Montecchio Emilia

Castello Estense
Montecchio Emilia

Castello di Montecchio Emilia,
Castello di Montecchio Emilia,
Castello di Montecchio Emilia,
Castello di Montecchio Emilia,
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Castello di Montecchio Emilia
via Alfonso d'Este, 5
Montecchio Emilia (RE)
tel 0522 861861-861864
Sulle prime colline dell’appennino reggiano, a metà strada fra Reggio e Parma, Montecchio si stende lungo la riva destra del fiume Enza, che segna qui il confine con il parmense.

Un sito strategico dello scacchiere canossiano
L’importanza strategica di Montecchio fu legata fin dall’antichità, e ancora in età longobarda, alla sua posizione privilegiata, allo snodo tra le vie pedemontane e gli antichi percorsi che da Brescello sul Po, via Parma o Reggio, giungevano in Lunigiana e in Garfagnana attraverso la valle dell’Enza e i valici appenninici.
Una torre sorse qui forse nel secolo XI, su un insediamento più antico, nel contesto del potente sistema fortificato impiantato dai Canossa sui rilievi appenninici tra Enza e Secchia, con funzioni di controllo degli accessi al nucleo centrale dei loro immensi territori, che all’epoca della grancontessa Matilde si estendevano dalla Lombardia alla Toscana.

Nell’orbita di Parma, al confine con Reggio: i Vicedomini
Estinta la dinastia canossiana, Montecchio - fin dall’alto medioevo al confine tra le giurisdizioni civili e religiose di Reggio e di Parma - venne confermato nel 1195 dall’imperatore al vescovo parmense, che vi nominò propri rappresentanti, detti vice-domini: termine che finì per indicare la famiglia dei Vicedomini di Montecchio, a lungo signori di fatto del castello.
I Vicedomini fortificarono l’originaria struttura difensiva forse fin dalla prima metà del Duecento, quando Montecchio fu a lungo conteso tra il vescovo e il comune di Parma, che ne assunse infine il controllo formale nel 1245. La fedeltà all’impero del castello e dei suoi signori non venne mai meno nel corso delle aspre lotte tra le fazioni parmensi, culminate due anni dopo nella presa di potere da parte dei guelfi.
Nel corso del secolo Montecchio venne coinvolto a più riprese anche nelle lotte tra Parma, Reggio e Modena, e tra le nascenti signorie, per il controllo del territorio; nel 1296 il castello riuscì a resistere all’assedio posto da Azzo d’Este, contrastato signore di Reggio, nel corso della sua guerra contro Parma e Bologna, ma nel 1317 venne raso al suolo con il suo borgo da Giberto da Correggio, che persa la signoria parmense stava attaccando le fortificazioni dell’area.

Il Trecento e il Quattrocento: Montecchio tra i Visconti e gli Este
A partire dai decenni centrali del Trecento Montecchio subì gli alterni destini della lunga contesa per i territori padani scoppiata tra gli Este e i Visconti, che nel 1348 posero fine al potere dei Vicedomini. Preso e perduto a più riprese dai contendenti, nel giro di pochi anni tra la fine del secolo e l’inizio di quello successivo il castello fu via via dato in feudo a famosi condottieri – Alberico da Barbiano, Ottobuono de’Terzi e Attendolo Sforza - a compenso dei servigi prestati all’una o all’altra parte.
Nel 1426 Montecchio tornò agli Este, che nel 1409 avevano potuto riaffermare la loro signoria su Reggio, grazie all’attacco sferrato dal nobile ferrarese Uguccione Contrari signore di Vignola - amico e massimo consigliere politico di Niccolò d’Este - che tenne il castello fino a metà secolo.
Ai ripetuti passaggi di mano si accompagnarono successivi interventi di potenziamento delle strutture difensive: a inizio Quattrocento con la costruzione della ‘Rotonda’ su impulso di Alberico da Barbiano; sotto la signoria di Uguccione Contrari con i lavori di fortificazione della struttura e di sistemazione delle fosse coordinati dagli ingegneri militari Accorsio e Guglielmo da Fano; nel 1482 con la costruzione di bastioni, cortine e fossati ordinata da Guido Torello di Torrechiara, che si era impossessato del castello nel corso della ‘guerra dei Rossi’.
Riavuto in breve Montecchio, nell’ultimo scorcio del secolo gli Este – dal 1452 duchi di Modena e Reggio per investitura imperiale - promossero imponenti opere di rafforzamento delle strutture difensive che portarono alla realizzazione, forse con l’intervento di Biagio Rossetti, di un giro di mura perimetrali lunghe più di 1300 metri, rafforzate nel 1536, a delimitare l’ampia area di nuova urbanizzazione.

Dal Cinquecento al Settecento: il marchesato di Montecchio
Allentatasi la pressione del ducato milanese ed esaurita la breve parentesi del governo papale su Reggio, dal 1523 gli Este poterono finalmente consolidare il proprio controllo sul territorio fino all’Enza, ottenendo nonostante le perduranti pretese di Parma la conferma imperiale di Montecchio, dal 1533 feudo privilegiato per i cadetti del casato.
L’autorità estense sul castello venne consolidata negli anni Sessanta dall’elevazione imperiale di Montecchio – comprendente i territori di Barco, Sant’Eulalia, Calerno e Gaida - a marchesato, con diritto di zecca, a favore del ramo discendente dall’unione tra il duca di Ferrara Alfonso I e Laura Dianti. La pretesa illegittimità di questa unione avrebbe consentito a fine secolo al Papa, morto senza eredi Alfonso II d’Este, di porre fine al secolare dominio del casato su Ferrara negando le pretese di Cesare marchese di Montecchio, che mantenne però i diritti di emanazione imperiale su Modena e Reggio, diventandone duca dopo la ‘devoluzione’ ferrarese.
Nel 1638 il feudo montecchiese venne assegnato al principe Luigi, figlio cadetto del defunto duca di Modena e Reggio, che cinque anni più tardi avrebbe ottenuto anche il marchesato di Scandiano. Luigi fissò a Montecchio la propria residenza avviando una serie di lavori finalizzati a valorizzare la funzione signorile della struttura, che compresero la colmatura delle fosse della rocchetta.
Estinto nel 1713 il ramo degli Este di Montecchio e Scandiano, il feudo tornò alla camera ducale, che nel 1752 allestì un teatro nella galleria che collegava il castello alla Rotonda. Nel 1771 il feudo fu assegnato con il marchesato a Clemente Bagnesi, primo ministro del Ducato modenese, che lo tenne fino alla morte avvenuta nel 1784. Nel 1813 fu avviata una campagna di restauri del castello, continuata per un a decina di anni, che portò tra l’altro alla realizzazione della sequenza di portici prospiciente la piazza.

Il Novecento: restauri, scoperte archeologiche e valorizzazione
Adibita dopo l’Unità d’Italia e fino al 1960 a carcere, la rocca, divenuta di proprietà comunale, fu adibita dal 1947 a sede di attività sociali, collocate nella sala ricavata dalla copertura del cortile, e dal 1954 della biblioteca e di attività culturali, ospitate nelle sale al piano nobile.
Alla fine degli anni Settanta furono avviati i lavori di restauro della struttura, continuati all’inizio del decennio successivo con la sistemazione del piano nobile e del torrione.
Gli scavi archeologici condotti a metà anni Novanta nei sotterranei hanno portato alla luce le antiche fondazioni del castello e le tracce di una antica chiesa dedicata a Sant’Ambrogio, insieme a un vasto sepolcreto risalente all'VIII-X secolo, a una calcara attiva tra X e XI secolo, probabilmente connessa alle prime fasi di edificazione della struttura, e a una cisterna. Alla fine del decennio nella zona orientale a ridosso del mastio è emerso il rivellino e la porta orientale con tracce di ponte levatoio. Gli interventi hanno consentito la piena valorizzazione del complesso, aperto alle visite.

VISITA
Il castello chiude un lato del borgo, modellandone la pianta, ed è separato dalla piazza dal porticato ottocentesco.
La torre del mastio, di impianto duecentesco, emerge insieme a una torre minore dal corpo dell’edificio a forma di quadrilatero irregolare, risalente a epoche successive, che era posto al centro di un vasto recinto fortificato, con muratura a scarpa e bastioni circolari agli angoli. Della cinta difensiva rimangono il fronte sul mercato nuovo e alcuni tratti, con le basi dei tre torrioni perimetrali e residui della fossa; le due porte di accesso vennero abbattute tra metà Otto e inizio Novecento, contestualmente alla riduzione delle mura.
Dal portone principale si accede al cortile coperto, in origine a cielo aperto, collegato da una scala ai sotterranei, dove sono visibili le tracce delle antiche fondazioni, della chiesa di sant’Ambrogio, del sepolcreto carolingio, della calcara e della cisterna.
Al piano terra, la sala del Bargello, destinata nel XVII secolo al comandante delle guardie e poi utilizzata dal principe Luigi d'Este, ospitava un imponente camino con lo stemma dei Visconti, ora ai musei civici di Reggio Emilia. Attraverso una scala a chiocciola si accede al piano nobile, che ospita la biblioteca con soffitto a cassettoni e una cappella secentesca, e agli spalti con il cammino di ronda e le antiche prigioni.
L’ascesa al torrione, alto trentacinque metri, consente di ammirare un affresco tardo trecentesco raffigurante una Madonna in trono con Bambino e Santi, un pendolo di Foucault e il complesso meccanismo dell’orologio settecentesco affacciato sulla piazza; in cima è la cella campanaria che ospita una campana di bronzo del 1577 con dedica al primo Marchese di Montecchio, e un’altra settecentesca.
Dalla sommità del torrione si apre un ampio panorama con la barriera verde dell'Enza, le murature imponenti del castello di Montechiarugolo e le costruzioni medievali e rinascimentali del centro storico, con il bastione della Rotonda di Barbiano.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Enza,
via Garfagnana-Lunigiana
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Canossa,
Contrari,
Este,
Este di Montecchio e Scandiano
Storie e Percorsi

Itinerari tematici e storici tra i castelli:

Scacchiere canossiano: Livello 1
Bibliografia
via Alfonso d'Este, 5
Montecchio Emilia (RE)
tel 0522 861861-861864
Sulle prime colline dell’appennino reggiano, a metà strada fra Reggio e Parma, Montecchio si stende lungo la riva destra del fiume Enza, che segna qui il confine con il parmense.

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Un sito strategico dello scacchiere canossiano
L’importanza strategica di Montecchio fu legata fin dall’antichità, e ancora in età longobarda, alla sua posizione privilegiata, allo snodo tra le vie pedemontane e gli antichi percorsi che da Brescello sul Po, via Parma o Reggio, giungevano in Lunigiana e in Garfagnana attraverso la valle dell’Enza e i valici appenninici.
Una torre sorse qui forse nel secolo XI, su un insediamento più antico, nel contesto del potente sistema fortificato impiantato dai Canossa sui rilievi appenninici tra Enza e Secchia, con funzioni di controllo degli accessi al nucleo centrale dei loro immensi territori, che all’epoca della grancontessa Matilde si estendevano dalla Lombardia alla Toscana.

Nell’orbita di Parma, al confine con Reggio: i Vicedomini
Estinta la dinastia canossiana, Montecchio - fin dall’alto medioevo al confine tra le giurisdizioni civili e religiose di Reggio e di Parma - venne confermato nel 1195 dall’imperatore al vescovo parmense, che vi nominò propri rappresentanti, detti vice-domini: termine che finì per indicare la famiglia dei Vicedomini di Montecchio, a lungo signori di fatto del castello.
I Vicedomini fortificarono l’originaria struttura difensiva forse fin dalla prima metà del Duecento, quando Montecchio fu a lungo conteso tra il vescovo e il comune di Parma, che ne assunse infine il controllo formale nel 1245. La fedeltà all’impero del castello e dei suoi signori non venne mai meno nel corso delle aspre lotte tra le fazioni parmensi, culminate due anni dopo nella presa di potere da parte dei guelfi.
Nel corso del secolo Montecchio venne coinvolto a più riprese anche nelle lotte tra Parma, Reggio e Modena, e tra le nascenti signorie, per il controllo del territorio; nel 1296 il castello riuscì a resistere all’assedio posto da Azzo d’Este, contrastato signore di Reggio, nel corso della sua guerra contro Parma e Bologna, ma nel 1317 venne raso al suolo con il suo borgo da Giberto da Correggio, che persa la signoria parmense stava attaccando le fortificazioni dell’area.

Il Trecento e il Quattrocento: Montecchio tra i Visconti e gli Este
A partire dai decenni centrali del Trecento Montecchio subì gli alterni destini della lunga contesa per i territori padani scoppiata tra gli Este e i Visconti, che nel 1348 posero fine al potere dei Vicedomini. Preso e perduto a più riprese dai contendenti, nel giro di pochi anni tra la fine del secolo e l’inizio di quello successivo il castello fu via via dato in feudo a famosi condottieri – Alberico da Barbiano, Ottobuono de’Terzi e Attendolo Sforza - a compenso dei servigi prestati all’una o all’altra parte.
Nel 1426 Montecchio tornò agli Este, che nel 1409 avevano potuto riaffermare la loro signoria su Reggio, grazie all’attacco sferrato dal nobile ferrarese Uguccione Contrari signore di Vignola - amico e massimo consigliere politico di Niccolò d’Este - che tenne il castello fino a metà secolo.
Ai ripetuti passaggi di mano si accompagnarono successivi interventi di potenziamento delle strutture difensive: a inizio Quattrocento con la costruzione della ‘Rotonda’ su impulso di Alberico da Barbiano; sotto la signoria di Uguccione Contrari con i lavori di fortificazione della struttura e di sistemazione delle fosse coordinati dagli ingegneri militari Accorsio e Guglielmo da Fano; nel 1482 con la costruzione di bastioni, cortine e fossati ordinata da Guido Torello di Torrechiara, che si era impossessato del castello nel corso della ‘guerra dei Rossi’.
Riavuto in breve Montecchio, nell’ultimo scorcio del secolo gli Este – dal 1452 duchi di Modena e Reggio per investitura imperiale - promossero imponenti opere di rafforzamento delle strutture difensive che portarono alla realizzazione, forse con l’intervento di Biagio Rossetti, di un giro di mura perimetrali lunghe più di 1300 metri, rafforzate nel 1536, a delimitare l’ampia area di nuova urbanizzazione.

Dal Cinquecento al Settecento: il marchesato di Montecchio
Allentatasi la pressione del ducato milanese ed esaurita la breve parentesi del governo papale su Reggio, dal 1523 gli Este poterono finalmente consolidare il proprio controllo sul territorio fino all’Enza, ottenendo nonostante le perduranti pretese di Parma la conferma imperiale di Montecchio, dal 1533 feudo privilegiato per i cadetti del casato.
L’autorità estense sul castello venne consolidata negli anni Sessanta dall’elevazione imperiale di Montecchio – comprendente i territori di Barco, Sant’Eulalia, Calerno e Gaida - a marchesato, con diritto di zecca, a favore del ramo discendente dall’unione tra il duca di Ferrara Alfonso I e Laura Dianti. La pretesa illegittimità di questa unione avrebbe consentito a fine secolo al Papa, morto senza eredi Alfonso II d’Este, di porre fine al secolare dominio del casato su Ferrara negando le pretese di Cesare marchese di Montecchio, che mantenne però i diritti di emanazione imperiale su Modena e Reggio, diventandone duca dopo la ‘devoluzione’ ferrarese.
Nel 1638 il feudo montecchiese venne assegnato al principe Luigi, figlio cadetto del defunto duca di Modena e Reggio, che cinque anni più tardi avrebbe ottenuto anche il marchesato di Scandiano. Luigi fissò a Montecchio la propria residenza avviando una serie di lavori finalizzati a valorizzare la funzione signorile della struttura, che compresero la colmatura delle fosse della rocchetta.
Estinto nel 1713 il ramo degli Este di Montecchio e Scandiano, il feudo tornò alla camera ducale, che nel 1752 allestì un teatro nella galleria che collegava il castello alla Rotonda. Nel 1771 il feudo fu assegnato con il marchesato a Clemente Bagnesi, primo ministro del Ducato modenese, che lo tenne fino alla morte avvenuta nel 1784. Nel 1813 fu avviata una campagna di restauri del castello, continuata per un a decina di anni, che portò tra l’altro alla realizzazione della sequenza di portici prospiciente la piazza.

Il Novecento: restauri, scoperte archeologiche e valorizzazione
Adibita dopo l’Unità d’Italia e fino al 1960 a carcere, la rocca, divenuta di proprietà comunale, fu adibita dal 1947 a sede di attività sociali, collocate nella sala ricavata dalla copertura del cortile, e dal 1954 della biblioteca e di attività culturali, ospitate nelle sale al piano nobile.
Alla fine degli anni Settanta furono avviati i lavori di restauro della struttura, continuati all’inizio del decennio successivo con la sistemazione del piano nobile e del torrione.
Gli scavi archeologici condotti a metà anni Novanta nei sotterranei hanno portato alla luce le antiche fondazioni del castello e le tracce di una antica chiesa dedicata a Sant’Ambrogio, insieme a un vasto sepolcreto risalente all'VIII-X secolo, a una calcara attiva tra X e XI secolo, probabilmente connessa alle prime fasi di edificazione della struttura, e a una cisterna. Alla fine del decennio nella zona orientale a ridosso del mastio è emerso il rivellino e la porta orientale con tracce di ponte levatoio. Gli interventi hanno consentito la piena valorizzazione del complesso, aperto alle visite.

VISITA
Il castello chiude un lato del borgo, modellandone la pianta, ed è separato dalla piazza dal porticato ottocentesco.
La torre del mastio, di impianto duecentesco, emerge insieme a una torre minore dal corpo dell’edificio a forma di quadrilatero irregolare, risalente a epoche successive, che era posto al centro di un vasto recinto fortificato, con muratura a scarpa e bastioni circolari agli angoli. Della cinta difensiva rimangono il fronte sul mercato nuovo e alcuni tratti, con le basi dei tre torrioni perimetrali e residui della fossa; le due porte di accesso vennero abbattute tra metà Otto e inizio Novecento, contestualmente alla riduzione delle mura.
Dal portone principale si accede al cortile coperto, in origine a cielo aperto, collegato da una scala ai sotterranei, dove sono visibili le tracce delle antiche fondazioni, della chiesa di sant’Ambrogio, del sepolcreto carolingio, della calcara e della cisterna.
Al piano terra, la sala del Bargello, destinata nel XVII secolo al comandante delle guardie e poi utilizzata dal principe Luigi d'Este, ospitava un imponente camino con lo stemma dei Visconti, ora ai musei civici di Reggio Emilia. Attraverso una scala a chiocciola si accede al piano nobile, che ospita la biblioteca con soffitto a cassettoni e una cappella secentesca, e agli spalti con il cammino di ronda e le antiche prigioni.
L’ascesa al torrione, alto trentacinque metri, consente di ammirare un affresco tardo trecentesco raffigurante una Madonna in trono con Bambino e Santi, un pendolo di Foucault e il complesso meccanismo dell’orologio settecentesco affacciato sulla piazza; in cima è la cella campanaria che ospita una campana di bronzo del 1577 con dedica al primo Marchese di Montecchio, e un’altra settecentesca.
Dalla sommità del torrione si apre un ampio panorama con la barriera verde dell'Enza, le murature imponenti del castello di Montechiarugolo e le costruzioni medievali e rinascimentali del centro storico, con il bastione della Rotonda di Barbiano.


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