Grizzana Morandi

Rocchetta Mattei già Rocca di Savignano
Grizzana Morandi

Rocchetta Mattei
SP 62 Riola-Savignano
loc. Ponte di Riola
Grizzana Morandi (BO)
tel 051 6730335
Lungo la valle del Reno nell’appennino bolognese, la Rocchetta venne edificata a metà Ottocento sulle rovine dell’antica rocca di Savignano, su uno sperone roccioso posto a 400 metri di altitudine, a poca distanza dal confine con la Toscana pistoiese.

Il sito di Savignano ha dominato per secoli uno dei principali nodi di comunicazione transappenninici: la confluenza del torrente Limentra orientale nel fiume Reno, storica cerniera di collegamento tra centro Italia e pianura padana che raccoglieva in questa area anche le acque del Limentra occidentale o della Sambuca; e il raccordo tra le strade che percorrevano le valli di quei fiumi, compresa l’antica via Francesca della Sambuca, variante francigena di collegamento tra Pistoia e Bologna.

Dai Longobardi alla 'corte' di Savignano
L’importanza strategica dell’area emerse con evidenza quando la linea Montovolo- Savignano- Montecavallaro divenne la punta più avanzata del territorio occupato dai Longobardi in risalita da sud verso nord, a cui si oppose, sull’altra riva del Reno, la linea fortificata bizantina che tagliava obliquamente l’appennino dal Mugello al Frignano, a difesa di Bologna e di Ravenna.
La presenza longobarda incise a lungo sulle strutture insediative e giuridiche di questi spazi. Nel XII secolo numerosi terreni della ‘corte’ di Savignano, protetta da un castello associato a un mulino sul torrente, e un ponte sul Limentra appartenevano all’abbazia benedettina di San Salvatore alla Fontana Taona. Posta sull’impervio monte la Croce, presso il crinale, l’abbazia controllava un importante snodo delle comunicazioni tra centro Italia e pianura padana, estendendo nel tempo la propria influenza su una vasta area che dalla pianura pistoiese si spingeva in profondità a nord lungo la valle del Reno, fin verso Vergato, grazie alle donazioni elargite da Bonifacio di Canossa e dall'imperatore, poi dai vescovi felsinei interessati al controllo della montagna, e infine dalla grancontessa Matilde e dai possidenti locali di probabile origine longobarda legati ai signori di Stagno, dominatori di questa area montana.
Nel 1235 Savignano – 'confermato' dall'imperatore ai potenti conti Alberti, signori di una rete di castelli tra Limentra e Brasimone - comprendeva una rocca, dotata di una torre e collegata con una passatoia a un recinto murato posto a protezione di alcune case.

La montagna di Bologna
Nel corso del Duecento, con il declino della badia Taona, venne confermandosi l’interesse del comune di Bologna, già manifestatosi con la fortificazione del castello di Casio, per il controllo della valle del Reno, che alimentava il sistema idraulico del Reno-Navile, pilastro dello sviluppo economico cittadino di quegli anni.
La controffensiva dei signori ghibellini della montagna guidati dai conti di Panico non fermò Bologna, che nel 1293 conquistò il castello di Savignano, distruggendolo quasi completamente, per dotarlo poi di nuove mura e strutture atte a ospitare una guarnigione, e pochi anni dopo distrusse anche il castello di Panico, affermando il proprio dominio su questa area.
Con il nuovo secolo emersero però - anche a Savignano - i segni della profonda crisi che avrebbe segnato a lungo la montagna bolognese; nuovi assetti politici ed economici avrebbero in seguito spostato a fondovalle, a Vergato e Porretta, il centro delle relazioni territoriali, e reso obsoleti gli apparati fortificati appenninici. Alla fine del Settecento Savignano era ormai ridotto a un rudere.

La Rocchetta Mattei: eclettismo e elettromeopatia
Nel 1850 - dieci anni dopo il completamento della strada da Bologna a Porretta, estesa poi fino a Pistoia - il terreno dove era sorto il castello venne acquistato dal conte bolognese Cesare Mattei, erede di una ricca famiglia di origine ferrarese con proprietà a Bologna, Budrio e Comacchio e uno dei cento fondatori della Cassa di Risparmio in Bologna. Mattei aveva ottenuto solo pochi anni prima con il fratello il titolo nobiliare dal papa, per il contributo dato alla guerra contro l'Austria donando allo Stato pontificio la strategica fortezza comacchiese di Magnavacca che controllava l’accesso alle valli venete e all'Adriatico.
A partire dal 1859 il conte scelse la ‘rocchetta’, come volle battezzare lo splendido castello in stile eclettico da lui edificato sulle rovine di Savignano, come sua dimora principale, facendone la creazione di una vita. Mattei ideò l’impianto dell’edificio e diresse personalmente i lavori - durante i quali, secondo una testimonianza tarda e finora non verificata, sarebbero emersi i resti dell'antico castello - decorando e modificando incessantemente la sua opera negli anni successivi.
Abbandonata la vita politica, Mattei poté dedicarsi nella Rocchetta agli studi di medicina e omeopatia intrapresi in precedenza da autodidatta nella villa budriese di Vigorso a seguito della malattia della madre, e sfociati nella ‘invenzione’ della elettromeopatia: un metodo terapeutico segretissimo che intendeva combattere numerose patologie, compreso il cancro, equilibrando e ‘neutralizzando’ le cariche elettriche del corpo con un mix di omeopatia e fitoterapia, alchimia e magnetismo.
Sfidando l’ostilità di gran parte del mondo medico, all’inizio degli anni Ottanta Mattei iniziò la produzione in grande stile dei suoi rimedi, presto venduti in tutto il mondo. Numerose celebrità visitarono in quegli anni la corte ‘medievale’ del conte alla Rocchetta, dotata anche di un buffone, mentre i pazienti affluivano nei villini climatici del borgo dell’Archetta edificato all'interno della vasta proprietà collegata al castello, contributo del conte allo sviluppo del turismo salutista appenninico che aveva nelle terme di Porretta il suo storico caposaldo.

Dal declino alla valorizzazione della Rocchetta
Morto Mattei a fine secolo, la sua attività venne proseguita dal collaboratore e figlio adottivo Mario Venturoli - che completò i lavori alla Rocchetta reinterpretandoli in chiave liberty e intervenendo anche su case e villini della tenuta – e dagli eredi di questi.
Tra le due guerre i vincoli sanitari e burocratici posti alla produzione dei rimedi innescarono il rapido declino dell’elettromeopatia, ormai completo nella seconda metà degli anni Cinquanta. In quel periodo la Rocchetta – che durante la seconda guerra mondiale era stata occupata dal comando tedesco e saccheggiata degli arredi - passò ad altri proprietari, che trasformarono alcuni edifici minori in un albergo-ristorante e aprirono il castello al pubblico.
Il vincolo di tutela posto dallo Stato a metà degli anni Ottanta non impedì il progressivo degrado dell’edificio. Solo nel nuovo millennio si è concretizzato il recupero e la valorizzazione della Rocchetta: acquistato nel 2006 dalla Fondazione legata alla banca che Mattei aveva contribuito a fondare, e dopo un impegnativo restauro filologico, dal 2015 l'edificio è stato riaperto al pubblico grazie all’accordo con le amministrazioni locali e l’impegno del locale associazionismo.
Il fascino eclettico ed esoterico della Rocchetta ne hanno fatto l'ambientazione ideale per film, tra i quali 'Balsamus, l'uomo di Satana' di Pupi Avati (1968) e 'Enrico IV' di Marco Bellocchio (1984)-

VISITA
Tra i maggiori esempi di architettura eclettica in Italia, la Rocchetta riflette nella compresenza di stili - dal neogotico al moresco orientalista al liberty - le diverse fasi costruttive e decorative della struttura, di volta in volta ispirate a tendenze internazionali, in parte filtrate da esperienze decorative 'bolognesi' e rilette in chiave fortemente personale, specie nelle parti attribuite a Mattei.
Nel percorso di carattere iniziatico creato dal labirinto di sale e torri, scaloni e cortili - alcuni ancora in restauro - emergono alcuni ambienti di grande impatto: l’orientaleggiante loggia Carolina, la camera da letto padronale con soffitto a stalattiti, la scala 'delle visioni' decorata da un’allegoria dell’omeopatia vittoriosa sulla vecchia medicina, il cortile dei Leoni ispirato all'Alhambra di Granada, la cappella ispirata alla grande moschea di Cordoba dove nel 1906, secondo i suoi voleri, venne sepolto il corpo del conte, il salone della Pace dedicato alla vittoria nella prima guerra mondiale.
In diversi punti del complesso, specie nelle aree all'aperto, affiora la roccia sulla quale vennero edificati l’antico e il nuovo edificio, con una forte integrazione tra elemento naturale e costruito. Rilevante nel progetto fu l'utilizzo, insieme a elementi decorativi prodotti artigianalmente in loco, di opere d'arte antica provenienti da altri contesti, e acquisite sul mercato antiquario o da privati.
Attorno all'edificio principale sono presenti diverse strutture di servizio, come la limonaia, alcune delle quali trasformate nel tempo in villette o strutture ricettive; una elegante scala in macigno conduce dal parco verso la via Porrettana.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Reno,
via Romea Francigena | della Sambuca
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Comune di Bologna,
Canossa,
Mattei
Arte e Architettura

Stili architettonici e decorativi nel castello:

Storicismo Eclettismo Liberty
Storie e Percorsi

Itinerari tematici e storici tra i castelli:

Le rocche al cinema
Notizie storiche
SP 62 Riola-Savignano
loc. Ponte di Riola
Grizzana Morandi (BO)
tel 051 6730335
Lungo la valle del Reno nell’appennino bolognese, la Rocchetta venne edificata a metà Ottocento sulle rovine dell’antica rocca di Savignano, su uno sperone roccioso posto a 400 metri di altitudine, a poca distanza dal confine con la Toscana pistoiese.

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Il sito di Savignano ha dominato per secoli uno dei principali nodi di comunicazione transappenninici: la confluenza del torrente Limentra orientale nel fiume Reno, storica cerniera di collegamento tra centro Italia e pianura padana che raccoglieva in questa area anche le acque del Limentra occidentale o della Sambuca; e il raccordo tra le strade che percorrevano le valli di quei fiumi, compresa l’antica via Francesca della Sambuca, variante francigena di collegamento tra Pistoia e Bologna.

Dai Longobardi alla 'corte' di Savignano
L’importanza strategica dell’area emerse con evidenza quando la linea Montovolo- Savignano- Montecavallaro divenne la punta più avanzata del territorio occupato dai Longobardi in risalita da sud verso nord, a cui si oppose, sull’altra riva del Reno, la linea fortificata bizantina che tagliava obliquamente l’appennino dal Mugello al Frignano, a difesa di Bologna e di Ravenna.
La presenza longobarda incise a lungo sulle strutture insediative e giuridiche di questi spazi. Nel XII secolo numerosi terreni della ‘corte’ di Savignano, protetta da un castello associato a un mulino sul torrente, e un ponte sul Limentra appartenevano all’abbazia benedettina di San Salvatore alla Fontana Taona. Posta sull’impervio monte la Croce, presso il crinale, l’abbazia controllava un importante snodo delle comunicazioni tra centro Italia e pianura padana, estendendo nel tempo la propria influenza su una vasta area che dalla pianura pistoiese si spingeva in profondità a nord lungo la valle del Reno, fin verso Vergato, grazie alle donazioni elargite da Bonifacio di Canossa e dall'imperatore, poi dai vescovi felsinei interessati al controllo della montagna, e infine dalla grancontessa Matilde e dai possidenti locali di probabile origine longobarda legati ai signori di Stagno, dominatori di questa area montana.
Nel 1235 Savignano – 'confermato' dall'imperatore ai potenti conti Alberti, signori di una rete di castelli tra Limentra e Brasimone - comprendeva una rocca, dotata di una torre e collegata con una passatoia a un recinto murato posto a protezione di alcune case.

La montagna di Bologna
Nel corso del Duecento, con il declino della badia Taona, venne confermandosi l’interesse del comune di Bologna, già manifestatosi con la fortificazione del castello di Casio, per il controllo della valle del Reno, che alimentava il sistema idraulico del Reno-Navile, pilastro dello sviluppo economico cittadino di quegli anni.
La controffensiva dei signori ghibellini della montagna guidati dai conti di Panico non fermò Bologna, che nel 1293 conquistò il castello di Savignano, distruggendolo quasi completamente, per dotarlo poi di nuove mura e strutture atte a ospitare una guarnigione, e pochi anni dopo distrusse anche il castello di Panico, affermando il proprio dominio su questa area.
Con il nuovo secolo emersero però - anche a Savignano - i segni della profonda crisi che avrebbe segnato a lungo la montagna bolognese; nuovi assetti politici ed economici avrebbero in seguito spostato a fondovalle, a Vergato e Porretta, il centro delle relazioni territoriali, e reso obsoleti gli apparati fortificati appenninici. Alla fine del Settecento Savignano era ormai ridotto a un rudere.

La Rocchetta Mattei: eclettismo e elettromeopatia
Nel 1850 - dieci anni dopo il completamento della strada da Bologna a Porretta, estesa poi fino a Pistoia - il terreno dove era sorto il castello venne acquistato dal conte bolognese Cesare Mattei, erede di una ricca famiglia di origine ferrarese con proprietà a Bologna, Budrio e Comacchio e uno dei cento fondatori della Cassa di Risparmio in Bologna. Mattei aveva ottenuto solo pochi anni prima con il fratello il titolo nobiliare dal papa, per il contributo dato alla guerra contro l'Austria donando allo Stato pontificio la strategica fortezza comacchiese di Magnavacca che controllava l’accesso alle valli venete e all'Adriatico.
A partire dal 1859 il conte scelse la ‘rocchetta’, come volle battezzare lo splendido castello in stile eclettico da lui edificato sulle rovine di Savignano, come sua dimora principale, facendone la creazione di una vita. Mattei ideò l’impianto dell’edificio e diresse personalmente i lavori - durante i quali, secondo una testimonianza tarda e finora non verificata, sarebbero emersi i resti dell'antico castello - decorando e modificando incessantemente la sua opera negli anni successivi.
Abbandonata la vita politica, Mattei poté dedicarsi nella Rocchetta agli studi di medicina e omeopatia intrapresi in precedenza da autodidatta nella villa budriese di Vigorso a seguito della malattia della madre, e sfociati nella ‘invenzione’ della elettromeopatia: un metodo terapeutico segretissimo che intendeva combattere numerose patologie, compreso il cancro, equilibrando e ‘neutralizzando’ le cariche elettriche del corpo con un mix di omeopatia e fitoterapia, alchimia e magnetismo.
Sfidando l’ostilità di gran parte del mondo medico, all’inizio degli anni Ottanta Mattei iniziò la produzione in grande stile dei suoi rimedi, presto venduti in tutto il mondo. Numerose celebrità visitarono in quegli anni la corte ‘medievale’ del conte alla Rocchetta, dotata anche di un buffone, mentre i pazienti affluivano nei villini climatici del borgo dell’Archetta edificato all'interno della vasta proprietà collegata al castello, contributo del conte allo sviluppo del turismo salutista appenninico che aveva nelle terme di Porretta il suo storico caposaldo.

Dal declino alla valorizzazione della Rocchetta
Morto Mattei a fine secolo, la sua attività venne proseguita dal collaboratore e figlio adottivo Mario Venturoli - che completò i lavori alla Rocchetta reinterpretandoli in chiave liberty e intervenendo anche su case e villini della tenuta – e dagli eredi di questi.
Tra le due guerre i vincoli sanitari e burocratici posti alla produzione dei rimedi innescarono il rapido declino dell’elettromeopatia, ormai completo nella seconda metà degli anni Cinquanta. In quel periodo la Rocchetta – che durante la seconda guerra mondiale era stata occupata dal comando tedesco e saccheggiata degli arredi - passò ad altri proprietari, che trasformarono alcuni edifici minori in un albergo-ristorante e aprirono il castello al pubblico.
Il vincolo di tutela posto dallo Stato a metà degli anni Ottanta non impedì il progressivo degrado dell’edificio. Solo nel nuovo millennio si è concretizzato il recupero e la valorizzazione della Rocchetta: acquistato nel 2006 dalla Fondazione legata alla banca che Mattei aveva contribuito a fondare, e dopo un impegnativo restauro filologico, dal 2015 l'edificio è stato riaperto al pubblico grazie all’accordo con le amministrazioni locali e l’impegno del locale associazionismo.
Il fascino eclettico ed esoterico della Rocchetta ne hanno fatto l'ambientazione ideale per film, tra i quali 'Balsamus, l'uomo di Satana' di Pupi Avati (1968) e 'Enrico IV' di Marco Bellocchio (1984)-

VISITA
Tra i maggiori esempi di architettura eclettica in Italia, la Rocchetta riflette nella compresenza di stili - dal neogotico al moresco orientalista al liberty - le diverse fasi costruttive e decorative della struttura, di volta in volta ispirate a tendenze internazionali, in parte filtrate da esperienze decorative 'bolognesi' e rilette in chiave fortemente personale, specie nelle parti attribuite a Mattei.
Nel percorso di carattere iniziatico creato dal labirinto di sale e torri, scaloni e cortili - alcuni ancora in restauro - emergono alcuni ambienti di grande impatto: l’orientaleggiante loggia Carolina, la camera da letto padronale con soffitto a stalattiti, la scala 'delle visioni' decorata da un’allegoria dell’omeopatia vittoriosa sulla vecchia medicina, il cortile dei Leoni ispirato all'Alhambra di Granada, la cappella ispirata alla grande moschea di Cordoba dove nel 1906, secondo i suoi voleri, venne sepolto il corpo del conte, il salone della Pace dedicato alla vittoria nella prima guerra mondiale.
In diversi punti del complesso, specie nelle aree all'aperto, affiora la roccia sulla quale vennero edificati l’antico e il nuovo edificio, con una forte integrazione tra elemento naturale e costruito. Rilevante nel progetto fu l'utilizzo, insieme a elementi decorativi prodotti artigianalmente in loco, di opere d'arte antica provenienti da altri contesti, e acquisite sul mercato antiquario o da privati.
Attorno all'edificio principale sono presenti diverse strutture di servizio, come la limonaia, alcune delle quali trasformate nel tempo in villette o strutture ricettive; una elegante scala in macigno conduce dal parco verso la via Porrettana.


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