Meldola

Rocca delle Caminate
Meldola

Rocca delle Caminate
SP 126
loc. Caminate
Meldola (FC)
tel 3713146383 (visite gruppi);0543499439 (Comune)
Alle spalle della via Emilia, tra Forlì e Forlimpopoli, la rocca delle Caminate è situata a quasi 400 metri di altezza su un crinale tufaceo che si insinua tra le valli dei fiumi Rabbi e Bidente-Ronco, separando Predappio e Meldola.

Antico canale di comunicazione tra pianura padana e area transappenninica, colonizzata dai Romani, l'area tra le due valli fu parte della ‘romanìola’ ex-bizantina donata al papa dai re franchi nel secolo VIII.

La rocca contesa: le Caminate tra guelfi e ghibellini
Già alla fine del X secolo una rocca ‘delle caminate’ – dotata di camminamenti, o di camini e fornaci – sarebbe appartenuta all’omonimo casato guelfo poi a un suo ramo Belmonte, forse di origine franca, alleato ai Malatesta.
Distrutta più volte nel XII secolo dagli imperiali, nel corso del Duecento la rocca fu un tassello importante del conflitto permanente tra guelfi e ghibellini per il controllo della Romagna grazie alla sua posizione dominante, lungo un erto percorso transvallivo che da Meldola nella valle del Bidente, la 'melior via' per Roma, passando per Predappio e Calboli approdava a Rocca San Casciano nella valle del Montone, consentendo di raggiungere Firenze.
Fu in particolare l'emergente Forlì a cercare ripetutamente di impossessarsi della rocca, più volte assalita, rasa al suolo e ricostruita dai due contendenti; il nucleo più antico della struttura odierna, dotato di mastio, è in effetti attribuito a un intervento forlivese di metà secolo. Pochi anni dopo, nel 1278, il papa otteneva dall’imperatore il riconoscimento formale dei suoi diritti sulla Romagna.

Tra due signorie: Ordelaffi e Malatesta
Alla fine del Trecento i signori di Forlì, i ghibellini Ordelaffi, riappacificati con il papa dopo aver guidato una serie di rivolte, poterono rientrarono con il suggello del vicariato apostolico nei loro possedimenti forlivesi. Già nel 1380 Sinibaldo Oderlaffi poteva rifortificare e ampliare le Caminate, aggiungendo i due bastioni sul lato sud-est raccordati da una cortina muraria in mattoni.
Non si esaurirono per questo le contese sulla rocca, intensificate dall’espansionismo dei riminesi Malatesta che avevano appena conquistato Cesena: nel 1390 l’abate ravennate di Santa Maria in Cosmedin confermò i diritti dei Belmonte sulle Caminate, e all’inizio del secolo successivo gli stessi Malatesta occuparono la fortificazione, facendone il loro estremo baluardo occidentale e restituendola poco dopo agli antichi alleati. L’importanza strategica dell'area tra Bidente e Rabbi fu accresciuta in quegli anni anche dall'espansione di Firenze di là dal crinale, che portò alla formazione della Romagna ‘fiorentina’ a ridosso dei domini della Chiesa. Attacchi e saccheggi alla rocca continuarono anche per tutta la prima metà del Quattrocento, a opera dei Visconti, degli Ordelaffi e dei faentini Manfredi.

Dai Malatesta a Venezia
Nel 1465 le Caminate passarono formalmente nell’orbita dei Malatesta, andando a costituire con Meldola, Sarsina e altre terre tra Bidente e Marecchia una piccola signoria personale concessa dal papa a Roberto quale compenso per la perdita di Cesena.
A cavallo del nuovo secolo Pandolfo IV fu però costretto dai debiti – nonostante il sostegno di Venezia, divenuta la potenza egemone della Romagna nord-orientale - a vendere i territori della dinastia, Caminate comprese, a Cesare Borgia, il figlio di papa Alessandro che stava creandosi un dominio personale in Romagna.
Esaurito il progetto del Valentino con la morte del suo protettore, nel 1503 le Caminate vennero assorbite con i territori vicini dalla Repubblica di Venezia, che solo sei anni dopo, sconfitta a Agnadello, dovette restituire a Roma le terre appena conquistate.

Dalla signoria dei Pio al degrado della rocca
Ripristinata nei suoi diritti sulla Romagna, la Chiesa la inglobò nella compagine statale, eliminando i vicariati signorili e assegnando singoli possedimenti a famiglie che si erano distinte al servizio della Chiesa.
Nel 1518 il feudo di Meldola e Sarsina, comprese le Caminate, fu così conferito dal papa ad Alberto III Pio, il signore di Carpi, ambasciatore di Massimiliano d’Asburgo presso la Curia romana, che dopo esser stato deposto dalla signoria carpigiana lasciò alla sua morte il feudo meldolese al fratello Leonello. Presidente della provincia di Romagna e governatore di Bertinoro, Leonello diede vita a un piccolo stato, unendo ai diritti su Sarsina e Meldola quelli su Verucchio e Scorticata (oggi Torriana) pervenutigli per matrimonio.
Mentre Meldola diventava la principesca reggia della nuova dinastia, la rocca delle Caminate venne abbandonata a un progressivo degrado, come tante rocche romagnole che avevano ormai perso le loro finalità militari.
Lo stato di abbandono si accentuò sotto gli eredi dei Pio, i Panphili prima e i Borghese Aldobrandini e Doria Panphili Landi poi, e a metà Ottocento la rocca fu ceduta alla famiglia forlivese Baccarini, e in seguito ai Delle Vacche. Il terremoto del 1870, che colpì con particolare violenza la valle del Bidente, non fece che aggravare lo stato di degrado dell’edificio, danneggiando soprattutto il maschio.

Un dono per il Duce: rielaborazione del passato, comfort moderno, propaganda
Dopo decenni di abbandono, il restauro delle Caminate fu oggetto nel 1923 di un ‘Prestito Littorio’ lanciato nelle province di Forlì e Ravenna da un comitato di cittadini legato alle locali sezioni del partito fascista, che raccolse in poco tempo 70.000 donazioni per un totale di 530.000 lire. Scopo della raccolta era donare la rocca, perché ne facesse la sua residenza estiva, a Benito Mussolini, nato nella vicina Dovia di Predappio, che in quello stesso anno aveva ricevuto dai predappiesi anche la casa natale, trasformata in museo.
Il progetto di restauro fu affidato a Luigi Corsini, soprintendente ai Monumenti a Bologna e Ravenna - di lì a poco direttore della neonata Soprintendenza per l’Arte Medievale e Moderna per l’Emilia e la Romagna - e all’ingegnere capo dell’Ufficio tecnico provinciale di Forlì Sesto Baccarini, il progettista del Kursaal Apollo. Dopo tre anni di lavori, nell’ottobre 1927, quinto anniversario della marcia su Roma, la rocca veniva inaugurata alla presenza del ministro Federzoni.
L’ambizioso progetto si propose di integrare moderne funzioni residenziali e di rappresentanza in un edificio storico pressoché in rovina, che aveva però mantenuto elementi connotanti come il maschio, le cortine e l’arco di ingresso. I complessi interventi di risanamento, consolidamento, restauro, ricostruzione e integrazione dell’edificio furono così ispirati in forma aggiornata al neo-medievalismo propugnato alcuni decenni prima da epigoni emiliani di Viollet le Duc come Alfonso Rubbiani e Raffaele Faccioli. L'incoerenza dell'approccio fu evidente nell'accostamento di materiali di recente introduzione per le ricostruzioni - utilizzati per esigenze statiche - e materiali locali come il tufo per i restauri, mentre in tutto l'edificio si privilegiarono elementi di arredo ‘in stile’ come torciere, fanali, lampade in ferro battuto e lo stemma dei Mussolini collocato sopra l’ingresso.
All’esterno i lavori interessarono la facciata di ingresso, le mura in rovina, restaurate e integrate con merli e camminamenti, e il maschio, dove furono ricostruiti due angoli, coperto il tetto e aggiunti merli e beccatelli, mentre i bastioni sfaccettati in laterizio a est vennero volutamente lasciati allo stato di rudere. L’appartamento padronale su tre piani fu decorato in stile neo-rinascimentale dal pittore predappiese Partisani e dotato dei più moderni comfort; nell’edificio dietro la torre fu realizzato un salone di rappresentanza dove si tenevano ricevimenti politico-mondani con personalità, capi di stato e ambasciatori, ospitati nella vicina foresteria sorta sui resti dell’antico palazzo del castellano. I lavori interessarono anche l’amplo parco boscato che circondava il complesso.
Raffigurato in numerose pubblicazioni, l’edificio divenne celebre, e la sua carica simbolica di residenza del Duce fu ampiamente utilizzata dalla propaganda: sulla sommità del maschio fu collocato un faro elettrico da 8.000 candele che proiettava fasci luminosi tricolori visibili a oltre cinquanta chilometri di distanza - segnalando secondo la voce popolare la presenza del Duce nella rocca - mentre un’ala dell’edificio venne riservata alla raccolta di cimeli del fascismo e di doni degli ospiti.

La rocca durante la guerra
L'identificazione con il fascismo e il duce segnò cupamente le Caminate negli ultimi anni del regime: nel settembre 1943 ebbe qui luogo la prima riunione del consiglio dei ministri della Repubblica Sociale Italiana, e durante la Resistenza la caserma del complesso fu prigione e luogo di tortura di partigiani; bombardata nel 1944, la rocca venne devastata e saccheggiata dalla popolazione. Dopo la caduta del Fascismo, i beni della famiglia Mussolini vennero requisiti, dando origine a una disputa legale tra lo Stato e la vedova del Duce che nel 1932 aveva acquistato dal marito il complesso, e che nel 1962 poté infine vendere gli immobili all’ONMI.

Una nuova destinazione per la rocca
Nel 1971 il complesso fu acquistato dalla Provincia di Forlì, che una decina di anni dopo avviò uno studio degli interventi di recupero e di destinazione d’uso dell’immobile; tra il 1984 e i primi anni Duemila interventi urgenti di consolidamento e restauro interessarono l’edificio e le sue decorazioni interne, il parco e il muro di cinta.
Un progetto inter-universitario sulle gallerie del vento delle ex officine e gallerie Caproni di Predappio consentì infine di individuare la destinazione delle Caminate. Dopo due anni di lavori finanziati da Regione e Provincia, che ne hanno ridefinito spazi e funzioni, nel 2016 la rocca è divenuta Centro di Alta Formazione Universitaria, sede del Tecnopolo di Forlì-Cesena - Rete regionale di Alta Tecnologia, nonché del CIRI Aeronautica dell’Università di Bologna. Il centro organizza attività formative e congressuali, oltre a eventi culturali, artistici e musicali, che trovano spazio anche sulla terrazza panoramica, e visite guidate.

VISITA
Il parco-bosco a mandorla, circondato da alte mura e popolato di alberi ad alto fusto di notevole pregio ambientale e paesaggistico, si stende per otto ettari sui fianchi del crinale, sulla cui cima si erge la rocca con la torre alta quasi trenta metri. All’interno del parco, oltre alla rocca si trovano altri edifici: le guardiole sui due opposti punti di accesso, da Forlì e da Meldola; sullo spiazzo principale d’accesso l’ex caserma e una chiesetta sconsacrata; infine l’ex casetta del custode. La visita è accompagnata da pannelli informativi e supporti multimediali, e può essere approfondita, su richiesta, con esperti di storia locale.
Dalla terrazza posta in cima alla rocca si apre un’amplissima vista che domina le vicine vallate di Meldola e Predappio tra pianura e appennino, spingendosi a est verso Bertinoro e l’Adriatico con i rilievi da San Marino al Conero



Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Bidente e Ronco
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Ordelaffi,
Malatesta,
Pio
Arte e Architettura

Stili architettonici e decorativi nel castello:

Storicismo Eclettismo Liberty
Storie e Percorsi

Itinerari tematici e storici tra i castelli:

Fascismo Guerra Resistenza
Bibliografia
SP 126
loc. Caminate
Meldola (FC)
tel 3713146383 (visite gruppi);0543499439 (Comune)
Alle spalle della via Emilia, tra Forlì e Forlimpopoli, la rocca delle Caminate è situata a quasi 400 metri di altezza su un crinale tufaceo che si insinua tra le valli dei fiumi Rabbi e Bidente-Ronco, separando Predappio e Meldola.

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Antico canale di comunicazione tra pianura padana e area transappenninica, colonizzata dai Romani, l'area tra le due valli fu parte della ‘romanìola’ ex-bizantina donata al papa dai re franchi nel secolo VIII.

La rocca contesa: le Caminate tra guelfi e ghibellini
Già alla fine del X secolo una rocca ‘delle caminate’ – dotata di camminamenti, o di camini e fornaci – sarebbe appartenuta all’omonimo casato guelfo poi a un suo ramo Belmonte, forse di origine franca, alleato ai Malatesta.
Distrutta più volte nel XII secolo dagli imperiali, nel corso del Duecento la rocca fu un tassello importante del conflitto permanente tra guelfi e ghibellini per il controllo della Romagna grazie alla sua posizione dominante, lungo un erto percorso transvallivo che da Meldola nella valle del Bidente, la 'melior via' per Roma, passando per Predappio e Calboli approdava a Rocca San Casciano nella valle del Montone, consentendo di raggiungere Firenze.
Fu in particolare l'emergente Forlì a cercare ripetutamente di impossessarsi della rocca, più volte assalita, rasa al suolo e ricostruita dai due contendenti; il nucleo più antico della struttura odierna, dotato di mastio, è in effetti attribuito a un intervento forlivese di metà secolo. Pochi anni dopo, nel 1278, il papa otteneva dall’imperatore il riconoscimento formale dei suoi diritti sulla Romagna.

Tra due signorie: Ordelaffi e Malatesta
Alla fine del Trecento i signori di Forlì, i ghibellini Ordelaffi, riappacificati con il papa dopo aver guidato una serie di rivolte, poterono rientrarono con il suggello del vicariato apostolico nei loro possedimenti forlivesi. Già nel 1380 Sinibaldo Oderlaffi poteva rifortificare e ampliare le Caminate, aggiungendo i due bastioni sul lato sud-est raccordati da una cortina muraria in mattoni.
Non si esaurirono per questo le contese sulla rocca, intensificate dall’espansionismo dei riminesi Malatesta che avevano appena conquistato Cesena: nel 1390 l’abate ravennate di Santa Maria in Cosmedin confermò i diritti dei Belmonte sulle Caminate, e all’inizio del secolo successivo gli stessi Malatesta occuparono la fortificazione, facendone il loro estremo baluardo occidentale e restituendola poco dopo agli antichi alleati. L’importanza strategica dell'area tra Bidente e Rabbi fu accresciuta in quegli anni anche dall'espansione di Firenze di là dal crinale, che portò alla formazione della Romagna ‘fiorentina’ a ridosso dei domini della Chiesa. Attacchi e saccheggi alla rocca continuarono anche per tutta la prima metà del Quattrocento, a opera dei Visconti, degli Ordelaffi e dei faentini Manfredi.

Dai Malatesta a Venezia
Nel 1465 le Caminate passarono formalmente nell’orbita dei Malatesta, andando a costituire con Meldola, Sarsina e altre terre tra Bidente e Marecchia una piccola signoria personale concessa dal papa a Roberto quale compenso per la perdita di Cesena.
A cavallo del nuovo secolo Pandolfo IV fu però costretto dai debiti – nonostante il sostegno di Venezia, divenuta la potenza egemone della Romagna nord-orientale - a vendere i territori della dinastia, Caminate comprese, a Cesare Borgia, il figlio di papa Alessandro che stava creandosi un dominio personale in Romagna.
Esaurito il progetto del Valentino con la morte del suo protettore, nel 1503 le Caminate vennero assorbite con i territori vicini dalla Repubblica di Venezia, che solo sei anni dopo, sconfitta a Agnadello, dovette restituire a Roma le terre appena conquistate.

Dalla signoria dei Pio al degrado della rocca
Ripristinata nei suoi diritti sulla Romagna, la Chiesa la inglobò nella compagine statale, eliminando i vicariati signorili e assegnando singoli possedimenti a famiglie che si erano distinte al servizio della Chiesa.
Nel 1518 il feudo di Meldola e Sarsina, comprese le Caminate, fu così conferito dal papa ad Alberto III Pio, il signore di Carpi, ambasciatore di Massimiliano d’Asburgo presso la Curia romana, che dopo esser stato deposto dalla signoria carpigiana lasciò alla sua morte il feudo meldolese al fratello Leonello. Presidente della provincia di Romagna e governatore di Bertinoro, Leonello diede vita a un piccolo stato, unendo ai diritti su Sarsina e Meldola quelli su Verucchio e Scorticata (oggi Torriana) pervenutigli per matrimonio.
Mentre Meldola diventava la principesca reggia della nuova dinastia, la rocca delle Caminate venne abbandonata a un progressivo degrado, come tante rocche romagnole che avevano ormai perso le loro finalità militari.
Lo stato di abbandono si accentuò sotto gli eredi dei Pio, i Panphili prima e i Borghese Aldobrandini e Doria Panphili Landi poi, e a metà Ottocento la rocca fu ceduta alla famiglia forlivese Baccarini, e in seguito ai Delle Vacche. Il terremoto del 1870, che colpì con particolare violenza la valle del Bidente, non fece che aggravare lo stato di degrado dell’edificio, danneggiando soprattutto il maschio.

Un dono per il Duce: rielaborazione del passato, comfort moderno, propaganda
Dopo decenni di abbandono, il restauro delle Caminate fu oggetto nel 1923 di un ‘Prestito Littorio’ lanciato nelle province di Forlì e Ravenna da un comitato di cittadini legato alle locali sezioni del partito fascista, che raccolse in poco tempo 70.000 donazioni per un totale di 530.000 lire. Scopo della raccolta era donare la rocca, perché ne facesse la sua residenza estiva, a Benito Mussolini, nato nella vicina Dovia di Predappio, che in quello stesso anno aveva ricevuto dai predappiesi anche la casa natale, trasformata in museo.
Il progetto di restauro fu affidato a Luigi Corsini, soprintendente ai Monumenti a Bologna e Ravenna - di lì a poco direttore della neonata Soprintendenza per l’Arte Medievale e Moderna per l’Emilia e la Romagna - e all’ingegnere capo dell’Ufficio tecnico provinciale di Forlì Sesto Baccarini, il progettista del Kursaal Apollo. Dopo tre anni di lavori, nell’ottobre 1927, quinto anniversario della marcia su Roma, la rocca veniva inaugurata alla presenza del ministro Federzoni.
L’ambizioso progetto si propose di integrare moderne funzioni residenziali e di rappresentanza in un edificio storico pressoché in rovina, che aveva però mantenuto elementi connotanti come il maschio, le cortine e l’arco di ingresso. I complessi interventi di risanamento, consolidamento, restauro, ricostruzione e integrazione dell’edificio furono così ispirati in forma aggiornata al neo-medievalismo propugnato alcuni decenni prima da epigoni emiliani di Viollet le Duc come Alfonso Rubbiani e Raffaele Faccioli. L'incoerenza dell'approccio fu evidente nell'accostamento di materiali di recente introduzione per le ricostruzioni - utilizzati per esigenze statiche - e materiali locali come il tufo per i restauri, mentre in tutto l'edificio si privilegiarono elementi di arredo ‘in stile’ come torciere, fanali, lampade in ferro battuto e lo stemma dei Mussolini collocato sopra l’ingresso.
All’esterno i lavori interessarono la facciata di ingresso, le mura in rovina, restaurate e integrate con merli e camminamenti, e il maschio, dove furono ricostruiti due angoli, coperto il tetto e aggiunti merli e beccatelli, mentre i bastioni sfaccettati in laterizio a est vennero volutamente lasciati allo stato di rudere. L’appartamento padronale su tre piani fu decorato in stile neo-rinascimentale dal pittore predappiese Partisani e dotato dei più moderni comfort; nell’edificio dietro la torre fu realizzato un salone di rappresentanza dove si tenevano ricevimenti politico-mondani con personalità, capi di stato e ambasciatori, ospitati nella vicina foresteria sorta sui resti dell’antico palazzo del castellano. I lavori interessarono anche l’amplo parco boscato che circondava il complesso.
Raffigurato in numerose pubblicazioni, l’edificio divenne celebre, e la sua carica simbolica di residenza del Duce fu ampiamente utilizzata dalla propaganda: sulla sommità del maschio fu collocato un faro elettrico da 8.000 candele che proiettava fasci luminosi tricolori visibili a oltre cinquanta chilometri di distanza - segnalando secondo la voce popolare la presenza del Duce nella rocca - mentre un’ala dell’edificio venne riservata alla raccolta di cimeli del fascismo e di doni degli ospiti.

La rocca durante la guerra
L'identificazione con il fascismo e il duce segnò cupamente le Caminate negli ultimi anni del regime: nel settembre 1943 ebbe qui luogo la prima riunione del consiglio dei ministri della Repubblica Sociale Italiana, e durante la Resistenza la caserma del complesso fu prigione e luogo di tortura di partigiani; bombardata nel 1944, la rocca venne devastata e saccheggiata dalla popolazione. Dopo la caduta del Fascismo, i beni della famiglia Mussolini vennero requisiti, dando origine a una disputa legale tra lo Stato e la vedova del Duce che nel 1932 aveva acquistato dal marito il complesso, e che nel 1962 poté infine vendere gli immobili all’ONMI.

Una nuova destinazione per la rocca
Nel 1971 il complesso fu acquistato dalla Provincia di Forlì, che una decina di anni dopo avviò uno studio degli interventi di recupero e di destinazione d’uso dell’immobile; tra il 1984 e i primi anni Duemila interventi urgenti di consolidamento e restauro interessarono l’edificio e le sue decorazioni interne, il parco e il muro di cinta.
Un progetto inter-universitario sulle gallerie del vento delle ex officine e gallerie Caproni di Predappio consentì infine di individuare la destinazione delle Caminate. Dopo due anni di lavori finanziati da Regione e Provincia, che ne hanno ridefinito spazi e funzioni, nel 2016 la rocca è divenuta Centro di Alta Formazione Universitaria, sede del Tecnopolo di Forlì-Cesena - Rete regionale di Alta Tecnologia, nonché del CIRI Aeronautica dell’Università di Bologna. Il centro organizza attività formative e congressuali, oltre a eventi culturali, artistici e musicali, che trovano spazio anche sulla terrazza panoramica, e visite guidate.

VISITA
Il parco-bosco a mandorla, circondato da alte mura e popolato di alberi ad alto fusto di notevole pregio ambientale e paesaggistico, si stende per otto ettari sui fianchi del crinale, sulla cui cima si erge la rocca con la torre alta quasi trenta metri. All’interno del parco, oltre alla rocca si trovano altri edifici: le guardiole sui due opposti punti di accesso, da Forlì e da Meldola; sullo spiazzo principale d’accesso l’ex caserma e una chiesetta sconsacrata; infine l’ex casetta del custode. La visita è accompagnata da pannelli informativi e supporti multimediali, e può essere approfondita, su richiesta, con esperti di storia locale.
Dalla terrazza posta in cima alla rocca si apre un’amplissima vista che domina le vicine vallate di Meldola e Predappio tra pianura e appennino, spingendosi a est verso Bertinoro e l’Adriatico con i rilievi da San Marino al Conero



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