Desoubleay Michel
1602/ 1676
dipinto

tela/ pittura a olio
cm 59 (la) 88,5 (a)
sec. XVII (1630 - 1640)
n. P99
La dea è raffigurata a mezza figura, leggermente ruotata a destra, con la falce di luna in fronte, mentre estrae una freccia dalla faretra, con la mano destra; nel gesto l'abito scende, scoprendo la spalla e parte del seno.

La tela raffigurante Diana, assieme al pendat con Apollo (inv. P 98), è riferibile ai primi anni di soggiorno bolognese dell'artista fiammingo, che giunse in città prima del 1636, entrando nella bottega di Guido Reni, di cui divenne uno dei maggiori allievi. Per A. Cottino (1992), le due figure presenterebbero infatti ancora una "pelle smaltata come nei cinquecentisti fiamminghi". Secondo E. Riccomini (1990), Desubleo, già in questi dipinti, persegue un'idea di "bellezza perfetta e intangibile", congelata entro "una patinatura smaltata e fredda", non ascrivibile nell'ambito della sua lontana formazione, ma già condizionata dall'adesione agli ideali reniani.
I due dipinti si dovevano trovare in Emilia già nel secolo scorso, in quanto vennero copiati in miniatura da Anna Campori, nobiildonna modenese, la cui raccolta d'arte confluì nel 1918 alla Galleria Estense di Modena