Finale Emilia (MO)
Un tempo paludosa e ricca di selve, questa area venne bonificata in età romana, divenendo uno snodo strategico delle vie d’acqua che dall’appennino raggiungevano il Po e i porti di Aquileia e di Classe.
Secondo alcune ipotesi, un sito fortificato sarebbe qui sorto già all’epoca delle guerre longobardo-bizantine, sull’instabile fascia di confine tra i due contendenti, o più tardi, tra IX e X secolo, a difesa dalle scorrerie ungariche. Risale però solo al 1009 la prima citazione di un castrum Finalis, collocato probabilmente nei pressi della chiesa di San Lorenzo e dato, in parte, insieme a quest'ultima dal vescovo di Modena all’abbazia di Nonantola, promotrice in questa area di nuove opere di bonifica e riassetto territoriale.
Da qui passava la via Romea Longobarda Nonantolana, un fascio di antichi itinerari che dall’Europa centro-orientale e dalle terre venete, superato il Po, proseguiva lungo il corso del Panaro collegando le due abbazie benedettine di Nonantola e Fanano, e attraverso i valichi appenninici giungeva in Toscana.
Il castello dei Modenesi
Una spinta decisiva all’edificazione del castello nella sede attuale, e alla nascita del borgo, venne ai primi del Duecento dal comune di Modena, interessato a consolidare la sua presenza in questa area per difendersi dagli attacchi provenienti da Ferrara.
Nel 1227 i Modenesi, che dal 1213 avevano qui eretto una torre difensiva con funzioni anche di porta d’accesso al borgo e di controllo del traffico fluviale, ottennero dal vescovo cittadino la giurisdizione su una serie di corti e castelli, compreso quello di Finale. Per favorire il popolamento, il comune fece di Finale un borgo ‘franco’, esente cioè da imposte, ottenendo inoltre dalla propria diocesi diversi diritti sulle pertinenze territoriali - in particolare paludi e boschi - di questo come di molti altri castelli della zona.
Nel 1288 Obizzo d’Este ottenne per la prima volta la signoria di Modena, imponendo il proprio controllo anche su Finale, ma all’inizio del secolo successivo i Modenesi riuscirono per breve tempo a riprendere e fortificare il castello, inglobando la torre in un recinto rettangolare di mura, poi distrutte.
Finale estense: un castello per la difesa...
Consolidatosi a partire dagli anni Trenta del Trecento, il passaggio al dominio estense aprì per Finale una lunga fase di sviluppo economico e urbanistico; già nel corso di quel secolo la deviazione delle acque del Panaro all’interno del borgo fortificato attraverso il canale Naviglio e la costruzione di un’ampia darsena ne fecero un importante porto fluviale a controllo della navigazione tra Ferrara e Modena.
Nel 1402 Nicolò III d'Este incaricò l’architetto militare Bartolino Ploti da Novara - progettista anche dei castelli di Ferrara, Mantova e San Felice - di ricostruire il castello che era stato distrutto da un incendio, rivedendo inoltre l’intero apparato difensivo del borgo per adeguarlo alle nuove tecniche militari.
Finale divenne così uno dei massimi baluardi militari del territorio modenese: dotato di pianta quadrata, torri angolari e camminamenti, l’edificio integrò nella nuova struttura la torre duecentesca, sopraelevandola. Grande attenzione venne inoltre posta al perimetro difensivo del complesso, con la realizzazione di una nuova possente cinta muraria, circondata su tre lati da un largo fossato che isolava il castello dal borgo, mentre il quarto lato affacciava direttamente sul fiume facendone una barriera naturale contro gli assalti nemici.
… e per la celebrazione della signoria
Pochi decenni dopo, le mutate condizioni politiche misero in primo piano le funzioni civili e di rappresentanza del castello a fianco di quelle militari: nel 1425 l’architetto Giovanni da Siena, subentrato a Bartolino nelle opere finalesi, realizzò così una serie di interventi tesi ad adattare l’edificio alle esigenze residenziali e di celebrazione della signoria.
Un elegante accesso per via d’acqua, presidiato dalle aquile estensi, fu realizzato sul lato verso Ferrara, mentre l’abbattimento delle mura dal lato del fiume conferì pieno risalto al loggiato a tre ordini arricchito di capitelli marmorei. Anche gli interni furono riccamente decorati da artisti ferraresi, forse in epoca più tarda, con stemmi, imprese e simboli a esaltazione del potere e delle virtù del signore, come era consuetudine nei castelli estensi.
I lavori di abbellimento, riassetto e rafforzamento dell’edificio coinvolsero a metà secolo l’ingegnere ducale Pietro da Roncogallo (attivo anche nei castelli di Sassuolo, Modena e Ficarolo) e a fine secolo Biagio Rossetti, continuando anche negli anni successivi.
Dalla ‘Venezia estense’ all'economia agraria
A partire da metà Cinquecento le attività economiche e commerciali del borgo conobbero un ulteriore sviluppo, favorendo tra l’altro lo stanziamento di una fiorente comunità ebraica. Nello spazio lasciato libero da un ulteriore abbattimento delle mura sorsero palazzi, conventi e chiese, collegati dai tanti ponti e canali che fecero di Finale la ‘Venezia estense’.
Dopo la forzata devoluzione di Ferrara allo stato della Chiesa a fine secolo, il Naviglio-Panaro di Finale rimase per gli Este, ritiratisi nel loro ducato ‘imperiale’ di Modena e Reggio, l'unica via di accesso al mare e a Venezia, e nel castello venne realizzato un arsenale dove venivano costruiti i bucintori ducali.
Rimasta agli Este fino all’Unità d’Italia, Finale vide una radicale trasformazione urbanistica ed economica a partire dal 1890, quando il ramo del Panaro che la attraversava fu deviato e interrato. Reso necessario dal dissesto del sistema idraulico del territorio, che aveva causato alluvioni e allagamenti, e deliberato ancora sotto il regime ducale, questo evento segnò comunque la fine della vocazione commerciale e artigianale della città e il suo passaggio a un’economia agricola.
Dal revival storicistico alla valorizzazione
Proprio a seguito dell'interramento del Naviglio-Panaro il castello, che nel 1864 era divenuto di proprietà comunale, fu sottoposto alla fine dell'Ottocento a importanti lavori di consolidamento e restauro, che nell'onda del revival storicistico allora imperante ripristinarono in forme neorinascimentali il cortile interno, realizzati sotto la direzione di Raffaele Faccioli, direttore del neonato Ufficio regionale per la conservazione dei monumenti.
Sede delle carceri fino a metà Novecento, il castello è stato oggetto dai primi anni Ottanta del secolo di un lungo e articolato progetto di restauro e valorizzazione finalizzato a conferirgli nuove funzioni pubbliche.
Le indagini archeologiche intraprese in occasione dei lavori hanno consentito di approfondire la storia più antica dell’edificio e di recuperare una serie di reperti, poi ospitati nel museo civico aperto al suo interno.
Gravemente danneggiato dal terremoto che nel 2012 ha colpito la pianura modenese, il castello è stato poi messo in sicurezza, consentendo la riapertura della sede museale.
Ambiti territoriali presidiati dal castello:
valle Panaro,via Romea Nonantolana
Signori del castello tra medioevo e età moderna:
Comune di Modena,Este
Stili architettonici e decorativi nel castello:
Rinascimento e Manierismo,Storicismo Eclettismo Liberty
Bellei S. e Rovatti E. (a cura di), Castelli modenesi della Pianura, Collezioni modenesi CDL, s.d. (2000?)
Grandi E. (a cura di), Archeologia nei Castelli di Modena / Archaeology in the Castles of Modena, Provincia di Modena, s.d.
Calzolari M., Righini M., Tusini G. (a cura di), Le rocche di Finale in età estense (secoli XIV-XVI), San Felice sul Panaro, 2009