo le funzioni ecclesiastiche a quelle amministrative e militari, testimoniate dai ripetuti rifacimenti delle mura.

Bertinoro malatestiana
Verso la fine del Trecento Bertinoro entrò pienamente nell’orbita malatestiana, con un ennesimo riorientamento del suo ambito di riferimento, questa volta in direzione di Rimini e Cesena.
Nei tardi anni Settanta, nel corso della guerra tra la Chiesa e Firenze, Galeotto Malatesta era infatti riuscito a occupare di nuovo Cesena, e poi Meldola e Bertinoro, sottraendole per sempre all'influenza forlivese grazie al vicariato apostolico, e consolidando l’espansione a nordovest del casato riminese; nel 1394 i Malatesta poterono infine acquistare Bertinoro per 22.000 fiorini d’oro dal papa, costretto dalle difficoltà finanziarie a vendere anche Castrocaro ai Fiorentini.
I Malatesta mantennero il controllo di Bertinoro per buona parte del Quattrocento, mentre si confermava il ruolo strategico della valle del Bidente, divenuta ora la cerniera tra i territori romagnoli della Chiesa e la Romagna ‘fiorentina’ nata a spese di quelli. Importanti interventi sulla rocca furono promossi in particolare da Domenico detto Malatesta Novello, che dal 1437 si era assicurato i possessi cesenati del casato in occasione della spartizione dei domini con il fratello Sigismondo Pandolfo.
Alle opere tese a migliorare le capacità difensive del complesso – con il consolidamento delle strutture, il rifacimento dei torrioni, l’inserimento di imponenti apparati a scarpa nelle mura settentrionali - si affiancarono quelle di valorizzazione della sua funzione residenziale. Divenuta sede stagionale della corte dopo il trasferimento a Cesena nel 1447 di Malatesta Novello e della moglie Violante da Montefeltro, la rocca ospitò anche parte dell’officina libraria del signore, che produsse importanti opere per la grande biblioteca da lui promossa a Cesena.
Le controversie con il papa innescate nel 1463 dalla vendita di Cervia a Venezia – che dopo l’annessione di Ravenna cercava di espandersi ancor più in Romagna - costrinsero Malatesta Novello ad accettare la restituzione alla sua morte, avvenuta due anni dopo, di Cesena e Bertinoro alla Chiesa. A fine secolo Bertinoro fu così data da papa Alessandro al figlio Alessandro Borgia, a sostegno del suo effimero tentativo di crearsi un dominio in Romagna che lo portò anche ad acquistare da Pandolfo IV Rimini, Meldola e Sarsina.

Nello Stato della Chiesa: una piccola signoria per i Pio
Con il nuovo secolo, recuperata Bertinoro fin dal 1503 e riconfermato il controllo sulla Romagna dopo la sconfitta di Venezia ad Agnadello, il nuovo papa Giulio II favorì l’annessione diretta dei territori romagnoli nella compagine statale, cancellando il sistema dei vicariati signorili e assegnando singoli feudi a famiglie di provata fedeltà.
Il governatorato di Bertinoro andò così a integrare il piccolo stato con capitale Meldola che Leonello Pio, presidente della Provincia di Romagna, poté formare unendo al feudo papale di Meldola e Sarsina - ereditato nel 1531 dal fratello Alberto, ultimo signore di Carpi - i diritti su Verucchio e Scorticata (oggi Torriana) ottenuti attraverso la moglie Ippolita Comneno.
La signoria dei Pio ebbe vita breve: già nel 1480, alla morte del figlio di Leonello, Bertinoro tornava alla Santa Sede, e a fine secolo l’ultimo del casato fu costretto dai debiti a rinunciare anche agli altri possedimenti.

Da palazzo del vescovo a sede universitaria e museale
Sotto il governo della Chiesa le più stabili condizioni politiche e gli sviluppi delle tecniche belliche esautorarono progressivamente le obsolete fortificazioni romagnole delle loro funzioni militari. Dal 1584 i vescovi di Bertinoro – fino ad allora insediati in una modesta residenza del borgo - ottennero così dal papa il diritto di risiedere nella rocca, arricchendone nel tempo le funzioni di rappresentanza con una serie di interventi decorativi e strutturali negli appartamenti e negli ambienti di servizio.
I terremoti che nei secoli successivi colpirono la valle del Bidente danneggiarono pesantemente l’edificio: gravi danni furono provocati in particolare dal terribile sisma del 1870, che distrusse anche la splendida reggia meldolese dei Pio. Nel 1927 crollò la torre campanaria di Bertinoro, ricostruita solo parzialmente quattro anni dopo, e nel 1944 la rocca, divenuta sede del comando della Wehermacht, fu oggetto di un imponente bombardamento alleato; pesanti modifiche all’edificio furono appartate dai restauri postbellici.
L’ultimo vescovo di Bertinoro residente nella rocca morì nel 1969; l’edificio perse però formalmente la sua funzione di sede vescovile solo a metà degli anni Ottanta, al termine del lungo processo di riunificazione delle diocesi di Bertinoro e Forlì.
Un importante progetto di recupero e rifunzionalizzazione, avviato a fine Novecento con la concessione in comodato d’uso all’Università di Bologna e concluso nel 2002, ha consentito la rinascita del complesso, oggi sede del Museo Interreligioso e del Centro Residenziale Universitario di Bertinoro, che svolge attività di alta formazione universitaria e organizza congressi per enti di ricerca ed aziende private.

VISITA
L’imponente rocca si staglia su un affioramento di sasso spungone che domina le vallate circostanti; sui fianchi del colle si snoda il borgo di impianto medievale, in parte ancora circondato dalle mura. A pianta pressoché pentagonale, l'edificio si estende a sud-ovest con un corpo fortificato che si conclude con un rivellino a pianta quadrata, collegato alla rocca da un camminamento militare.
La struttura odierna è frutto degli interventi operati a fine Cinquecento per realizzare il palazzo vescovile. Un portale ad arco ribassato conduce alla corte interna; da qui si accede al Museo Interreligioso, ospitato nelle antiche carceri, che illustra con documenti, oggetti e arredi sacri le radici comuni di Ebraismo, Cristianesimo e Islam. In questa area sono anche la cisterna per la raccolta dell’acqua piovana e le grotte per la conservazione degli alimenti. Ampie tracce di decorazioni secentesche connotano il piano nobile del palazzo; la sala da pranzo del vescovo, in particolare, presenta un ciclo di affreschi realizzati nel 1613 da Corradino Romano; è qui visibile anche lo stemma araldico dei Malatesta cesenati, la rosa bianca in campo azzurro. Rocca e rivellino ospitano le aule destinate all’attività universitaria e congressuale, insieme a diversi ambienti a uso foresteria.
Il borgo – le cui porte si aprivano un tempo verso Meldola, Forlì, Cesena e Ravenna, a testimoniarne gli articolati rapporti territoriali - è in parte ancora circondato da mura; un’iscrizione posta sull’imponente apparato settentrionale a scarpa ne celebra il rafforzamento operato sotto i Malatesta.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Bidente e Ronco
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Bertinoro (conti di),
Ordelaffi,
Malatesta,
Pio
Arte e Architettura

Stili architettonici e decorativi nel castello:

Rinascimento e Manierismo
Storie e Percorsi

Itinerari tematici e storici tra i castelli:

Albornoz: la reconquista della Romagna,
Fascismo Guerra Resistenza
Bibliografia
via Frangipane, 6
Bertinoro (FC)
tel 0543 44650
Sulle prime colline alle spalle della via Emilia, sopra Forlimpopoli, Bertinoro domina la pianura dalla cima di un colle incuneato tra le valli del Bidente e del Savio, a metà strada tra l’Adriatico e l’appennino tosco-romagnolo.

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Castrum Cesubium, castrum Brittinori
Già in età esarcale questo rilievo, o quello vicino di Monte Maggio, ospitava probabilmente un castrum - parte della linea fortificata a protezione della capitale Ravenna dai Longobardi - che è stato identificato con il Cesubium, uno dei siti della ‘romanìola’ ex-bizantina donati nel secolo VIII dai re franchi al papa. Solo da metà X secolo è però attestata la presenza di un sito fortificato, connesso alla pieve di santa Maria e all’abbazia di santa Maria di Urano, oggi scomparse.
Il suo insediamento viene attribuito da cronache tarde anche all’arrivo da nord di pellegrini ‘britanni’, riflesso nella denominazione di Bretenorium, o simili varianti. Una rapida via transvalliva collegava infatti Bertinoro a Meldola nella vicina valle del Bidente, la maggiore articolazione appenninica della via Romea Germanica proveniente dal Brennero e diretta in Toscana; un'altra strada attraverso le valli congiungeva a Cesena il castrum, ben collegato anche a Forlimpopoli e a Ravenna.

Vescovi e conti
Terreno privilegiato del conflitto tra Papato e Impero, la scena romagnola fu dominata verso la fine del primo millennio anche dagli scontri tra la potente Chiesa di Ravenna e i signori locali ad essa asserviti, legati alle maggiori famiglie dell’antica capitale, che spesso ne pretendevano con la forza beni e diritti.
Discendenti da un casato forse connesso ai ravennati Onesti, duchi di Romagna, già ribellatosi all’alleanza tra Impero e Chiesa ravennate, ai primi del secolo XI i conti di Bertinoro ‘concessero’ - o meglio restituirono - al vescovo il castro sul colle Cesubeo, ottenendo in cambio l’investitura del comitato rurale, ricavato da quello forlimpopolese; a condizione però di distruggere un loro sito fortificato sul colle di Montemaggio, in posizione più elevata e perciò minacciosa per il Cesubeo, trasferendone a Bertinoro gli occupanti.
Una fascia di castelli a sud-ovest di Bertinoro occupata dai duchi di Traversara contribuiva a contenere i conti, separandone i possedimenti da quelli vescovili di Castelnuovo, vicino a Meldola; il territorio bertinorese si protendeva poi in pianura verso Ravenna garantendo alla città un corridoio protetto di accesso ai suoi territori appenninici.

Tra guelfi e ghibellini: il castrum del papa
I conti di Bertinoro rimasero legati all’Impero fino ai primi decenni del XII secolo, quando i nuovi tentativi del papa, riconciliatosi con la Chiesa di Ravenna, di recuperare la Romagna li portarono - forse con un nuovo casato - ad un ribaltamento di alleanze. Il testamento dell’ultimo conte, che alla fine degli anni Settanta lasciò il papa erede dei suoi possedimenti, aprì un’aspra contesa tra Chiesa e Impero per i diritti su Bertinoro, che vide su fronti avversi – a ricalco delle divisioni tra guelfi e ghibellini ravennati - le fazioni locali.
Per buona parte del secolo successivo Bertinoro fu ancora coinvolto nelle feroci lotte fazionarie, che si intrecciarono con le dispute tra le principali città per il controllo del castello, conteso tra Ravenna e l’emergente Forlì e ambito anche da Cesena, Faenza e Rimini.
Alla fine del Duecento, ottenuto il riconoscimento imperiale della sua sovranità sulla ‘provincia’ romagnola e soffocata una violenta ribellione ghibellina incentrata a Forlì, il papa poté imporre la sua piena autorità su Bertinoro. Il Rettore papale aggiunse allora al titolo di conte di Romagna quello di Bertinoro, facendo dell’antico castrum la propria sede. A conferma dell’importanza assunta grazie alla sua posizione strategica, il castello fu rafforzato a più riprese tra Due e Trecento; ‘mirabile e fortissima’ fu la rocca realizzata dal 1319 dal rettore Almerico ad affiancare il castrum di Cesena.

La conquista ordelaffa e la crociata albornoziana
Nella prima metà del Trecento i ghibellini Ordelaffi, signori di Forlì - che a inizio secolo avevano tenuto Bertinoro, edificandovi nel 1306 il palazzo comunale - guidarono una nuova ribellione contro il papato avignonese, conquistando Cesena e Meldola e occupando nuovamente la rocca di Bertinoro nel 1350 dopo un formidabile assedio posto con ‘mangani e trabucchi e ingegni artificiosi’.
Nel giro di pochi anni la ‘crociata’ del cardinale Albornoz consentì alla Chiesa di recuperare le posizioni perdute; Bertinoro fu riconquistata nel 1357 grazie al signore di Rimini Galeotto Malatesta, che aveva ripreso anche Cesena, e la sua rocca, debitamente rinforzata, divenne sede del comando operativo dell’esercito papale per l’attacco finale a Forlì e Forlimpopoli.
Terminata la guerra nel 1359 con l’instaurazione di un governo legatizio nei territori ribelli, due anni dopo Bertinoro divenne città grazie al trasferimento della sede vescovile da Forlimpopoli – che era stata distrutta e ‘declassata’ per essersi ribellata al nuovo ordine - unendo le funzioni ecclesiastiche a quelle amministrative e militari, testimoniate dai ripetuti rifacimenti delle mura.

Bertinoro malatestiana
Verso la fine del Trecento Bertinoro entrò pienamente nell’orbita malatestiana, con un ennesimo riorientamento del suo ambito di riferimento, questa volta in direzione di Rimini e Cesena.
Nei tardi anni Settanta, nel corso della guerra tra la Chiesa e Firenze, Galeotto Malatesta era infatti riuscito a occupare di nuovo Cesena, e poi Meldola e Bertinoro, sottraendole per sempre all'influenza forlivese grazie al vicariato apostolico, e consolidando l’espansione a nordovest del casato riminese; nel 1394 i Malatesta poterono infine acquistare Bertinoro per 22.000 fiorini d’oro dal papa, costretto dalle difficoltà finanziarie a vendere anche Castrocaro ai Fiorentini.
I Malatesta mantennero il controllo di Bertinoro per buona parte del Quattrocento, mentre si confermava il ruolo strategico della valle del Bidente, divenuta ora la cerniera tra i territori romagnoli della Chiesa e la Romagna ‘fiorentina’ nata a spese di quelli. Importanti interventi sulla rocca furono promossi in particolare da Domenico detto Malatesta Novello, che dal 1437 si era assicurato i possessi cesenati del casato in occasione della spartizione dei domini con il fratello Sigismondo Pandolfo.
Alle opere tese a migliorare le capacità difensive del complesso – con il consolidamento delle strutture, il rifacimento dei torrioni, l’inserimento di imponenti apparati a scarpa nelle mura settentrionali - si affiancarono quelle di valorizzazione della sua funzione residenziale. Divenuta sede stagionale della corte dopo il trasferimento a Cesena nel 1447 di Malatesta Novello e della moglie Violante da Montefeltro, la rocca ospitò anche parte dell’officina libraria del signore, che produsse importanti opere per la grande biblioteca da lui promossa a Cesena.
Le controversie con il papa innescate nel 1463 dalla vendita di Cervia a Venezia – che dopo l’annessione di Ravenna cercava di espandersi ancor più in Romagna - costrinsero Malatesta Novello ad accettare la restituzione alla sua morte, avvenuta due anni dopo, di Cesena e Bertinoro alla Chiesa. A fine secolo Bertinoro fu così data da papa Alessandro al figlio Alessandro Borgia, a sostegno del suo effimero tentativo di crearsi un dominio in Romagna che lo portò anche ad acquistare da Pandolfo IV Rimini, Meldola e Sarsina.

Nello Stato della Chiesa: una piccola signoria per i Pio
Con il nuovo secolo, recuperata Bertinoro fin dal 1503 e riconfermato il controllo sulla Romagna dopo la sconfitta di Venezia ad Agnadello, il nuovo papa Giulio II favorì l’annessione diretta dei territori romagnoli nella compagine statale, cancellando il sistema dei vicariati signorili e assegnando singoli feudi a famiglie di provata fedeltà.
Il governatorato di Bertinoro andò così a integrare il piccolo stato con capitale Meldola che Leonello Pio, presidente della Provincia di Romagna, poté formare unendo al feudo papale di Meldola e Sarsina - ereditato nel 1531 dal fratello Alberto, ultimo signore di Carpi - i diritti su Verucchio e Scorticata (oggi Torriana) ottenuti attraverso la moglie Ippolita Comneno.
La signoria dei Pio ebbe vita breve: già nel 1480, alla morte del figlio di Leonello, Bertinoro tornava alla Santa Sede, e a fine secolo l’ultimo del casato fu costretto dai debiti a rinunciare anche agli altri possedimenti.

Da palazzo del vescovo a sede universitaria e museale
Sotto il governo della Chiesa le più stabili condizioni politiche e gli sviluppi delle tecniche belliche esautorarono progressivamente le obsolete fortificazioni romagnole delle loro funzioni militari. Dal 1584 i vescovi di Bertinoro – fino ad allora insediati in una modesta residenza del borgo - ottennero così dal papa il diritto di risiedere nella rocca, arricchendone nel tempo le funzioni di rappresentanza con una serie di interventi decorativi e strutturali negli appartamenti e negli ambienti di servizio.
I terremoti che nei secoli successivi colpirono la valle del Bidente danneggiarono pesantemente l’edificio: gravi danni furono provocati in particolare dal terribile sisma del 1870, che distrusse anche la splendida reggia meldolese dei Pio. Nel 1927 crollò la torre campanaria di Bertinoro, ricostruita solo parzialmente quattro anni dopo, e nel 1944 la rocca, divenuta sede del comando della Wehermacht, fu oggetto di un imponente bombardamento alleato; pesanti modifiche all’edificio furono appartate dai restauri postbellici.
L’ultimo vescovo di Bertinoro residente nella rocca morì nel 1969; l’edificio perse però formalmente la sua funzione di sede vescovile solo a metà degli anni Ottanta, al termine del lungo processo di riunificazione delle diocesi di Bertinoro e Forlì.
Un importante progetto di recupero e rifunzionalizzazione, avviato a fine Novecento con la concessione in comodato d’uso all’Università di Bologna e concluso nel 2002, ha consentito la rinascita del complesso, oggi sede del Museo Interreligioso e del Centro Residenziale Universitario di Bertinoro, che svolge attività di alta formazione universitaria e organizza congressi per enti di ricerca ed aziende private.

VISITA
L’imponente rocca si staglia su un affioramento di sasso spungone che domina le vallate circostanti; sui fianchi del colle si snoda il borgo di impianto medievale, in parte ancora circondato dalle mura. A pianta pressoché pentagonale, l'edificio si estende a sud-ovest con un corpo fortificato che si conclude con un rivellino a pianta quadrata, collegato alla rocca da un camminamento militare.
La struttura odierna è frutto degli interventi operati a fine Cinquecento per realizzare il palazzo vescovile. Un portale ad arco ribassato conduce alla corte interna; da qui si accede al Museo Interreligioso, ospitato nelle antiche carceri, che illustra con documenti, oggetti e arredi sacri le radici comuni di Ebraismo, Cristianesimo e Islam. In questa area sono anche la cisterna per la raccolta dell’acqua piovana e le grotte per la conservazione degli alimenti. Ampie tracce di decorazioni secentesche connotano il piano nobile del palazzo; la sala da pranzo del vescovo, in particolare, presenta un ciclo di affreschi realizzati nel 1613 da Corradino Romano; è qui visibile anche lo stemma araldico dei Malatesta cesenati, la rosa bianca in campo azzurro. Rocca e rivellino ospitano le aule destinate all’attività universitaria e congressuale, insieme a diversi ambienti a uso foresteria.
Il borgo – le cui porte si aprivano un tempo verso Meldola, Forlì, Cesena e Ravenna, a testimoniarne gli articolati rapporti territoriali - è in parte ancora circondato da mura; un’iscrizione posta sull’imponente apparato settentrionale a scarpa ne celebra il rafforzamento operato sotto i Malatesta.


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