Castell'Arquato

Rocca Viscontea
Castell'Arquato

Rocca Viscontea, Archivio fotografico Castelli del Ducato di Parma e Piacenza
giardini Giovanni Paolo II, 1-2
Castell'Arquato (PC)
tel 0523 803215 (IAT)
Sulle prime colline del piacentino al confine con il territorio parmense, Castell'Arquato domina l’imbocco della valle dell’Arda alle spalle di Fiorenzuola.

Un presidio strategico: da Piacenza agli Scotti
Probabilmente fortificato già in età romana e riutilizzato come presidio militare longobardo lungo la strada per Bardi e Borgotaro, l’insediamento venne donato nel 789 con la pieve di santa Maria dal piacentino Magno al vescovo della città.
Nel corso del medioevo Castell’Arquato consolidò il suo ruolo strategico grazie alla posizione a controllo della via Francigena diretta in Lunigiana, attestata dalla presenza dell’ospitale di Santo Spirito. L’autonomia comunale, concessa nel 1220 con la donazione alla comunità dei beni vescovili, si scontrò con i crescenti tentativi di controllo esercitati da Piacenza; coinvolto nelle lotte tra fazioni guelfe e ghibelline, il castello resistette vittoriosamente all'assedio portato nel 1256 dalle truppe di Oberto Pallavicino.
Alla fine del Duecento Castell’Arquato divenne un importante centro dei vasti possedimenti controllati da Alberto Scotti, signore guelfo di Piacenza, tra val d’Arda, bergamasco e tortonese. In lotta fin dai primi del Trecento con i Visconti signori di Milano per il controllo della Lombardia, nel 1316 Alberto si rifugiò a Castell’Arquato; dopo un lungo assedio orchestrato da Galeazzo Visconti e dai suoi alleati Malaspina e Arcelli, la resa del castello segnò la fine di Alberto, morto in prigionia nella fortezza di Crema, e delle ambizioni degli Scotti.

La rocca dei Visconti
Nel corso del Trecento sotto il dominio dei Visconti - che stavano allora consolidando la loro egemonia sull’Emilia occidentale - Castell’Arquato fu sottoposto a importanti interventi di fortificazione. Agli anni Venti risale la cinta muraria del borgo con la porta ‘di sasso’ rivolta verso Vernasca e l’alta valle, mentre a partire dal 1342 fu avviata, su progetto dell'ingegnere Obertino Domezzano, la costruzione della rocca. La fortificazione, che richiese la demolizione di parte della chiesa di santa Maria e di alcuni edifici privati acquistati a questo scopo, venne ulteriormente ampliata e rafforzata nel 1347-1349 per volontà di Luchino Visconti.
Riconquistato il castello all’inizio del Quattrocento, gli Scotti ottennero nel 1414 dall’imperatore - con il diritto a utilizzare il patronimico Douglas, in riferimento a una leggendaria ascendenza scozzese del casato - l’investitura di Fiorenzuola e di Castell’Arquato. Sotto la minaccia degli Arcelli quest’ultimo venne però subito restituito dagli Scotti alla comunità, e da questa ai Visconti, che concessero al castello privilegi speciali e l’autonomia giuridica da Piacenza, imponendogli il nome di Castel Visconti rimasto in uso fino al 1470.

Gli Sforza di Santa Fiora
Passato nelle mani di una serie di condottieri legati a Milano – da Niccolò Piccinino, che promulgò gli statuti comunali, a Bartolomeo Colleoni e Tiberio Brandolino - nel 1466 il castello venne infeudato agli Sforza di Santa Fiora, imparentati con il casato sforzesco da poco subentrato alla guida del ducato.
Alla fine del secolo la vittoria su Ludovico il Moro diede per breve tempo al re di Francia il dominio su Castell'Arquato, che nel 1512 venne restituito ai suoi signori. La sua sottomissione nel 1530 alla giurisdizione piacentina a opera di papa Clemente VII suscitò la rivolta dei borghigiani e la resistenza degli Sforza di Santa Fiora, che avviarono in quel periodo la costruzione del grande torrione detto poi del Duca.
Dieci anni dopo il borgo riebbe l’indipendenza dal nuovo pontefice Paolo III Farnese, la cui figlia Costanza reggeva allora Castell’Arquato come vedova di Bosio Sforza di Santa Fiora. Nel 1567 - sotto il ducato di Parma e Piacenza istituito dal papa nel 1545 per l’altro figlio Pier Luigi - i feudi santafioreschi di Castell’Arquato, Torrechiara e Felino vennero eretti a marchesato in onore del figlio di Bosio e Costanza, il grande condottiero Sforza Sforza cavaliere del Toson d’Oro, che è sepolto nella chiesa arquatese di san Pietro.
A differenza di altre fortificazioni dell’area la rocca mantenne sempre la propria funzione militare, ma non venne mai adeguata alle nuove tecniche di difesa legate agli sviluppi dell’artiglieria, mantenendo l’impianto trecentesco. Utilizzata come sede di guarnigione e, dal 1627, come carcere mandamentale, la rocca non venne alterata neanche dalla trasformazione, usuale altrove, in palazzo residenziale, in quanto i signori di Castell’Arquato elessero a propria abitazione prima il palazzo del Podestà, e a partire dal Cinquecento quello detto Ducale.

Dal Settecento agli anni Duemila
Nel 1707, alla morte senza eredi diretti di Francesco Sforza di Santa Fiora, il marchesato venne riassorbito dalla camera ducale di Parma e Piacenza. Teatro della fucilazione dei ‘montanari’ ribellatisi al dominio napoleonico, fino agli anni Sessanta del Novecento la rocca rimase adibita a prigione.
Diventato famoso nel mondo come set del film Ladyhawke del 1985, il complesso ospita oggi il Museo della Rocca e mostre temporanee sull’arte della guerra nel Medioevo.


VISITA
Posto su un terrazzamento naturale formato da sedimenti di origine marina, l’edificio in laterizio rosso presenta caratteristiche originali, non riscontrabili in altri edifici del piacentino.
Il complesso è composto da due parti tra loro collegate e circondate da un doppio ordine di mura rettangolari: la cinta inferiore, più ampia e disposta su due livelli differenti, modellati sulla forte pendenza del terreno, era destinata alla guarnigione militare e a rifugio per la popolazione in caso di pericolo, mentre il recinto di dimensioni inferiori, collocato più in alto e perpendicolarmente al primo, era la ‘corte alta’ riservata ai comandi politici e militari.
Delle sei torri presenti, di forma e dimensioni diseguali, tre delle quattro poste agli angoli dei muri perimetrali sono prive del lato rivolto al cuore del complesso, e vuote all’interno, data la loro funzione di mero sostegno dei camminamenti di ronda. Torri e cortine murarie non presentano apparati a sporgere, a testimoniare il mancato adeguamento della struttura alle tecniche di difesa ‘alla moderna’.
Unica torre visitabile è l'imponente mastio orientale svettante sul borgo, alto più di 40 metri, che costituisce il nucleo originario dell’edificio; dalla sua cima si apre una splendida vista su un amplissimo territorio che si estende dalla pianura padano-lombarda fino alle Alpi, e dai rilievi appenninici al mare.
Altre porzioni del sistema difensivo arquatese sono ancora visibili: il torrione Farnese o del Duca, alto venti metri, le due porte superstiti della cinta muraria trecentesca del borgo, - a Sottana o porta di Sasso e la Monteguzzo – e il complesso fortificato della Sforzesca , posto tra Castell’Arquato e Fiorenzuola.
Parte del territorio comunale è compresa nel parco regionale dello Stirone e del Piacenziano; nei pressi della frazione di San Lorenzo è la rara area boscata di Santa Franca.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Arda,
via Romea Francigena | Cisa
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Scotti,
Visconti,
Sforza di Santa Fiora
Storie e Percorsi

Itinerari tematici e storici tra i castelli:

Le rocche al cinema
Bibliografia
giardini Giovanni Paolo II, 1-2
Castell'Arquato (PC)
tel 0523 803215 (IAT)
Sulle prime colline del piacentino al confine con il territorio parmense, Castell'Arquato domina l’imbocco della valle dell’Arda alle spalle di Fiorenzuola.

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Un presidio strategico: da Piacenza agli Scotti
Probabilmente fortificato già in età romana e riutilizzato come presidio militare longobardo lungo la strada per Bardi e Borgotaro, l’insediamento venne donato nel 789 con la pieve di santa Maria dal piacentino Magno al vescovo della città.
Nel corso del medioevo Castell’Arquato consolidò il suo ruolo strategico grazie alla posizione a controllo della via Francigena diretta in Lunigiana, attestata dalla presenza dell’ospitale di Santo Spirito. L’autonomia comunale, concessa nel 1220 con la donazione alla comunità dei beni vescovili, si scontrò con i crescenti tentativi di controllo esercitati da Piacenza; coinvolto nelle lotte tra fazioni guelfe e ghibelline, il castello resistette vittoriosamente all'assedio portato nel 1256 dalle truppe di Oberto Pallavicino.
Alla fine del Duecento Castell’Arquato divenne un importante centro dei vasti possedimenti controllati da Alberto Scotti, signore guelfo di Piacenza, tra val d’Arda, bergamasco e tortonese. In lotta fin dai primi del Trecento con i Visconti signori di Milano per il controllo della Lombardia, nel 1316 Alberto si rifugiò a Castell’Arquato; dopo un lungo assedio orchestrato da Galeazzo Visconti e dai suoi alleati Malaspina e Arcelli, la resa del castello segnò la fine di Alberto, morto in prigionia nella fortezza di Crema, e delle ambizioni degli Scotti.

La rocca dei Visconti
Nel corso del Trecento sotto il dominio dei Visconti - che stavano allora consolidando la loro egemonia sull’Emilia occidentale - Castell’Arquato fu sottoposto a importanti interventi di fortificazione. Agli anni Venti risale la cinta muraria del borgo con la porta ‘di sasso’ rivolta verso Vernasca e l’alta valle, mentre a partire dal 1342 fu avviata, su progetto dell'ingegnere Obertino Domezzano, la costruzione della rocca. La fortificazione, che richiese la demolizione di parte della chiesa di santa Maria e di alcuni edifici privati acquistati a questo scopo, venne ulteriormente ampliata e rafforzata nel 1347-1349 per volontà di Luchino Visconti.
Riconquistato il castello all’inizio del Quattrocento, gli Scotti ottennero nel 1414 dall’imperatore - con il diritto a utilizzare il patronimico Douglas, in riferimento a una leggendaria ascendenza scozzese del casato - l’investitura di Fiorenzuola e di Castell’Arquato. Sotto la minaccia degli Arcelli quest’ultimo venne però subito restituito dagli Scotti alla comunità, e da questa ai Visconti, che concessero al castello privilegi speciali e l’autonomia giuridica da Piacenza, imponendogli il nome di Castel Visconti rimasto in uso fino al 1470.

Gli Sforza di Santa Fiora
Passato nelle mani di una serie di condottieri legati a Milano – da Niccolò Piccinino, che promulgò gli statuti comunali, a Bartolomeo Colleoni e Tiberio Brandolino - nel 1466 il castello venne infeudato agli Sforza di Santa Fiora, imparentati con il casato sforzesco da poco subentrato alla guida del ducato.
Alla fine del secolo la vittoria su Ludovico il Moro diede per breve tempo al re di Francia il dominio su Castell'Arquato, che nel 1512 venne restituito ai suoi signori. La sua sottomissione nel 1530 alla giurisdizione piacentina a opera di papa Clemente VII suscitò la rivolta dei borghigiani e la resistenza degli Sforza di Santa Fiora, che avviarono in quel periodo la costruzione del grande torrione detto poi del Duca.
Dieci anni dopo il borgo riebbe l’indipendenza dal nuovo pontefice Paolo III Farnese, la cui figlia Costanza reggeva allora Castell’Arquato come vedova di Bosio Sforza di Santa Fiora. Nel 1567 - sotto il ducato di Parma e Piacenza istituito dal papa nel 1545 per l’altro figlio Pier Luigi - i feudi santafioreschi di Castell’Arquato, Torrechiara e Felino vennero eretti a marchesato in onore del figlio di Bosio e Costanza, il grande condottiero Sforza Sforza cavaliere del Toson d’Oro, che è sepolto nella chiesa arquatese di san Pietro.
A differenza di altre fortificazioni dell’area la rocca mantenne sempre la propria funzione militare, ma non venne mai adeguata alle nuove tecniche di difesa legate agli sviluppi dell’artiglieria, mantenendo l’impianto trecentesco. Utilizzata come sede di guarnigione e, dal 1627, come carcere mandamentale, la rocca non venne alterata neanche dalla trasformazione, usuale altrove, in palazzo residenziale, in quanto i signori di Castell’Arquato elessero a propria abitazione prima il palazzo del Podestà, e a partire dal Cinquecento quello detto Ducale.

Dal Settecento agli anni Duemila
Nel 1707, alla morte senza eredi diretti di Francesco Sforza di Santa Fiora, il marchesato venne riassorbito dalla camera ducale di Parma e Piacenza. Teatro della fucilazione dei ‘montanari’ ribellatisi al dominio napoleonico, fino agli anni Sessanta del Novecento la rocca rimase adibita a prigione.
Diventato famoso nel mondo come set del film Ladyhawke del 1985, il complesso ospita oggi il Museo della Rocca e mostre temporanee sull’arte della guerra nel Medioevo.


VISITA
Posto su un terrazzamento naturale formato da sedimenti di origine marina, l’edificio in laterizio rosso presenta caratteristiche originali, non riscontrabili in altri edifici del piacentino.
Il complesso è composto da due parti tra loro collegate e circondate da un doppio ordine di mura rettangolari: la cinta inferiore, più ampia e disposta su due livelli differenti, modellati sulla forte pendenza del terreno, era destinata alla guarnigione militare e a rifugio per la popolazione in caso di pericolo, mentre il recinto di dimensioni inferiori, collocato più in alto e perpendicolarmente al primo, era la ‘corte alta’ riservata ai comandi politici e militari.
Delle sei torri presenti, di forma e dimensioni diseguali, tre delle quattro poste agli angoli dei muri perimetrali sono prive del lato rivolto al cuore del complesso, e vuote all’interno, data la loro funzione di mero sostegno dei camminamenti di ronda. Torri e cortine murarie non presentano apparati a sporgere, a testimoniare il mancato adeguamento della struttura alle tecniche di difesa ‘alla moderna’.
Unica torre visitabile è l'imponente mastio orientale svettante sul borgo, alto più di 40 metri, che costituisce il nucleo originario dell’edificio; dalla sua cima si apre una splendida vista su un amplissimo territorio che si estende dalla pianura padano-lombarda fino alle Alpi, e dai rilievi appenninici al mare.
Altre porzioni del sistema difensivo arquatese sono ancora visibili: il torrione Farnese o del Duca, alto venti metri, le due porte superstiti della cinta muraria trecentesca del borgo, - a Sottana o porta di Sasso e la Monteguzzo – e il complesso fortificato della Sforzesca , posto tra Castell’Arquato e Fiorenzuola.
Parte del territorio comunale è compresa nel parco regionale dello Stirone e del Piacenziano; nei pressi della frazione di San Lorenzo è la rara area boscata di Santa Franca.


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