Carpineti

Castello delle Carpinete
Carpineti

Castello di Carpineti, Archivio della Provincia di Reggio Emilia
via Castello delle Carpinete, 27
Carpineti (RE)
tel 333 2319133/ 339 2313875 (Gruppo il Melograno)
Nell’appennino reggiano, il castello si erge a poca distanza da Carpineti sullo sperone di arenaria del monte Antognano, sul crinale del Valestra-Fosola, che domina da 800 metri di altezza le vallate del Secchia e del Tresinaro.

Un caposaldo dello scacchiere canossiano
L’area attestata lungo il crinale del Valestra-Fosola rivestì a lungo una primaria funzione strategica, costituendo in età bizantina l’estremo avamposto della difesa contro la pressione longobarda. Risale forse alla fine del IX secolo, all’epoca delle scorrerie ungare, l’edificazione sul monte di una prima cinta fortificata, che venne consolidata in un castello alla metà del secolo successivo probabilmente ad opera di Adalberto Atto, conte di Mantova, Reggio, Modena e capostipite del casato dei Canossa.
Le Carpinete si trovarono presto al centro della potente rete fortificata impiantata dai Canossa sui rilievi appenninici tra l’Enza e il Secchia a difesa dei loro immensi possedimenti tra la Lombardia e la Toscana, articolata su postazioni a livelli diversi di altitudine e funzionalità difensiva che presidiavano le vie di comunicazione che dai passi appenninici scendevano fino al Po.
Caposaldo del nucleo di massima sicurezza – quello più interno, elevato ed impervio - dello scacchiere difensivo, il castello controllava in particolare gli antichi percorsi che collegavano Mantova alla Lunigiana e alla Garfagnana passando da un lato per i passi del Cerreto e di Pradarena e dall’altro per il passo delle Radici e San Pellegrino in Alpe.

Da Matilde di Canossa ai Fogliani
Nella seconda metà del secolo XI la fortificazione divenne una delle residenze privilegiate da Matilde di Canossa, che ne fece la sede di eventi decisivi per le sorti dello scontro tra impero e papato: qui papa Gregorio si rifugiò nel 1077 e qui si svolse nel 1092 il convegno di ecclesiastici e notabili che decise la continuazione della guerra contro Enrico IV. Alla morte della grancontessa nel 1115, il castello seguì le contrastate vicende della sua eredità: parte del patrimonio allodiale lasciato alla Chiesa, venne rivendicato da Enrico V, che lo donò alla moglie, un’altra Matilde, figlia del re di Inghilterra. Infeudato in seguito a Gherardo da Carpineti, fu poi coinvolto nelle dispute tra Parma e Reggio, e nel 1218 giurò fedeltà al comune di quest’ultima città.
Nel 1245 Carpineti entrò a far parte del patrimonio dei potenti guelfi Fogliani, protagonisti delle lotte fazionarie a Reggio, che in quegli anni riuscirono ad ampliare i propri possedimenti nel contado inglobando diversi beni già canossiani anche grazie alla parentela con il papa Innocenzo IV.
I Fogliani mantennero il castello - insieme ad Arceto, Sarzano, Paullo, Leguigno e molti altri - anche nel secolo successivo, quando le aspre contese per la signoria reggiana scoppiate tra i Gonzaga, i Visconti e gli Este li videro giocare ancora un ruolo di primo piano attraverso ripetuti cambi di fronte che crearono profonde spaccature in seno alla famiglia.

Dal Quattrocento: Carpineti estense
Nel 1412 gli Este, divenuti tre anni prima signori di Reggio e impegnati ora a consolidare il loro controllo del territorio, conquistarono il castello spodestandone i Fogliani. Attorno al 1430 furono avviati i primi interventi di rafforzamento della fortificazione, affidati all’architetto Fieravante Fieravanti; ma già trent’anni dopo l’edificio presentava seri problemi di manutenzione e venne presto quasi abbandonato.
Nel 1513, durante il breve dominio papale sul Reggiano, il castello venne assegnato, a compenso dell’appoggio fornito all’instaurazione del nuovo governo, al bandito Domenico Amorotto, signorotto del territorio appenninico nativo di Carpineti, che ne fece la base delle sue scorrerie.
Dieci anni dopo Carpineti tornò agli Este, che - ritiratisi alla fine del secolo nel loro ducato imperiale di Modena e Reggio dopo la forzata devoluzione di Ferrara al papa – nel corso del Seicento lo infeudarono successivamente ai marchesi Fontanelli e poi ai Molza, e nel secolo successivo al conte Giannini.

Fra Sette e Ottocento: il feudo Valdrighi
Nel 1775 il feudo con il titolo comitale fu acquistato per la notevole somma di 150.000 lire da Bartolomeo Valdrighi, alto magistrato ducale che aveva svolto un ruolo di primo piano nel progetto di accentramento dei poteri sovrani promosso da Francesco III contribuendo alla redazione del Codice di leggi del 1771 e alla riforma dell’università modenese dell’anno successivo.
Caduto in disgrazia il conte nel 1779, per aver emesso un parere giuridico sfavorevole al duca sulla successione al ramo spagnolo dei Pio di Savoia, il feudo venne abolito nel 1796 a opera del governo filofrancese.
Nel 1803 i Valdrighi riuscirono a recuperare il castello come proprietà privata, mantenendolo fino alla morte nel 1899 dell’ultimo membro del casato, lo storiografo, musicologo e grande collezionista di strumenti musicali Luigi Francesco.

Il Novecento: dal recupero alla valorizzazione
Ormai ridotto quasi in rovina, nel 1944 il castello – divenuto un rifugio partigiano - venne ulteriormente danneggiato da un attacco di artiglieria condotto dall’esercito tedesco.
Alla fine degli anni Settanta il complesso venne acquistato dell’amministrazione provinciale di Reggio Emilia, che avviò con la collaborazione delle soprintendenze competenti una serie di interventi urgenti di conservazione e restauro che interessarono soprattutto il mastio. Negli anni Novanta è stata avviata una campagna di scavi archeologici che ha portato alla luce le strutture dell’antico edificio e diversi reperti, alcuni dei quali risalenti al VI-V secolo a. C.
Dato in concessione al comune di Carpineti, il castello è oggi parte dell’ampia rete di percorsi escursionistici e culturali locali e del sentiero Matilde, sezione della della via Volto Santo che attraversa i possedimenti canossiani da Mantova a Lucca, passando per San Pellegrino in Alpe.

VISITA
Una strada ripida e tortuosa conduce alle poderose mura perimetrali, che sorgono dalle scoscese pareti in arenaria del monte e adattandosi alla conformazione del terreno circondano con andamento irregolare, prossimo al trapezio, gli imponenti ruderi del castello, orientato in direzione nord-sud.
Sul lato meridionale delle mura un avamposto circolare presidia l’accesso al cortile interno. Articolato attorno al massiccio mastio, il complesso recintato comprende il palatium residenziale a due piani, la cappella dedicata a santa Maria riemersa dagli scavi, dei secoli XI-XII, con pavimento in lastre d’arenaria in cui è inserito un grande masso circolare, e ulteriori strutture di servizio e produttive, un tempo integrate da orti, stalle e alcune abitazioni.
Un’ulteriore cinta proteggeva il mastio quadrangolare in masselli di pietra squadrati, a quattro piani; dalla sua cima, raggiungibile con un sistema di scale realizzate durante i restauri, si apre uno splendido panorama, dalla valle del Tresinaro con l’abitato di Carpineti a nord a quella del Secchia a sud, fino al monte Cimone e al Cusna. Un percorso didattico allestito all’interno del castello illustra l’evoluzione storica ed architettonica del castello.
A valle del complesso è il borgo, solo in parte intatto, con il cimitero cinquecentesco e la pregevole chiesetta dedicata a sant'Andrea, anch’essa restaurata, forse eretta dalla stessa Matilde di Canossa.
A pochi chilometri, la pieve dedicata a san Vitale, risalente forse all’epoca bizantina e dipendente dal vescovo di Ravenna, venne ricostruita e riconsacrata a metà del XII secolo; a Marola è la chiesa fondata da Matilde di Canossa tra il 1076 e il 1092, e il monastero benedettino di poco successivo, che presidiava con le sue strutture di accoglienza la strada che conduceva in Toscana.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Secchia,
valle Secchia-Tresinaro,
via Garfagnana-Lunigiana,
via Matildica del Volto Santo
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Canossa,
Fogliani,
Este,
Valdrighi
Storie e Percorsi

Itinerari tematici e storici tra i castelli:

Fascismo Guerra Resistenza,
Scacchiere canossiano: Livello 3
Bibliografia
via Castello delle Carpinete, 27
Carpineti (RE)
tel 333 2319133/ 339 2313875 (Gruppo il Melograno)
Nell’appennino reggiano, il castello si erge a poca distanza da Carpineti sullo sperone di arenaria del monte Antognano, sul crinale del Valestra-Fosola, che domina da 800 metri di altezza le vallate del Secchia e del Tresinaro.

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Un caposaldo dello scacchiere canossiano
L’area attestata lungo il crinale del Valestra-Fosola rivestì a lungo una primaria funzione strategica, costituendo in età bizantina l’estremo avamposto della difesa contro la pressione longobarda. Risale forse alla fine del IX secolo, all’epoca delle scorrerie ungare, l’edificazione sul monte di una prima cinta fortificata, che venne consolidata in un castello alla metà del secolo successivo probabilmente ad opera di Adalberto Atto, conte di Mantova, Reggio, Modena e capostipite del casato dei Canossa.
Le Carpinete si trovarono presto al centro della potente rete fortificata impiantata dai Canossa sui rilievi appenninici tra l’Enza e il Secchia a difesa dei loro immensi possedimenti tra la Lombardia e la Toscana, articolata su postazioni a livelli diversi di altitudine e funzionalità difensiva che presidiavano le vie di comunicazione che dai passi appenninici scendevano fino al Po.
Caposaldo del nucleo di massima sicurezza – quello più interno, elevato ed impervio - dello scacchiere difensivo, il castello controllava in particolare gli antichi percorsi che collegavano Mantova alla Lunigiana e alla Garfagnana passando da un lato per i passi del Cerreto e di Pradarena e dall’altro per il passo delle Radici e San Pellegrino in Alpe.

Da Matilde di Canossa ai Fogliani
Nella seconda metà del secolo XI la fortificazione divenne una delle residenze privilegiate da Matilde di Canossa, che ne fece la sede di eventi decisivi per le sorti dello scontro tra impero e papato: qui papa Gregorio si rifugiò nel 1077 e qui si svolse nel 1092 il convegno di ecclesiastici e notabili che decise la continuazione della guerra contro Enrico IV. Alla morte della grancontessa nel 1115, il castello seguì le contrastate vicende della sua eredità: parte del patrimonio allodiale lasciato alla Chiesa, venne rivendicato da Enrico V, che lo donò alla moglie, un’altra Matilde, figlia del re di Inghilterra. Infeudato in seguito a Gherardo da Carpineti, fu poi coinvolto nelle dispute tra Parma e Reggio, e nel 1218 giurò fedeltà al comune di quest’ultima città.
Nel 1245 Carpineti entrò a far parte del patrimonio dei potenti guelfi Fogliani, protagonisti delle lotte fazionarie a Reggio, che in quegli anni riuscirono ad ampliare i propri possedimenti nel contado inglobando diversi beni già canossiani anche grazie alla parentela con il papa Innocenzo IV.
I Fogliani mantennero il castello - insieme ad Arceto, Sarzano, Paullo, Leguigno e molti altri - anche nel secolo successivo, quando le aspre contese per la signoria reggiana scoppiate tra i Gonzaga, i Visconti e gli Este li videro giocare ancora un ruolo di primo piano attraverso ripetuti cambi di fronte che crearono profonde spaccature in seno alla famiglia.

Dal Quattrocento: Carpineti estense
Nel 1412 gli Este, divenuti tre anni prima signori di Reggio e impegnati ora a consolidare il loro controllo del territorio, conquistarono il castello spodestandone i Fogliani. Attorno al 1430 furono avviati i primi interventi di rafforzamento della fortificazione, affidati all’architetto Fieravante Fieravanti; ma già trent’anni dopo l’edificio presentava seri problemi di manutenzione e venne presto quasi abbandonato.
Nel 1513, durante il breve dominio papale sul Reggiano, il castello venne assegnato, a compenso dell’appoggio fornito all’instaurazione del nuovo governo, al bandito Domenico Amorotto, signorotto del territorio appenninico nativo di Carpineti, che ne fece la base delle sue scorrerie.
Dieci anni dopo Carpineti tornò agli Este, che - ritiratisi alla fine del secolo nel loro ducato imperiale di Modena e Reggio dopo la forzata devoluzione di Ferrara al papa – nel corso del Seicento lo infeudarono successivamente ai marchesi Fontanelli e poi ai Molza, e nel secolo successivo al conte Giannini.

Fra Sette e Ottocento: il feudo Valdrighi
Nel 1775 il feudo con il titolo comitale fu acquistato per la notevole somma di 150.000 lire da Bartolomeo Valdrighi, alto magistrato ducale che aveva svolto un ruolo di primo piano nel progetto di accentramento dei poteri sovrani promosso da Francesco III contribuendo alla redazione del Codice di leggi del 1771 e alla riforma dell’università modenese dell’anno successivo.
Caduto in disgrazia il conte nel 1779, per aver emesso un parere giuridico sfavorevole al duca sulla successione al ramo spagnolo dei Pio di Savoia, il feudo venne abolito nel 1796 a opera del governo filofrancese.
Nel 1803 i Valdrighi riuscirono a recuperare il castello come proprietà privata, mantenendolo fino alla morte nel 1899 dell’ultimo membro del casato, lo storiografo, musicologo e grande collezionista di strumenti musicali Luigi Francesco.

Il Novecento: dal recupero alla valorizzazione
Ormai ridotto quasi in rovina, nel 1944 il castello – divenuto un rifugio partigiano - venne ulteriormente danneggiato da un attacco di artiglieria condotto dall’esercito tedesco.
Alla fine degli anni Settanta il complesso venne acquistato dell’amministrazione provinciale di Reggio Emilia, che avviò con la collaborazione delle soprintendenze competenti una serie di interventi urgenti di conservazione e restauro che interessarono soprattutto il mastio. Negli anni Novanta è stata avviata una campagna di scavi archeologici che ha portato alla luce le strutture dell’antico edificio e diversi reperti, alcuni dei quali risalenti al VI-V secolo a. C.
Dato in concessione al comune di Carpineti, il castello è oggi parte dell’ampia rete di percorsi escursionistici e culturali locali e del sentiero Matilde, sezione della della via Volto Santo che attraversa i possedimenti canossiani da Mantova a Lucca, passando per San Pellegrino in Alpe.

VISITA
Una strada ripida e tortuosa conduce alle poderose mura perimetrali, che sorgono dalle scoscese pareti in arenaria del monte e adattandosi alla conformazione del terreno circondano con andamento irregolare, prossimo al trapezio, gli imponenti ruderi del castello, orientato in direzione nord-sud.
Sul lato meridionale delle mura un avamposto circolare presidia l’accesso al cortile interno. Articolato attorno al massiccio mastio, il complesso recintato comprende il palatium residenziale a due piani, la cappella dedicata a santa Maria riemersa dagli scavi, dei secoli XI-XII, con pavimento in lastre d’arenaria in cui è inserito un grande masso circolare, e ulteriori strutture di servizio e produttive, un tempo integrate da orti, stalle e alcune abitazioni.
Un’ulteriore cinta proteggeva il mastio quadrangolare in masselli di pietra squadrati, a quattro piani; dalla sua cima, raggiungibile con un sistema di scale realizzate durante i restauri, si apre uno splendido panorama, dalla valle del Tresinaro con l’abitato di Carpineti a nord a quella del Secchia a sud, fino al monte Cimone e al Cusna. Un percorso didattico allestito all’interno del castello illustra l’evoluzione storica ed architettonica del castello.
A valle del complesso è il borgo, solo in parte intatto, con il cimitero cinquecentesco e la pregevole chiesetta dedicata a sant'Andrea, anch’essa restaurata, forse eretta dalla stessa Matilde di Canossa.
A pochi chilometri, la pieve dedicata a san Vitale, risalente forse all’epoca bizantina e dipendente dal vescovo di Ravenna, venne ricostruita e riconsacrata a metà del XII secolo; a Marola è la chiesa fondata da Matilde di Canossa tra il 1076 e il 1092, e il monastero benedettino di poco successivo, che presidiava con le sue strutture di accoglienza la strada che conduceva in Toscana.


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