Compiano

Castello di Compiano
Compiano

Castello di Compiano,
Castello di Compiano,
Castello di Compiano,
Castello di Compiano,
Castello di Compiano,
Castello di Compiano,
Castello di Compiano,
Castello di Compiano,
Castello di Compiano, interno,
Castello di Compiano, cortile interno,
Castello di Compiano, interno,
Castello di Compiano, interno,
Castello di Compiano, interno,
Castello di Compiano, interno,
Castello di Compiano, interno
via Marco Rossi Sidoli, 15
Compiano (PR)
tel 0525 825541
Nell'alto appennino parmense, incuneato tra il territorio piacentino e i rilievi liguri, Compiano domina la valle del Taro, in prossimità di Borgo, e a poca distanza da Bardi in val Ceno.

Un presidio strategico, dai Malaspina a Piacenza
Compiano rappresentò a lungo un presidio strategico dell’accesso alla valle, grazie alla sua posizione al confine con i territori genovesi e allo snodo tra l’antica via degli Abati - variante francigena che connetteva il monastero bobbiese di San Colombano a Roma via Borgotaro e Pontremoli - e una delle tante vie 'del sale' che dall’entroterra padano conducevano al litorale ligure.
Le prime strutture difensive risalgono al secolo VIII; il castrum è citato però solo dagli inizi del secolo XI, come parte della rete fortificata impiantata dagli obertenghi Malaspina nelle alte valli appenniniche tra i Giovi, la Garfagnana e la Lunigiana.
I contrasti con Piacenza per il controllo della valle costrinsero però Obizzo I Malaspina a stringere nel 1441 con il comune legami di cittadinatico e vassallaggio, cedendo Compiano in cambio del suo infeudamento, che gli venne poi confermato nel 1164 con molti altri possedimenti da Federico Barbarossa.

Il feudo Landi
Nel 1257 Compiano e la vicina Bardi passarono al piacentino Ubertino Landi, acceso sostenitore della fazione ghibellina alleata a Federico II e guidata dai Pallavicino, che li acquistò dal comune facendone i centri di un vasto dominio dislocato nelle alte valli del Taro e del Ceno.
L’investitura imperiale ai Landi dei feudi di Borgotaro, Bardi e Compiano, risalente ai primi del Trecento, venne riconosciuta nel 1381 dai Visconti, che nel corso del secolo avevano imposto la loro egemonia sull’Emilia occidentale e miravano ora, attraverso le alleanze con i signori locali, ad estendere il loro controllo alla valle del Taro e a quelle limitrofe, accessi per loro strategici alla Toscana e a Firenze.

Lo ‘stato’ Landi
Nel 1532 i feudi di Bardi e Compiano – ripartiti con Rivalta alla fine del secolo precedente tra i vari rami del casato – furono riuniti grazie al matrimonio con una cugina da Agostino Landi, che riuscì poi a estendere la propria piena giurisdizione anche sulla vicina Bedonia e su Santa Maria alle sorgenti del Taro.
Nel 1551 Agostino ottenne dall’imperatore - con la contea e baronia di Compiano, il marchesato di Bardi e il principato di Borgotaro, da poco sottratta ai Fieschi - la dignità, primo in Italia, di principe sovrano del Sacro Romano Impero, con privilegio di battere moneta.
Veniva così formalizzata la semi-autonomia dello ‘stato Landi’ dal neonato ducato di Parma e Piacenza, che Agostino aveva aspramente combattuto fino a farsi promotore dell’assassinio di Pier Luigi Farnese nel 1547. Ai tentativi di annessione di Compiano – come di Bardi - da parte dei Farnese il figlio di Agostino, Cesare, rispose con un ulteriore rafforzamento delle sue difese, mentre il piano nobile dell’edificio, destinato a residenza, veniva riccamente affrescato e decorato.

Dai Farnese ai Borbone
Estinto nel 1627 il ramo maschile del casato, e con esso i diritti giurisdizionali della famiglia, Compiano e Bardi passarono con gli altri possedimenti famigliari a Polissena Landi e da questa, per matrimonio, ai Doria.
Il figlio Andrea li vendette nel 1682 al ducato farnesiano, che li inglobò direttamente nel proprio territorio, riuscendo finalmente ad estendere i suoi confini al crinale appenninico.
Divenuto sede sotto i Borbone di un presidio militare, il castello di Compiano fu adibito dopo la Restaurazione a carcere di Stato, dove vennero rinchiusi anche alcuni protagonisti dei moti carbonari del 1821.

Tra l’Ottocento e gli anni Duemila
Nel 1891 l'ingegner Giuseppe Magnaghi, promotore delle terme di Salsomaggiore, acquistò l’antica fortezza per trasformarla in una casa di cura; con la sua morte precoce il progetto fu abbandonato, e la proprietà dell’edificio passò al parroco di Compiano che l’adibì a sede di un collegio femminile, attivo fino al 1962.
Nel 1966 il castello venne acquistato dalla marchesa Lina Raimondi Gambarotta, che vi raccolse un’eclettica collezioni di mobili e oggetti d’antiquariato, e che alla sua morte nel 1987 lasciò l’edificio in eredità con tutti gli arredi al comune.
Aperto al pubblico, il castello è stato adibito a sede museale, comprendente la collezione ‘Raimondi Gambarotta’, il museo internazionale Massonico, inaugurato nel 2002, e il museo Eno-gastronomico aperto dieci anni dopo. Parte dell’edificio, restaurata nei primi anni Duemila, ospita una struttura alberghiera e un centro convegni.

VISITA
Posto in cima al piccolo borgo murato, l’edificio presenta una possente struttura quadrangolare chiusa agli angoli da torri e circondata a sua volta da una cinta muraria realizzata dopo il XV secolo, che racchiude un giardino.
Le indagini archeologiche hanno confermato una datazione precedente l’anno Mille del nucleo più antico dell’edificio. Alle prime fasi della struttura appartiene la torre rotonda a nord, impiantata direttamente sulla roccia, mentre le due torrette semicircolari “alla piacentina” poste a est, inserite a filo della cortina muraria, risalgono probabilmente al XIV secolo; la più recente è la torre quadrata a sud, costruita sull’antico barbacane nel XV secolo.
L’ingresso è protetto da un rivellino quattrocentesco a base semicircolare, detto ‘la Rotonda’. La facciata con portale monumentale, risalente al Cinquecento, è coronata da una fila di beccatelli in corrispondenza dell’antico camminamento sporgente in legno.
La parte residenziale dell’edificio si articola attorno al cortile centrale; i saloni riccamente decorati sono arredati con mobili di provenienza antiquaria della collezione Gambarotta.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Taro,
via Romea Francigena | degli Abati,
via Salaria dell'Olio o di Rapallo in val Nure
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Malaspina,
Landi
Bibliografia
via Marco Rossi Sidoli, 15
Compiano (PR)
tel 0525 825541
Nell'alto appennino parmense, incuneato tra il territorio piacentino e i rilievi liguri, Compiano domina la valle del Taro, in prossimità di Borgo, e a poca distanza da Bardi in val Ceno.

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Un presidio strategico, dai Malaspina a Piacenza
Compiano rappresentò a lungo un presidio strategico dell’accesso alla valle, grazie alla sua posizione al confine con i territori genovesi e allo snodo tra l’antica via degli Abati - variante francigena che connetteva il monastero bobbiese di San Colombano a Roma via Borgotaro e Pontremoli - e una delle tante vie 'del sale' che dall’entroterra padano conducevano al litorale ligure.
Le prime strutture difensive risalgono al secolo VIII; il castrum è citato però solo dagli inizi del secolo XI, come parte della rete fortificata impiantata dagli obertenghi Malaspina nelle alte valli appenniniche tra i Giovi, la Garfagnana e la Lunigiana.
I contrasti con Piacenza per il controllo della valle costrinsero però Obizzo I Malaspina a stringere nel 1441 con il comune legami di cittadinatico e vassallaggio, cedendo Compiano in cambio del suo infeudamento, che gli venne poi confermato nel 1164 con molti altri possedimenti da Federico Barbarossa.

Il feudo Landi
Nel 1257 Compiano e la vicina Bardi passarono al piacentino Ubertino Landi, acceso sostenitore della fazione ghibellina alleata a Federico II e guidata dai Pallavicino, che li acquistò dal comune facendone i centri di un vasto dominio dislocato nelle alte valli del Taro e del Ceno.
L’investitura imperiale ai Landi dei feudi di Borgotaro, Bardi e Compiano, risalente ai primi del Trecento, venne riconosciuta nel 1381 dai Visconti, che nel corso del secolo avevano imposto la loro egemonia sull’Emilia occidentale e miravano ora, attraverso le alleanze con i signori locali, ad estendere il loro controllo alla valle del Taro e a quelle limitrofe, accessi per loro strategici alla Toscana e a Firenze.

Lo ‘stato’ Landi
Nel 1532 i feudi di Bardi e Compiano – ripartiti con Rivalta alla fine del secolo precedente tra i vari rami del casato – furono riuniti grazie al matrimonio con una cugina da Agostino Landi, che riuscì poi a estendere la propria piena giurisdizione anche sulla vicina Bedonia e su Santa Maria alle sorgenti del Taro.
Nel 1551 Agostino ottenne dall’imperatore - con la contea e baronia di Compiano, il marchesato di Bardi e il principato di Borgotaro, da poco sottratta ai Fieschi - la dignità, primo in Italia, di principe sovrano del Sacro Romano Impero, con privilegio di battere moneta.
Veniva così formalizzata la semi-autonomia dello ‘stato Landi’ dal neonato ducato di Parma e Piacenza, che Agostino aveva aspramente combattuto fino a farsi promotore dell’assassinio di Pier Luigi Farnese nel 1547. Ai tentativi di annessione di Compiano – come di Bardi - da parte dei Farnese il figlio di Agostino, Cesare, rispose con un ulteriore rafforzamento delle sue difese, mentre il piano nobile dell’edificio, destinato a residenza, veniva riccamente affrescato e decorato.

Dai Farnese ai Borbone
Estinto nel 1627 il ramo maschile del casato, e con esso i diritti giurisdizionali della famiglia, Compiano e Bardi passarono con gli altri possedimenti famigliari a Polissena Landi e da questa, per matrimonio, ai Doria.
Il figlio Andrea li vendette nel 1682 al ducato farnesiano, che li inglobò direttamente nel proprio territorio, riuscendo finalmente ad estendere i suoi confini al crinale appenninico.
Divenuto sede sotto i Borbone di un presidio militare, il castello di Compiano fu adibito dopo la Restaurazione a carcere di Stato, dove vennero rinchiusi anche alcuni protagonisti dei moti carbonari del 1821.

Tra l’Ottocento e gli anni Duemila
Nel 1891 l'ingegner Giuseppe Magnaghi, promotore delle terme di Salsomaggiore, acquistò l’antica fortezza per trasformarla in una casa di cura; con la sua morte precoce il progetto fu abbandonato, e la proprietà dell’edificio passò al parroco di Compiano che l’adibì a sede di un collegio femminile, attivo fino al 1962.
Nel 1966 il castello venne acquistato dalla marchesa Lina Raimondi Gambarotta, che vi raccolse un’eclettica collezioni di mobili e oggetti d’antiquariato, e che alla sua morte nel 1987 lasciò l’edificio in eredità con tutti gli arredi al comune.
Aperto al pubblico, il castello è stato adibito a sede museale, comprendente la collezione ‘Raimondi Gambarotta’, il museo internazionale Massonico, inaugurato nel 2002, e il museo Eno-gastronomico aperto dieci anni dopo. Parte dell’edificio, restaurata nei primi anni Duemila, ospita una struttura alberghiera e un centro convegni.

VISITA
Posto in cima al piccolo borgo murato, l’edificio presenta una possente struttura quadrangolare chiusa agli angoli da torri e circondata a sua volta da una cinta muraria realizzata dopo il XV secolo, che racchiude un giardino.
Le indagini archeologiche hanno confermato una datazione precedente l’anno Mille del nucleo più antico dell’edificio. Alle prime fasi della struttura appartiene la torre rotonda a nord, impiantata direttamente sulla roccia, mentre le due torrette semicircolari “alla piacentina” poste a est, inserite a filo della cortina muraria, risalgono probabilmente al XIV secolo; la più recente è la torre quadrata a sud, costruita sull’antico barbacane nel XV secolo.
L’ingresso è protetto da un rivellino quattrocentesco a base semicircolare, detto ‘la Rotonda’. La facciata con portale monumentale, risalente al Cinquecento, è coronata da una fila di beccatelli in corrispondenza dell’antico camminamento sporgente in legno.
La parte residenziale dell’edificio si articola attorno al cortile centrale; i saloni riccamente decorati sono arredati con mobili di provenienza antiquaria della collezione Gambarotta.


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