Castelvetro di Modena

Castello Rangoni
Castelvetro di Modena

Castello di Levizzano, su gentile concessione di www.comuni-italiani.it
via Cavedoni
loc. Levizzano Rangone
Castelvetro di Modena (MO)
tel 059 75 88 15, 059 75 88 15 URP Comune di Castelvetro
Sulle prime colline modenesi alle spalle di Castelvetro, tra Sassuolo e Vignola, Levizzano domina la valle del torrente Nizzola sulla sinistra del Panaro.

Da Nonantola ai Levizzani
Levizzano è citato alla fine del IX secolo in un documento nonantolano, con riferimento a una piccola torre d’avvistamento fortificata e circondata da un fossato; la struttura era probabilmente parte della rete difensiva eretta contro le scorrerie ungare sulla via Romea Nonantolana, che collegava lungo il Panaro l’abbazia di pianura alla consorella appenninica di Fanano giungendo poi nella Toscana pistoiese.
Nel 1038 il castello - ora assai ampliato e dotato di mura che racchiudevano una torre a base quadrata, una cappella e un piccolo borgo - era della diocesi di Modena, che lo concesse in enfiteusi con la curtis di cui faceva parte a Bonifacio di Canossa. Alla morte della grancontessa Matilde nel 1115 il castello tornò al vescovo modenese, che lo assegnò poi a una famiglia originaria del luogo, i Levizzani, già legati ai Canossa e titolari di cospicui beni a Modena. I Levizzani ampliarono ancora il complesso edificando il primo nucleo del palazzo residenziale, forse già allora collegato alla torre da una galleria sotterranea.


Il Trecento: il feudo Rangoni
Fra Due e Trecento Levizzano fu coinvolto con i castelli vicini negli scontri fazionari per il controllo di Modena, venendo conteso dai da Savignano, dai Boschetti e da Passerino Bonaccolsi, signore di Mantova e Modena.
Le dispute terminarono solo nel 1336, quando dopo lunghe lotte gli Este ottennero il vicariato imperiale di Modena. Sei anni dopo Levizzano venne acquistato dai potenti guelfi Rangoni loro alleati, che erano già signori di Castelvetro e che nel 1353 avrebbero avuto dai loro protettori anche Spilamberto. Dopo aver ottenuto l’infeudamento di Levizzano, i Rangoni aggiunsero il proprio nome a quello della località, come fecero anche a Castelnuovo, integrato ai loro domini alla fine del secolo.
Negli anni Settanta del Quattrocento la guerra scoppiata tra i vari rami della famiglia per il controllo di questi feudi venne risolta da un arbitrato estense che impose la divisione dei beni tra i contendenti, assegnando Livizzano con Castelvetro e Borgofranco a Ugo Rangoni, che era stato reggente di Forlì dopo la morte del cognato Antonio Ordelaffi.

Il Cinquecento: dal terremoto al palazzo signorile
Nel 1501 il terremoto che aveva colpito Modena danneggiò gravemente anche il castello; i lavori di ripristino furono occasione per una serie di interventi tesi ad adeguarne le difese, in particolare le mura, alle nuove tecniche di guerra imperniate sull’artiglieria pesante.
A partire dalla seconda metà del secolo, però, i nuovi assetti geopolitici emersi dalla pace di Cateau Cambresis ridimensionarono in maniera significativa il ruolo militare delle strutture difensive nell’area emiliana, che in molti casi videro prevalere la funzione residenziale. Anche il castello di Levizzano venne trasformato in una sontuosa dimora, dove spiccava la stanza detta ‘dei Vescovi’ con soffitti lignei a cassettoni, decorata con paesaggi rurali, motivi araldici e scene cavalleresche.
Nel Seicento venne restaurata la torre cosiddetta ‘matildica’, probabilmente di origine quattrocentesca, e ultimata la chiesa castellana dei santi Adalberto e Antonino, sorta sulla cappella medievale.

Tra Otto e Novecento: riuso degli spazi, recupero e valorizzazione
Dopo l’abolizione dei feudi imposta dal governo filofrancese, nel corso dell’Ottocento il palazzo divenne sede della scuola, mentre la torre assumeva la funzione di torre campanaria. A fine secolo venne consolidata l’ala sud ovest dell’edificio e rifatta la copertura del loggiato al primo piano.
Subentrato nella proprietà nel 1921, il comune provvide a metà degli anni Trenta a demolire l’ala nord ormai pericolante, realizzando al suo posto la sede del partito fascista, una palestra e una scuola.
Una nuova attenzione alla valorizzazione del territorio portò negli anni Settanta all’apertura nei sotterranei del castello di uno spazio dedicato al lambrusco, prodotto tipico di queste terre.
Importanti lavori di restauro, finanziati in gran parte con fondi ministeriali e conclusi nel 2007, hanno consentito il pieno recupero dell’edificio, destinato a sede del museo-ecomuseo del vino e della società rurale Rosso Graspa e ad attività culturali, convegnistiche e ristorative; nella torre ‘matildica’ è stato allestito uno spazio espositivo dedicato alla canapa.

VISITA
Il complesso fortificato, circondato dai resti della possente cinta muraria, si erge in un contesto collinare caratterizzato dalle coltivazioni della vite.
Al pianterreno del palazzo, nella stanza ‘dei Vescovi’, il soffitto a cassettone presenta fregi e figure allegoriche; la fascia alta delle pareti ospita all'interno di riquadri scene affrescate di ambiente cavalleresco, con episodi amorosi o di caccia e paesaggi rurali con piccoli villaggi e castelli che richiamano i luoghi circostanti.
La torre ‘matildica’ a pianta quadrata, in mattoni e pietra, è coronata da barbacani e merli di foggia ghibellina uniti da archi, che sostengono il tetto a quattro falde, mentre l’ex chiesa dedicata ai santi Adalberto ed Antonino presenta un aspetto seicentesco.
Dagli ambienti del museo ospitato nel complesso la visita continua nel territorio. Fuori dal borgo, l’oratorio di San Michele, forse di epoca longobarda, riedificato alla fine dell’XI e nel XV secolo, è stato restaurato di recente; il cimitero napoleonico costituisce una rara testimonianza storica.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Panaro,
via Romea Nonantolana
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Canossa,
Rangoni,
Este
Arte e Architettura

Stili architettonici e decorativi nel castello:

Rinascimento e Manierismo
Bibliografia
via Cavedoni
loc. Levizzano Rangone
Castelvetro di Modena (MO)
tel 059 75 88 15, 059 75 88 15 URP Comune di Castelvetro
Sulle prime colline modenesi alle spalle di Castelvetro, tra Sassuolo e Vignola, Levizzano domina la valle del torrente Nizzola sulla sinistra del Panaro.

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Da Nonantola ai Levizzani
Levizzano è citato alla fine del IX secolo in un documento nonantolano, con riferimento a una piccola torre d’avvistamento fortificata e circondata da un fossato; la struttura era probabilmente parte della rete difensiva eretta contro le scorrerie ungare sulla via Romea Nonantolana, che collegava lungo il Panaro l’abbazia di pianura alla consorella appenninica di Fanano giungendo poi nella Toscana pistoiese.
Nel 1038 il castello - ora assai ampliato e dotato di mura che racchiudevano una torre a base quadrata, una cappella e un piccolo borgo - era della diocesi di Modena, che lo concesse in enfiteusi con la curtis di cui faceva parte a Bonifacio di Canossa. Alla morte della grancontessa Matilde nel 1115 il castello tornò al vescovo modenese, che lo assegnò poi a una famiglia originaria del luogo, i Levizzani, già legati ai Canossa e titolari di cospicui beni a Modena. I Levizzani ampliarono ancora il complesso edificando il primo nucleo del palazzo residenziale, forse già allora collegato alla torre da una galleria sotterranea.


Il Trecento: il feudo Rangoni
Fra Due e Trecento Levizzano fu coinvolto con i castelli vicini negli scontri fazionari per il controllo di Modena, venendo conteso dai da Savignano, dai Boschetti e da Passerino Bonaccolsi, signore di Mantova e Modena.
Le dispute terminarono solo nel 1336, quando dopo lunghe lotte gli Este ottennero il vicariato imperiale di Modena. Sei anni dopo Levizzano venne acquistato dai potenti guelfi Rangoni loro alleati, che erano già signori di Castelvetro e che nel 1353 avrebbero avuto dai loro protettori anche Spilamberto. Dopo aver ottenuto l’infeudamento di Levizzano, i Rangoni aggiunsero il proprio nome a quello della località, come fecero anche a Castelnuovo, integrato ai loro domini alla fine del secolo.
Negli anni Settanta del Quattrocento la guerra scoppiata tra i vari rami della famiglia per il controllo di questi feudi venne risolta da un arbitrato estense che impose la divisione dei beni tra i contendenti, assegnando Livizzano con Castelvetro e Borgofranco a Ugo Rangoni, che era stato reggente di Forlì dopo la morte del cognato Antonio Ordelaffi.

Il Cinquecento: dal terremoto al palazzo signorile
Nel 1501 il terremoto che aveva colpito Modena danneggiò gravemente anche il castello; i lavori di ripristino furono occasione per una serie di interventi tesi ad adeguarne le difese, in particolare le mura, alle nuove tecniche di guerra imperniate sull’artiglieria pesante.
A partire dalla seconda metà del secolo, però, i nuovi assetti geopolitici emersi dalla pace di Cateau Cambresis ridimensionarono in maniera significativa il ruolo militare delle strutture difensive nell’area emiliana, che in molti casi videro prevalere la funzione residenziale. Anche il castello di Levizzano venne trasformato in una sontuosa dimora, dove spiccava la stanza detta ‘dei Vescovi’ con soffitti lignei a cassettoni, decorata con paesaggi rurali, motivi araldici e scene cavalleresche.
Nel Seicento venne restaurata la torre cosiddetta ‘matildica’, probabilmente di origine quattrocentesca, e ultimata la chiesa castellana dei santi Adalberto e Antonino, sorta sulla cappella medievale.

Tra Otto e Novecento: riuso degli spazi, recupero e valorizzazione
Dopo l’abolizione dei feudi imposta dal governo filofrancese, nel corso dell’Ottocento il palazzo divenne sede della scuola, mentre la torre assumeva la funzione di torre campanaria. A fine secolo venne consolidata l’ala sud ovest dell’edificio e rifatta la copertura del loggiato al primo piano.
Subentrato nella proprietà nel 1921, il comune provvide a metà degli anni Trenta a demolire l’ala nord ormai pericolante, realizzando al suo posto la sede del partito fascista, una palestra e una scuola.
Una nuova attenzione alla valorizzazione del territorio portò negli anni Settanta all’apertura nei sotterranei del castello di uno spazio dedicato al lambrusco, prodotto tipico di queste terre.
Importanti lavori di restauro, finanziati in gran parte con fondi ministeriali e conclusi nel 2007, hanno consentito il pieno recupero dell’edificio, destinato a sede del museo-ecomuseo del vino e della società rurale Rosso Graspa e ad attività culturali, convegnistiche e ristorative; nella torre ‘matildica’ è stato allestito uno spazio espositivo dedicato alla canapa.

VISITA
Il complesso fortificato, circondato dai resti della possente cinta muraria, si erge in un contesto collinare caratterizzato dalle coltivazioni della vite.
Al pianterreno del palazzo, nella stanza ‘dei Vescovi’, il soffitto a cassettone presenta fregi e figure allegoriche; la fascia alta delle pareti ospita all'interno di riquadri scene affrescate di ambiente cavalleresco, con episodi amorosi o di caccia e paesaggi rurali con piccoli villaggi e castelli che richiamano i luoghi circostanti.
La torre ‘matildica’ a pianta quadrata, in mattoni e pietra, è coronata da barbacani e merli di foggia ghibellina uniti da archi, che sostengono il tetto a quattro falde, mentre l’ex chiesa dedicata ai santi Adalberto ed Antonino presenta un aspetto seicentesco.
Dagli ambienti del museo ospitato nel complesso la visita continua nel territorio. Fuori dal borgo, l’oratorio di San Michele, forse di epoca longobarda, riedificato alla fine dell’XI e nel XV secolo, è stato restaurato di recente; il cimitero napoleonico costituisce una rara testimonianza storica.


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