Montechiarugolo

Castello di Montechiarugolo
Montechiarugolo

Castello di Montechiarugolo, su gentile concessione dell'Associazione Castelli del Ducato di Parma e Piacenza
piazza Mazzini, 1
Montechiarugolo (PR)
tel 340 7026144 – 338 3187911 (proprietà), 0521 687766 (UIT Montechiarugolo)
Sulle prime colline parmensi, il castello di Montechiarugolo domina la riva sinistra dell’Enza, che segna qui il confine con il reggiano.

In posizione strategica sulla via che attraverso il passo del Lagastrello conduceva lungo l’Enza in Lunigiana e in Garfagnana, l’insediamento nacque probabilmente nel X secolo, a seguito del diboscamento promosso nell’area dall'abbazia agostiniana di Santa Felicola situata sul guado del fiume, e nel 962 venne assegnato dall'imperatore al vescovo di Parma.
Il castello eretto a presidio della valle - sul lato opposto a Montecchio, centro dei territori del reggiano sottoposti a Parma - fu infeudato nel 1255 ai Sanvitale, preminente famiglia parmense di parte guelfa, che aveva in quegli anni aumentato la propria influenza grazie alla parentela con papa Innocenzo IV. Nel 1313 castello e borgo vennero rasi al suolo dal signore di Parma Giberto III da Correggio a seguito della ribellione di Giovanni Sanvitale - che rinnegate le tradizionali alleanze familiari si era associato a Matteo Visconti signore di Milano, lanciando pesanti scorrerie nel territorio che avevano portato tra l’altro alla distruzione di Santa Felicola.
Con il passaggio di Parma nell’orbita del ducato di Milano nel 1346, il castello fu riedificato dagli stessi Visconti nella seconda metà del secolo.

La signoria Torelli
All’inizio del Quattrocento il castello venne coinvolto nelle lotte parmensi che opposero i da Correggio e i Rossi a Ottobuono Terzi, signore della città. Riconquistato il castello a colpi di bombarda, nel 1406 questi convinse il duca di Milano ad assegnare in feudo Montechiarugolo al condottiero Guido Torelli, suo fedele alleato, che aveva già ottenuto Guastalla, entrambi reclamati dai da Correggio. Il nuovo signore fece subito ricostruire e fortificare la rocca e rafforzò il borgo con una potente cinta muraria, ottenendo nel 1428 l’elevazione del feudo a contea.
Separato da Guastalla nel 1456 a seguito della divisione del patrimonio tra i due rami del casato, il feudo venne confermato ai Torelli di Montechiarugolo dai successori dei Visconti, gli Sforza, a compenso del sostegno loro fornito nei primi anni Ottanta nel corso della guerra contro i Rossi. La seconda cinta muraria che circondava il borgo venne allora adeguata alle moderne tecniche militari bastionandola e inserendovi gli impianti per le artiglierie.

Il Cinquecento: da castello difensivo a dimora nobiliare
Con il nuovo secolo Montechiarugolo fu coinvolto a più riprese nella lunga guerra tra la Francia e l’Impero. Alleati a Ludovico Sforza ‘il Moro’ nella guerra contro Luigi XII, nel 1500 i Torelli persero il castello, preso a colpi di artiglieria e saccheggiato dai francesi; pochi anni dopo un Torelli fedele al re, Francesco, poté acquistare il castello dal governatore di Parma Antoine de Gimel che lo aveva in consegna, riottenendo la contea.
Anche la nuova guerra che a metà secolo oppose i Farnese, signori di Parma dal 1545 e alleati con la Francia, agli Asburgo e al papa, vide nel 1551 il castello attaccato e occupato, tornando di nuovo ai Torelli l’anno successivo.
La pace di Cateau Cambresis nel 1559 creò le condizioni per un lungo periodo di stabilità, depontenziando le funzioni militari dei castelli dell’area parmense, che in diversi casi vennero convertiti in edifici residenziali. Anche Montechiarugolo venne restaurato e trasformato in un’elegante dimora nobiliare dall’umanista e letterato Pomponio Torelli, che chiamò a decorarlo importanti artisti dell’epoca.
La signoria dei Torelli ebbe un improvviso termine nel 1612, quando il figlio di Pomponio, Pio - coinvolto con i Sanseverino, i Sanvitale e altri nobili in una presunta congiura ai danni del duca Ranuccio I Farnese – fu condannato a morte e alla confisca dei beni. Avocato dalla Camera ducale il castello si avviò a una lenta decadenza, venendo utilizzato come deposito di alimentari.

Dalla battaglia di Montechiarugolo alla liberazione di Montechiarugolo
Nel 1796 Montechiarugolo tornò agli onori militari grazie alla battaglia svoltasi all’interno delle sue mura, nel corso della quale gli austriaci dovettero arrendersi alle truppe francesi e a quelle della neonata repubblica reggiana; celebrato da Napoleone e da Carducci, il modesto evento bellico ebbe una vasta eco patriottica, e fu considerato il preludio del Risorgimento italiano.
Nella prima metà dell'Ottocento, sotto il governo della duchessa di Parma Maria Luigia d’Asburgo-Lorena, l’edificio fu adibito a magazzino militare e fabbrica di polveri da sparo, subendo pesanti danneggiamenti, specie negli ambienti decorati.
Passato dopo l'Unità al pubblico demanio, nel 1864 il castello fu alienato alla famiglia Marchi, che ne è tuttora proprietaria. Tra l’inverno del 1944 e la primavera del 1945 il futuro regista Antonio Marchi, renitente alla leva di Salò, rimase nascosto nella residenza di famiglia dove era stata allestita una prigione per i soldati alleati, filmando lo scorrere delle stagioni nel castello, nel borgo e nella vallata e l’arrivo dei partigiani e delle truppe americane. Il regista girò qui anche alcune scene di 'Donne e soldati' realizzato con Luigi Malerba nel 1954.
Il castello è aperto al pubblico dai primi anni Duemila; nei suoi ambienti sono state girate alcune scene della serie televisiva ‘I Borgia’.

VISITA
Impiantato su un terrazzo naturale a picco sull'Enza, il castello è circondato sul lato opposto al fiume da un fossato largo e profondo, attraversato da due ponti, in origine dotati di meccanismi levatoi. Ai margini nord-occidentali dell’abitato sono ancora evidenti le tracce della seconda cinta muraria bastionata con gli impianti per le artiglierie.
L’edificio in laterizio, a pianta irregolare, con due fronti coronati da merli ghibellini, si articola attorno al grande cortile d’onore porticato e a quello minore del pozzo, uniti dall'alto mastio che sovrasta la struttura. Dal cortile d'onore si accede al ‘castellazzo’, un antico bastione oggi adibito ad elegante giardino con siepi, roseti e peonie, circondato da imponenti mura in laterizio in parte crollate sul lato verso la vallata.
Gli interni riflettono soprattutto gli interventi cinquecenteschi. Il salone delle Feste è decorato con motivi a grottesca, intrecci vegetali, figure femminili a monocromo della scuola di Cesare Baglioni, con gli stemmi delle casate imparentate con i Torelli e il Biscione visconteo al centro del soffitto. Diversi ambienti affrescati sono arredati con pregiati mobili e ritratti antichi, alcuni dei quali provenienti dalla reggia di Colorno e acquistati dai Marchi verso la fine dell’Ottocento.
La camera di Mezzo ospita un’Annunciazione quattrocentesca di stile gotico lombardo realizzata da un allievo di Michelino da Besozzo. Nella sala dei Quattro Elementi, cosiddetta da una serie di tempere allegoriche settecentesche di Domenico Muzzi, conserva anche tracce di un ciclo pittorico cinquecentesco; si trova qui un curioso modellino di un tempietto d'Arcadia in legno dipinto e metallo, realizzato probabilmente dall'architetto Ennemond Alexandre Petitot nel 1769. Motivi allegorici adornano anche la camera dei Gatti e quella detta Antica, quest’ultima forse lo studio di Pomponio Torelli. In una saletta si trova una mummia egizia ritrovata nel XVIII secolo all'interno del castello, che la leggenda attribuisce alla fata Bema, il fantasma del castello.
La splendida loggia quattrocentesca aggettante sulla vallata ha un soffitto a travi di legno retto da sottili colonne in arenaria con capitelli a forma di loto; su parete e parapetto sono dipinti gli stemmi dei Torelli e dei Visconti su un motivo a losanghe verdi e rosse e numerose iscrizioni che rammentano i principali eventi della casata. Dalla loggia si apre un’eccezionale veduta sul territorio circostante e sul lato opposto dell’Enza, con il castello di Montecchio vicinissimo e in più in lontananza le Quattro Castella.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Enza,
via Garfagnana-Lunigiana
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Sanvitale,
Correggio (da),
Torelli
Arte e Architettura

Stili architettonici e decorativi nel castello:

Rinascimento e Manierismo,
Barocco e Rococò
Storie e Percorsi

Itinerari tematici e storici tra i castelli:

Parma 1611-1612: la congiura dei nobili,
Fascismo Guerra Resistenza,
Le rocche al cinema
Bibliografia
piazza Mazzini, 1
Montechiarugolo (PR)
tel 340 7026144 – 338 3187911 (proprietà), 0521 687766 (UIT Montechiarugolo)
Sulle prime colline parmensi, il castello di Montechiarugolo domina la riva sinistra dell’Enza, che segna qui il confine con il reggiano.

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In posizione strategica sulla via che attraverso il passo del Lagastrello conduceva lungo l’Enza in Lunigiana e in Garfagnana, l’insediamento nacque probabilmente nel X secolo, a seguito del diboscamento promosso nell’area dall'abbazia agostiniana di Santa Felicola situata sul guado del fiume, e nel 962 venne assegnato dall'imperatore al vescovo di Parma.
Il castello eretto a presidio della valle - sul lato opposto a Montecchio, centro dei territori del reggiano sottoposti a Parma - fu infeudato nel 1255 ai Sanvitale, preminente famiglia parmense di parte guelfa, che aveva in quegli anni aumentato la propria influenza grazie alla parentela con papa Innocenzo IV. Nel 1313 castello e borgo vennero rasi al suolo dal signore di Parma Giberto III da Correggio a seguito della ribellione di Giovanni Sanvitale - che rinnegate le tradizionali alleanze familiari si era associato a Matteo Visconti signore di Milano, lanciando pesanti scorrerie nel territorio che avevano portato tra l’altro alla distruzione di Santa Felicola.
Con il passaggio di Parma nell’orbita del ducato di Milano nel 1346, il castello fu riedificato dagli stessi Visconti nella seconda metà del secolo.

La signoria Torelli
All’inizio del Quattrocento il castello venne coinvolto nelle lotte parmensi che opposero i da Correggio e i Rossi a Ottobuono Terzi, signore della città. Riconquistato il castello a colpi di bombarda, nel 1406 questi convinse il duca di Milano ad assegnare in feudo Montechiarugolo al condottiero Guido Torelli, suo fedele alleato, che aveva già ottenuto Guastalla, entrambi reclamati dai da Correggio. Il nuovo signore fece subito ricostruire e fortificare la rocca e rafforzò il borgo con una potente cinta muraria, ottenendo nel 1428 l’elevazione del feudo a contea.
Separato da Guastalla nel 1456 a seguito della divisione del patrimonio tra i due rami del casato, il feudo venne confermato ai Torelli di Montechiarugolo dai successori dei Visconti, gli Sforza, a compenso del sostegno loro fornito nei primi anni Ottanta nel corso della guerra contro i Rossi. La seconda cinta muraria che circondava il borgo venne allora adeguata alle moderne tecniche militari bastionandola e inserendovi gli impianti per le artiglierie.

Il Cinquecento: da castello difensivo a dimora nobiliare
Con il nuovo secolo Montechiarugolo fu coinvolto a più riprese nella lunga guerra tra la Francia e l’Impero. Alleati a Ludovico Sforza ‘il Moro’ nella guerra contro Luigi XII, nel 1500 i Torelli persero il castello, preso a colpi di artiglieria e saccheggiato dai francesi; pochi anni dopo un Torelli fedele al re, Francesco, poté acquistare il castello dal governatore di Parma Antoine de Gimel che lo aveva in consegna, riottenendo la contea.
Anche la nuova guerra che a metà secolo oppose i Farnese, signori di Parma dal 1545 e alleati con la Francia, agli Asburgo e al papa, vide nel 1551 il castello attaccato e occupato, tornando di nuovo ai Torelli l’anno successivo.
La pace di Cateau Cambresis nel 1559 creò le condizioni per un lungo periodo di stabilità, depontenziando le funzioni militari dei castelli dell’area parmense, che in diversi casi vennero convertiti in edifici residenziali. Anche Montechiarugolo venne restaurato e trasformato in un’elegante dimora nobiliare dall’umanista e letterato Pomponio Torelli, che chiamò a decorarlo importanti artisti dell’epoca.
La signoria dei Torelli ebbe un improvviso termine nel 1612, quando il figlio di Pomponio, Pio - coinvolto con i Sanseverino, i Sanvitale e altri nobili in una presunta congiura ai danni del duca Ranuccio I Farnese – fu condannato a morte e alla confisca dei beni. Avocato dalla Camera ducale il castello si avviò a una lenta decadenza, venendo utilizzato come deposito di alimentari.

Dalla battaglia di Montechiarugolo alla liberazione di Montechiarugolo
Nel 1796 Montechiarugolo tornò agli onori militari grazie alla battaglia svoltasi all’interno delle sue mura, nel corso della quale gli austriaci dovettero arrendersi alle truppe francesi e a quelle della neonata repubblica reggiana; celebrato da Napoleone e da Carducci, il modesto evento bellico ebbe una vasta eco patriottica, e fu considerato il preludio del Risorgimento italiano.
Nella prima metà dell'Ottocento, sotto il governo della duchessa di Parma Maria Luigia d’Asburgo-Lorena, l’edificio fu adibito a magazzino militare e fabbrica di polveri da sparo, subendo pesanti danneggiamenti, specie negli ambienti decorati.
Passato dopo l'Unità al pubblico demanio, nel 1864 il castello fu alienato alla famiglia Marchi, che ne è tuttora proprietaria. Tra l’inverno del 1944 e la primavera del 1945 il futuro regista Antonio Marchi, renitente alla leva di Salò, rimase nascosto nella residenza di famiglia dove era stata allestita una prigione per i soldati alleati, filmando lo scorrere delle stagioni nel castello, nel borgo e nella vallata e l’arrivo dei partigiani e delle truppe americane. Il regista girò qui anche alcune scene di 'Donne e soldati' realizzato con Luigi Malerba nel 1954.
Il castello è aperto al pubblico dai primi anni Duemila; nei suoi ambienti sono state girate alcune scene della serie televisiva ‘I Borgia’.

VISITA
Impiantato su un terrazzo naturale a picco sull'Enza, il castello è circondato sul lato opposto al fiume da un fossato largo e profondo, attraversato da due ponti, in origine dotati di meccanismi levatoi. Ai margini nord-occidentali dell’abitato sono ancora evidenti le tracce della seconda cinta muraria bastionata con gli impianti per le artiglierie.
L’edificio in laterizio, a pianta irregolare, con due fronti coronati da merli ghibellini, si articola attorno al grande cortile d’onore porticato e a quello minore del pozzo, uniti dall'alto mastio che sovrasta la struttura. Dal cortile d'onore si accede al ‘castellazzo’, un antico bastione oggi adibito ad elegante giardino con siepi, roseti e peonie, circondato da imponenti mura in laterizio in parte crollate sul lato verso la vallata.
Gli interni riflettono soprattutto gli interventi cinquecenteschi. Il salone delle Feste è decorato con motivi a grottesca, intrecci vegetali, figure femminili a monocromo della scuola di Cesare Baglioni, con gli stemmi delle casate imparentate con i Torelli e il Biscione visconteo al centro del soffitto. Diversi ambienti affrescati sono arredati con pregiati mobili e ritratti antichi, alcuni dei quali provenienti dalla reggia di Colorno e acquistati dai Marchi verso la fine dell’Ottocento.
La camera di Mezzo ospita un’Annunciazione quattrocentesca di stile gotico lombardo realizzata da un allievo di Michelino da Besozzo. Nella sala dei Quattro Elementi, cosiddetta da una serie di tempere allegoriche settecentesche di Domenico Muzzi, conserva anche tracce di un ciclo pittorico cinquecentesco; si trova qui un curioso modellino di un tempietto d'Arcadia in legno dipinto e metallo, realizzato probabilmente dall'architetto Ennemond Alexandre Petitot nel 1769. Motivi allegorici adornano anche la camera dei Gatti e quella detta Antica, quest’ultima forse lo studio di Pomponio Torelli. In una saletta si trova una mummia egizia ritrovata nel XVIII secolo all'interno del castello, che la leggenda attribuisce alla fata Bema, il fantasma del castello.
La splendida loggia quattrocentesca aggettante sulla vallata ha un soffitto a travi di legno retto da sottili colonne in arenaria con capitelli a forma di loto; su parete e parapetto sono dipinti gli stemmi dei Torelli e dei Visconti su un motivo a losanghe verdi e rosse e numerose iscrizioni che rammentano i principali eventi della casata. Dalla loggia si apre un’eccezionale veduta sul territorio circostante e sul lato opposto dell’Enza, con il castello di Montecchio vicinissimo e in più in lontananza le Quattro Castella.


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