Salsomaggiore Terme

Castello di Tabiano
Salsomaggiore Terme

Castello di Tabiano, su gentile concessione dell'Associazione Castelli del Ducato di Parma e Piacenza
via Tabiano Castello, 1
loc. Tabiano
Salsomaggiore Terme (PR)
Nelle colline occidentali del parmense prospicienti il territorio piacentino, a sud di Fidenza e a poca distanza da Salsomaggiore, il castello di Tabiano domina da uno sprone roccioso la valle dello Stirone e la pianura padana.

Tra Parma e Piacenza: un presidio strategico
In un’area già insediata da romani e longobardi, poi afferente al vescovo di Parma, il castrum sorse in epoca incerta tra il X e la prima metà del XII secolo, imponendosi come presidio strategico della potente rete difensiva impiantata dagli obertenghi Pallavicino tra Taro e Arda, a controllo delle comunicazioni tra Emilia, Toscana, Liguria e delle vie francigene dirette a Roma, nonché dei pozzi di sale della vicina Salso.
Il ruolo di primo piano esercitato dai Pallavicino nello schieramento filo-imperiale coinvolse a più riprese Tabiano nelle guerre tra Parma e Piacenza per il controllo dell’area di confine incentrata su Borgo San Donnino, l’odierna Fidenza.
Fin dal 1145 Oberto I aveva appoggiato la causa di Piacenza, trasferendo al comune i suoi beni posti nel territorio ecclesiastico parmense sulla riva sinistra del Taro in cambio del loro infeudamento, operazione che mirava anche a risolvere le dispute patrimoniali tra i suoi eredi. Ribellatosi al padre e al fratello Guglielmo, concessionario dei domini piacentini e probabile destinatario dell’intera eredità, e alleatosi a Parma e Cremona, il figlio Dalfino – a cui era andata la gestione di Tabiano e dei feudi parmensi – si asserragliò nel castello, che venne distrutto da Piacenza nel 1450 dopo ripetuti assalti.
Riavuto il castello dall’imperatore Barbarossa nel 1153, Dalfino provvide a ricostruirlo e fortificarlo, per lasciarlo poi in eredità nel 1180 al capitolo della cattedrale parmense, che lo conferì con altri ampi possedimenti lungo il Taro ai suoi vassalli da Cornazzano, antichi nemici dei Pallavicino.
Nel 1249 l'imperatore Federico II investì l’alleato Oberto II Pallavicino di un gran numero di beni posti tra Piacenza, Parma e Cremona, compresi i diritti su Tabiano e sulle saline di Salso e Cento Pozzi. I Pallavicino poterono così affermarsi come i maggiori produttori e commercianti del prezioso elemento, che veniva trasferito nel nord Italia con il legname dei loro feudi appenninici attraverso il medio corso del Po di fronte a Cremona, difeso da una rete di fortezze. Non per questo cessò l’interesse di Parma per Tabiano, ripreso dai guelfi cittadini meno di due decenni dopo a seguito della definitiva sconfitta degli Hohenstaufen.

Lo 'stato' pallavicino
Passato al ramo pallavicino di Scipione e poi a quello bussetano, Tabiano venne recuperato stabilmente dai Pallavicino nel corso del Trecento anche grazie all’alleanza con i Visconti, i signori di Milano che stavano allora consolidando la loro egemonia sull’Emilia occidentale, riaffermata nella seconda metà del secolo con un breve periodo di controllo diretto del castello.
Nel 1389 Tabiano venne confermato dall’imperatore a Niccolò Pallavicino, e nel 1413 divenne parte del marchionatu Palavicino ac Burgo Sancto Donino assegnato al figlio Rolando ‘il grande’, formalizzando la semi-autonomia giuridica e politica da Parma e da Piacenza dello ‘stato’ pallavicino, con capitale a Busseto e Cortemaggiore.
Il riconoscimento della signoria da parte di Filippo Maria Visconti non impedì peraltro a Rolando di ribellarsi al duca per sposare la causa veneziana, subendo nel 1441 la confisca e l’infeudamento al condottiero Niccolò Piccinino di Tabiano e degli altri suoi beni, restituitigli poco dopo in cambio della pacificazione.

Da fortezza a dimora signorile
La pace di Lodi del 1454 pose le basi per un ridimensionamento dell’autonomia delle formazioni signorili: i conflitti per l’eredità di Rolando consentirono così nel 1458 alla camera ducale milanese, ora degli Sforza, di assorbire i beni del marchesato redistribuendoli in feudo pro quota ai figli. Tabiano fu assegnato, con Castellina di Soragna e metà di Solignano, a Uberto, che elesse Castellina a propria residenza, relegando la fortezza a un ruolo secondario e trascurandone la manutenzione.
A partire da metà Cinquecento l’accentramento imposto dal nuovo ducato farnesiano e la pace di Cateau Cambresis consolidarono il progressivo ridimensionamento della funzione militare di Tabiano - interrotto solo dalla resistenza opposta all’assedio spagnolo del 1636 - e la sua trasformazione in una residenza signorile, centro delle importanti proprietà terriere della famiglia nell’area.
Estinti già a fine Cinquecento i rami di Busseto e Cortemaggiore, nel 1756, alla morte dell’ultimo Pallavicino di Tabiano, il feudo venne confiscato dal ducato parmense. Gran parte delle terre di famiglia rimase invece in proprietà allodiale a Ottavia Pallavicino, passando con il castello per matrimonio ai Landi e da questi nel 1835 agli Scotti Douglas di San Giorgio. Non più abitato dalla famiglia, il castello venne allora occupato da famiglie di fittavoli e lasciato in stato di abbandono.

La rinascita del castello: i Corazza
Nel 1882 l’ultima Scotti Douglas cedette il castello, ancora imponente ma quasi in rovina, il borgo e oltre duecento ettari di terra agli industriali ticinesi Giacomo e Rosa Corazza. Titolari di un’importante attività londinese, i Corazza erano legati al Parmense da vincoli famigliari e attratti anche dalla vicinanza a Salsomaggiore, centro termale di gran moda, dove cogestivano lo “Stabilimento Nuovo” inaugurato l'anno successivo.
I coniugi restaurarono l’edificio secondo gli stilemi dell’imperante revival storicistico per farne la propria residenza, riparando le mura, ripristinando i merli ghibellini e la torre, e affidando ad artigiani locali la decorazione degli ambienti, arricchiti da stucchi, affreschi, specchi e boiseries.
Nei primi decenni del Novecento il figlio Carlo, già proprietario delle terme Berzieri di Salsomaggiore, acquistò nuove terre e ristrutturò gli edifici produttivi, facendo del castello il centro organizzativo di una fiorente e innovativa azienda agricola. Centro della produzione era il Parmigiano Reggiano, le cui forme, prodotte con il latte delle cascine della tenuta e stagionate nei magazzini del castello, venivano vendute nei negozi di proprietà a Salsomaggiore.
Un secolo dopo gli eredi hanno promosso il recupero del castello, destinato a sede di eventi e cerimonie e aperto alle visite dal 2016, e del borgo trasformato in albergo diffuso.
A Tabiano fu girato ‘Ostinato destino’ di Gianfranco Albano (1992).

VISITA
Circondato da un bosco, il castello a pianta rettangolare sorge abbarbicato allo sperone di roccia a picco sulla valle, lungo le cui pendici sorge il borgo.
Rimangono integri importanti resti delle fortificazioni come la cinta muraria in sasso con torri angolari a pianta circolare. Un’imponente torre di guardia a pianta quadrata si eleva sui diversi corpi con facciate in pietra in cui si articola il complesso, integrato da terrazze e da giardini.
Il percorso di visita si snoda attraverso lo scalone d’onore, la cappella privata, le sale con affreschi e stucchi tardo-ottocenteschi tra cui spiccano i saloni degli Specchi e degli Stemmi, la grande terrazza panoramica e i giardini, la porta Rossa, la biblioteca, la cappella privata, le antiche cantine a volta con le grandi botti di rovere.
Dalle mura si apre uno splendido panorama, che abbraccia un ampio spazio dalla pianura padana fino alle Alpi.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Stirone (Taro),
via Romea Francigena | Cisa
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Pallavicino,
Scotti,
Corazza
Arte e Architettura

Stili architettonici e decorativi nel castello:

Storicismo Eclettismo Liberty
Storie e Percorsi

Itinerari tematici e storici tra i castelli:

Salsomaggiore: belle époque e dintorni,
Le rocche al cinema
Bibliografia
via Tabiano Castello, 1
loc. Tabiano
Salsomaggiore Terme (PR)
Nelle colline occidentali del parmense prospicienti il territorio piacentino, a sud di Fidenza e a poca distanza da Salsomaggiore, il castello di Tabiano domina da uno sprone roccioso la valle dello Stirone e la pianura padana.

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Tra Parma e Piacenza: un presidio strategico
In un’area già insediata da romani e longobardi, poi afferente al vescovo di Parma, il castrum sorse in epoca incerta tra il X e la prima metà del XII secolo, imponendosi come presidio strategico della potente rete difensiva impiantata dagli obertenghi Pallavicino tra Taro e Arda, a controllo delle comunicazioni tra Emilia, Toscana, Liguria e delle vie francigene dirette a Roma, nonché dei pozzi di sale della vicina Salso.
Il ruolo di primo piano esercitato dai Pallavicino nello schieramento filo-imperiale coinvolse a più riprese Tabiano nelle guerre tra Parma e Piacenza per il controllo dell’area di confine incentrata su Borgo San Donnino, l’odierna Fidenza.
Fin dal 1145 Oberto I aveva appoggiato la causa di Piacenza, trasferendo al comune i suoi beni posti nel territorio ecclesiastico parmense sulla riva sinistra del Taro in cambio del loro infeudamento, operazione che mirava anche a risolvere le dispute patrimoniali tra i suoi eredi. Ribellatosi al padre e al fratello Guglielmo, concessionario dei domini piacentini e probabile destinatario dell’intera eredità, e alleatosi a Parma e Cremona, il figlio Dalfino – a cui era andata la gestione di Tabiano e dei feudi parmensi – si asserragliò nel castello, che venne distrutto da Piacenza nel 1450 dopo ripetuti assalti.
Riavuto il castello dall’imperatore Barbarossa nel 1153, Dalfino provvide a ricostruirlo e fortificarlo, per lasciarlo poi in eredità nel 1180 al capitolo della cattedrale parmense, che lo conferì con altri ampi possedimenti lungo il Taro ai suoi vassalli da Cornazzano, antichi nemici dei Pallavicino.
Nel 1249 l'imperatore Federico II investì l’alleato Oberto II Pallavicino di un gran numero di beni posti tra Piacenza, Parma e Cremona, compresi i diritti su Tabiano e sulle saline di Salso e Cento Pozzi. I Pallavicino poterono così affermarsi come i maggiori produttori e commercianti del prezioso elemento, che veniva trasferito nel nord Italia con il legname dei loro feudi appenninici attraverso il medio corso del Po di fronte a Cremona, difeso da una rete di fortezze. Non per questo cessò l’interesse di Parma per Tabiano, ripreso dai guelfi cittadini meno di due decenni dopo a seguito della definitiva sconfitta degli Hohenstaufen.

Lo 'stato' pallavicino
Passato al ramo pallavicino di Scipione e poi a quello bussetano, Tabiano venne recuperato stabilmente dai Pallavicino nel corso del Trecento anche grazie all’alleanza con i Visconti, i signori di Milano che stavano allora consolidando la loro egemonia sull’Emilia occidentale, riaffermata nella seconda metà del secolo con un breve periodo di controllo diretto del castello.
Nel 1389 Tabiano venne confermato dall’imperatore a Niccolò Pallavicino, e nel 1413 divenne parte del marchionatu Palavicino ac Burgo Sancto Donino assegnato al figlio Rolando ‘il grande’, formalizzando la semi-autonomia giuridica e politica da Parma e da Piacenza dello ‘stato’ pallavicino, con capitale a Busseto e Cortemaggiore.
Il riconoscimento della signoria da parte di Filippo Maria Visconti non impedì peraltro a Rolando di ribellarsi al duca per sposare la causa veneziana, subendo nel 1441 la confisca e l’infeudamento al condottiero Niccolò Piccinino di Tabiano e degli altri suoi beni, restituitigli poco dopo in cambio della pacificazione.

Da fortezza a dimora signorile
La pace di Lodi del 1454 pose le basi per un ridimensionamento dell’autonomia delle formazioni signorili: i conflitti per l’eredità di Rolando consentirono così nel 1458 alla camera ducale milanese, ora degli Sforza, di assorbire i beni del marchesato redistribuendoli in feudo pro quota ai figli. Tabiano fu assegnato, con Castellina di Soragna e metà di Solignano, a Uberto, che elesse Castellina a propria residenza, relegando la fortezza a un ruolo secondario e trascurandone la manutenzione.
A partire da metà Cinquecento l’accentramento imposto dal nuovo ducato farnesiano e la pace di Cateau Cambresis consolidarono il progressivo ridimensionamento della funzione militare di Tabiano - interrotto solo dalla resistenza opposta all’assedio spagnolo del 1636 - e la sua trasformazione in una residenza signorile, centro delle importanti proprietà terriere della famiglia nell’area.
Estinti già a fine Cinquecento i rami di Busseto e Cortemaggiore, nel 1756, alla morte dell’ultimo Pallavicino di Tabiano, il feudo venne confiscato dal ducato parmense. Gran parte delle terre di famiglia rimase invece in proprietà allodiale a Ottavia Pallavicino, passando con il castello per matrimonio ai Landi e da questi nel 1835 agli Scotti Douglas di San Giorgio. Non più abitato dalla famiglia, il castello venne allora occupato da famiglie di fittavoli e lasciato in stato di abbandono.

La rinascita del castello: i Corazza
Nel 1882 l’ultima Scotti Douglas cedette il castello, ancora imponente ma quasi in rovina, il borgo e oltre duecento ettari di terra agli industriali ticinesi Giacomo e Rosa Corazza. Titolari di un’importante attività londinese, i Corazza erano legati al Parmense da vincoli famigliari e attratti anche dalla vicinanza a Salsomaggiore, centro termale di gran moda, dove cogestivano lo “Stabilimento Nuovo” inaugurato l'anno successivo.
I coniugi restaurarono l’edificio secondo gli stilemi dell’imperante revival storicistico per farne la propria residenza, riparando le mura, ripristinando i merli ghibellini e la torre, e affidando ad artigiani locali la decorazione degli ambienti, arricchiti da stucchi, affreschi, specchi e boiseries.
Nei primi decenni del Novecento il figlio Carlo, già proprietario delle terme Berzieri di Salsomaggiore, acquistò nuove terre e ristrutturò gli edifici produttivi, facendo del castello il centro organizzativo di una fiorente e innovativa azienda agricola. Centro della produzione era il Parmigiano Reggiano, le cui forme, prodotte con il latte delle cascine della tenuta e stagionate nei magazzini del castello, venivano vendute nei negozi di proprietà a Salsomaggiore.
Un secolo dopo gli eredi hanno promosso il recupero del castello, destinato a sede di eventi e cerimonie e aperto alle visite dal 2016, e del borgo trasformato in albergo diffuso.
A Tabiano fu girato ‘Ostinato destino’ di Gianfranco Albano (1992).

VISITA
Circondato da un bosco, il castello a pianta rettangolare sorge abbarbicato allo sperone di roccia a picco sulla valle, lungo le cui pendici sorge il borgo.
Rimangono integri importanti resti delle fortificazioni come la cinta muraria in sasso con torri angolari a pianta circolare. Un’imponente torre di guardia a pianta quadrata si eleva sui diversi corpi con facciate in pietra in cui si articola il complesso, integrato da terrazze e da giardini.
Il percorso di visita si snoda attraverso lo scalone d’onore, la cappella privata, le sale con affreschi e stucchi tardo-ottocenteschi tra cui spiccano i saloni degli Specchi e degli Stemmi, la grande terrazza panoramica e i giardini, la porta Rossa, la biblioteca, la cappella privata, le antiche cantine a volta con le grandi botti di rovere.
Dalle mura si apre uno splendido panorama, che abbraccia un ampio spazio dalla pianura padana fino alle Alpi.


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