Borgonovo Val Tidone

Rocca di Borgonovo
Borgonovo Val Tidone

La Rocca di Borgonovo, sede del Municipio, su gentile concessione di www.comuni-italiani.it
piazza Garibaldi, 18
Borgonovo Val Tidone (PC)
tel 353 4113216 (IAT Valtidone Luretta)
All’estremità occidentale del Piacentino confinante con il Pavese, Borgonovo è situato nella bassa val Tidone tra la riva sinistra del fiume e il vicino corso del Po, a una ventina di chilometri dal capoluogo.

Una fortificazione tra Piacenza e Pavia
Storico canale di collegamento tra Lombardia, Liguria e Toscana lungo la strada che portava a Bobbio - utilizzata anche come collegamento tra Francigena e via degli Abati - questa area, percorsa un tempo anche dalla via Postumia, fu a lungo parte dei possedimenti dell’abbazia di San Colombano. Nel 1196 venne fortificata dal comune di Piacenza con un castello eretto in località Carsarnerio al fine di garantire una difesa dalle incursioni pavesi più efficace di quella esercitata fino ad allora dal più antico forte di Castelnuovo.
Frutto di un ordinato piano urbanistico, il borgo fortificato - denominato ‘nuovo’ per distinguerlo da quello di San Donnino allora conteso tra Piacenza e Parma - presentava una forma rettangolare con strade intersecantesi ad angolo retto, ed era dotato di mura circondate da un profondo fossato, con due porte a nord e a sud.
Solo tre anni dopo la sua edificazione - in assenza dei soldati piacentini impegnati contro i parmensi nella battaglia di Fidenza - i Pavesi riuscirono però ad attaccare e distruggere Borgonovo, che venne subito ricostruito e rafforzato con una rocca dalle istituzioni comunali.
Nel corso del Duecento le lotte fazionarie portarono a ripetute distruzioni del castello: nel 1237 a opera degli stessi Piacentini che intendevano così sottrarlo alla minaccia dell’imperatore Federico II allora attestato oltre il Po a Pavia, senza poterne impedire la conquista cinque anni dopo a opera di re Enzo; e a più riprese tra il 1267 e il 1272 dal ghibellino Ubertino Landi durante le scorrerie da lui lanciate nella valle con l’appoggio dei fuoriusciti piacentini.

Il Trecento: la rocca degli Arcelli
Ai primi del Trecento Borgonovo era controllato con numerosi altri presidi di Valtidone dai guelfi Arcelli, legati al casato da Fontana, che nel corso del secolo ricostruirono la rocca conferendole l’impianto attuale.
Rifugio dei guelfi cacciati dalla città da Alberto Scoto, Borgonovo divenne poi il centro dell’opposizione alle pretese dei Visconti su Piacenza, sotto la guida del loro ex alleato Leonardo Arcelli, venendo assediato e distrutto nel 1313 e nel 1318 su ordine di Galeazzo Visconti. Con il passaggio del Piacentino alla Chiesa gli Arcelli riebbero il feudo - ottenendo nel 1331 anche l’autorizzazione a ricostituire il locale mercato a risarcimento dei danni subiti – per perderlo nuovamente quattro anni dopo a vantaggio di Azzo Visconti.

Il Quattrocento: dagli Arcelli ai Visconti agli Sforza
Nel 1412 Borgonovo fu con Castel San Giovanni il centro più importante della contea di Valtidone creata dal nuovo duca di Milano Filippo Maria Visconti per il suo alleato Filippo Arcelli, che pochi anni dopo perse il feudo sotto l’accusa di ribellione, asserragliandosi nella rocca di Borgonovo, davanti alla quale vennero impiccati secondo alcune fonti il fratello e il figlio. Nel 1438 Borgonovo venne assegnato dal Visconti con molte altre fortificazioni dell’area al condottiero Nicolò Piccinino e poi ai suoi eredi, tornando a un figlio di Arcelli, Lazzaro, solo con l’avvento al ducato milanese di Francesco Sforza nel 1449.
Alla morte di Lazzaro, avvenuta l’anno successivo, il feudo di Borgonovo venne sottratto ai suoi eredi – che continuarono a Napoli il ramo degli Arcelli Fontana della Valtidone - e assegnato dal duca al figlio illegittimo, il condottiero Sforza Secondo, in occasione del suo matrimonio con Antonia Dal Verme. Perduto il feudo per essersi ribellato al padre, nel 1468 Sforza Secondo lo riottenne insieme al titolo comitale, che sarebbe stato mantenuto dalla famiglia per oltre due secoli.

Dal palazzo Zandemaria alla sede comunale
Con l’estinzione nel 1679 degli Sforza di Borgonovo, il feudo venne avocato dalla Camera ducale di Parma e Piacenza, compensando con una pensione i diritti ereditari di un ramo secondario della famiglia.
Nel 1691 il feudo di Borgonovo, allora il più popoloso del Piacentino, venne acquistato dal marchese Francesco Zandemaria - già inviato straordinario di Ranuccio II Farnese presso la corte del re di Francia, dell’elettore palatino di Neuburg, e in seguito presso la corte imperiale di Vienna – che a tal fine dovette vendere tutti i beni del suo casato nel Parmense, quintuplicando però in pochi anni le proprie rendite.
Nel corso del Settecento i nuovi signori promossero importanti interventi che trasformarono l’edificio militare in una dimora signorile, dotata di una ricchissima pinacoteca comprendente centinaia di opere di artisti quali il Correggio, Andrea del Sarto, il Guercino, Guido Reni.
Soppressi i feudi dall’amministrazione francese, gli Zandemaria mantennero la proprietà della rocca. Nel 1875, dispersa la pinacoteca sul mercato antiquario, le eredi vendettero l’edificio al Comune, che ne fece la propria sede, promuovendo verso la fine del secolo lo smantellamento dei terrapieni e la colmatura dei fossati.
Sottoposta di recente a interventi di restauro, la rocca comprende oggi gli spazi riservati al municipio, visitabili, e quelli destinati ad abitazione privata.


VISITA
Posto all'estremità del borgo, l’edificio a base quadrata con due torri angolari, circondato da un fossato colmato e articolato attorno al cortile interno, ha conservato in gran parte la struttura trecentesca.
I due fronti della muratura esterna in mattoni sono decorati da una cornice tre-quattrocentesca in cotto con un motivo a dente di sega, mentre i merli sono stati murati; sul terrapieno che occupa lo spazio del fossato prosciugato due ponti in muratura ad arco acuto sostituiscono gli antichi ponti levatoi.
Decentrato rispetto alla facciata, l’ingresso è situato nei pressi della torre del fronte sud, in corrispondenza con quello secondario collocato sul lato opposto.
All’interno gli interventi settecenteschi hanno prodotto risultati di grande effetto scenografico, evidenti in particolare nel loggiato a tre ordini e nel complesso scalone a due rampe con balaustre in cotto.
Recenti lavori di restauro hanno portato alla luce antiche merlature, alcune postazioni di cannoniere e ripristinato gli ingranaggi dei due ponti levatoi.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Tidone
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Abbazia di San Colombano,
Comune di Piacenza,
Arcelli,
Sforza di Borgonovo,
Zandemaria
Arte e Architettura

Stili architettonici e decorativi nel castello:

Barocco e Rococò
Bibliografia
piazza Garibaldi, 18
Borgonovo Val Tidone (PC)
tel 353 4113216 (IAT Valtidone Luretta)
All’estremità occidentale del Piacentino confinante con il Pavese, Borgonovo è situato nella bassa val Tidone tra la riva sinistra del fiume e il vicino corso del Po, a una ventina di chilometri dal capoluogo.

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Una fortificazione tra Piacenza e Pavia
Storico canale di collegamento tra Lombardia, Liguria e Toscana lungo la strada che portava a Bobbio - utilizzata anche come collegamento tra Francigena e via degli Abati - questa area, percorsa un tempo anche dalla via Postumia, fu a lungo parte dei possedimenti dell’abbazia di San Colombano. Nel 1196 venne fortificata dal comune di Piacenza con un castello eretto in località Carsarnerio al fine di garantire una difesa dalle incursioni pavesi più efficace di quella esercitata fino ad allora dal più antico forte di Castelnuovo.
Frutto di un ordinato piano urbanistico, il borgo fortificato - denominato ‘nuovo’ per distinguerlo da quello di San Donnino allora conteso tra Piacenza e Parma - presentava una forma rettangolare con strade intersecantesi ad angolo retto, ed era dotato di mura circondate da un profondo fossato, con due porte a nord e a sud.
Solo tre anni dopo la sua edificazione - in assenza dei soldati piacentini impegnati contro i parmensi nella battaglia di Fidenza - i Pavesi riuscirono però ad attaccare e distruggere Borgonovo, che venne subito ricostruito e rafforzato con una rocca dalle istituzioni comunali.
Nel corso del Duecento le lotte fazionarie portarono a ripetute distruzioni del castello: nel 1237 a opera degli stessi Piacentini che intendevano così sottrarlo alla minaccia dell’imperatore Federico II allora attestato oltre il Po a Pavia, senza poterne impedire la conquista cinque anni dopo a opera di re Enzo; e a più riprese tra il 1267 e il 1272 dal ghibellino Ubertino Landi durante le scorrerie da lui lanciate nella valle con l’appoggio dei fuoriusciti piacentini.

Il Trecento: la rocca degli Arcelli
Ai primi del Trecento Borgonovo era controllato con numerosi altri presidi di Valtidone dai guelfi Arcelli, legati al casato da Fontana, che nel corso del secolo ricostruirono la rocca conferendole l’impianto attuale.
Rifugio dei guelfi cacciati dalla città da Alberto Scoto, Borgonovo divenne poi il centro dell’opposizione alle pretese dei Visconti su Piacenza, sotto la guida del loro ex alleato Leonardo Arcelli, venendo assediato e distrutto nel 1313 e nel 1318 su ordine di Galeazzo Visconti. Con il passaggio del Piacentino alla Chiesa gli Arcelli riebbero il feudo - ottenendo nel 1331 anche l’autorizzazione a ricostituire il locale mercato a risarcimento dei danni subiti – per perderlo nuovamente quattro anni dopo a vantaggio di Azzo Visconti.

Il Quattrocento: dagli Arcelli ai Visconti agli Sforza
Nel 1412 Borgonovo fu con Castel San Giovanni il centro più importante della contea di Valtidone creata dal nuovo duca di Milano Filippo Maria Visconti per il suo alleato Filippo Arcelli, che pochi anni dopo perse il feudo sotto l’accusa di ribellione, asserragliandosi nella rocca di Borgonovo, davanti alla quale vennero impiccati secondo alcune fonti il fratello e il figlio. Nel 1438 Borgonovo venne assegnato dal Visconti con molte altre fortificazioni dell’area al condottiero Nicolò Piccinino e poi ai suoi eredi, tornando a un figlio di Arcelli, Lazzaro, solo con l’avvento al ducato milanese di Francesco Sforza nel 1449.
Alla morte di Lazzaro, avvenuta l’anno successivo, il feudo di Borgonovo venne sottratto ai suoi eredi – che continuarono a Napoli il ramo degli Arcelli Fontana della Valtidone - e assegnato dal duca al figlio illegittimo, il condottiero Sforza Secondo, in occasione del suo matrimonio con Antonia Dal Verme. Perduto il feudo per essersi ribellato al padre, nel 1468 Sforza Secondo lo riottenne insieme al titolo comitale, che sarebbe stato mantenuto dalla famiglia per oltre due secoli.

Dal palazzo Zandemaria alla sede comunale
Con l’estinzione nel 1679 degli Sforza di Borgonovo, il feudo venne avocato dalla Camera ducale di Parma e Piacenza, compensando con una pensione i diritti ereditari di un ramo secondario della famiglia.
Nel 1691 il feudo di Borgonovo, allora il più popoloso del Piacentino, venne acquistato dal marchese Francesco Zandemaria - già inviato straordinario di Ranuccio II Farnese presso la corte del re di Francia, dell’elettore palatino di Neuburg, e in seguito presso la corte imperiale di Vienna – che a tal fine dovette vendere tutti i beni del suo casato nel Parmense, quintuplicando però in pochi anni le proprie rendite.
Nel corso del Settecento i nuovi signori promossero importanti interventi che trasformarono l’edificio militare in una dimora signorile, dotata di una ricchissima pinacoteca comprendente centinaia di opere di artisti quali il Correggio, Andrea del Sarto, il Guercino, Guido Reni.
Soppressi i feudi dall’amministrazione francese, gli Zandemaria mantennero la proprietà della rocca. Nel 1875, dispersa la pinacoteca sul mercato antiquario, le eredi vendettero l’edificio al Comune, che ne fece la propria sede, promuovendo verso la fine del secolo lo smantellamento dei terrapieni e la colmatura dei fossati.
Sottoposta di recente a interventi di restauro, la rocca comprende oggi gli spazi riservati al municipio, visitabili, e quelli destinati ad abitazione privata.


VISITA
Posto all'estremità del borgo, l’edificio a base quadrata con due torri angolari, circondato da un fossato colmato e articolato attorno al cortile interno, ha conservato in gran parte la struttura trecentesca.
I due fronti della muratura esterna in mattoni sono decorati da una cornice tre-quattrocentesca in cotto con un motivo a dente di sega, mentre i merli sono stati murati; sul terrapieno che occupa lo spazio del fossato prosciugato due ponti in muratura ad arco acuto sostituiscono gli antichi ponti levatoi.
Decentrato rispetto alla facciata, l’ingresso è situato nei pressi della torre del fronte sud, in corrispondenza con quello secondario collocato sul lato opposto.
All’interno gli interventi settecenteschi hanno prodotto risultati di grande effetto scenografico, evidenti in particolare nel loggiato a tre ordini e nel complesso scalone a due rampe con balaustre in cotto.
Recenti lavori di restauro hanno portato alla luce antiche merlature, alcune postazioni di cannoniere e ripristinato gli ingranaggi dei due ponti levatoi.


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