Artisti, artigiani, architetti, produttori
Manifattura Dallari Giovanni Maria
manifattura in maiolica/ terraglia/ ceramica
Giovanni Maria nacque a Pescarola frazione di Prignano sulla Secchia, nell'Appennino modenese, nel 1711 c. (infatti nell'atto di morte, del 1791, è detto di anni 80). Mancano notizie sulla sua formazione di ceramista; intorno alla metà del secolo egli era a Sassuolo "sergente maggiore"; passò poi nella società di Gio. Andrea Ferrari e soci, sorta nel 1741 in quel centro, per fabbricare maiolica, divenendo così attivo imprenditore. Allo scadere dei privilegi decennali rilevò l'azienda; non privo d'inventiva, fornì la fabbrica di un macchinario di sua invenzione che, usufruendo di una sola forza idrica, riusciva ad un tempo a macinare diversi colori, vemici ed altri ingredienti
La produzione si orientò fin da principio alle esigenze poste dal mercato sfornando oggetti d'uso comune, vasellame e stoviglie in maiolica a prezzo contenuto, per meglio rispondere alla domanda delle nuove classi borghesi. Certamente qualche modellatore della fabbrica fu portato a tentare anche la produzione di statuine in maiolica.
Giovanni Maria, pur utilizzando anche manodopera locale (Pietro Lei e Ignazio Cavazzuti, poi emigrati), organizzò la sua fabbrica facendo arrivare lavoranti da Faenza, Imola, Lodi, Bologna e Pavia. Proveniente da questa città sarebbe un Brizzi Africa, deceduto a Sassuolo nel 1756, che rivelò a Giovanni Maria il "segreto" per ritrovare la terra più adatta. Non solo riuscì ad ottenere, nel 1756, la privativa ducale in Sassuolo per la "maiolica fina", privativa estesa poi a tre generazioni, ma nel 1757 riuscì anche ad ottenere un provvedimento che limitava l'importazione delle maioliche forestiere nello Stato soltanto al periodo della fiera di Reggio; e nel 1761, con un successivo provvedimento, l'introduzione delle maioliche venne vietata in assoluto. Sgombro il campo da ogni possibile concorrenza interna ed estera, la fabbrica ebbe un notevole impulso e sappiamo dalla Descrizione generale del 1763 (Sassuolo, Arch. comun., Affari statistici) che a quel tempo i maiolicari sassolesi erano circa una ventina. A questo punto tale era la sete di maestranze locali che il 22 marzo 1765 la Comunità di Sassuolo si impegnò a retribuire il modellista della fabbrica perché insegnasse l'arte ai giovani. La fabbrica prosperò così in regime di monopolio assoluto e totale; lo prova infatti la notizia che nel 1765 un tentativo del marchese A. Taccoli di aprire una fabbrica di ceramiche nel proprio fondo di San Possidonio non poté aver seguito (1766) per le proteste del Dallari.
Giovanni Maria morì a Sassuolo il 23 gennaio 1791, ma già nel 1785 lasciò la fiorente e prosperosa fabbrica in mano al figlio Giovanni che incrementò la produzione, mantenendo le caratteristiche dei manufatti paterni, superavano i precedenti in qualità.
Ma il 1° febbraio 1791 venne seccamente revocato il divieto d'importare ceramiche, divieto che aveva costituito l'ossigeno per la fabbrica. Inoltre i privilegi dei Dallari non erano mai stati estesi alla mezzamaiolica e si stava assistendo ad un vero e proprio fiorire di nuove industrie locali. Giovanni, per cercare di arginare i guai econonùci derivanti dalla nuova situazione, si decise ad affittare la fabbrica per un decennio dal 10 aprile 1794, pur mantenendone la conduzione, ma le alterne vicende politico-militari che seguirono ne fecero un fuggiasco, perseguitato per le sue idee politiche repubblicane.
Morì il 17 agosto 1805 lasciando eredi della fabbrica i figli Onorio, Costanzo, Odoardo. La manifattura finì poi in mano ai Rubbiani nel 1854.
La produzione di Giovanni Maria si confonde, se non marcata (sul verso con la scritta per intero D. Sassuolo o con le iniziali D. S. impresse a crudo), con quella degli altri centri ceramici dai quali l'abile imprenditore aveva fatto arrivare le maestranze. Vi si ritrovano motivi decorativi lodigiani, o romagnoli, o veneti, a volte isolati. a volte mescolati in un unico pezzo. Tuttavia non mancano le caratteristiche particolari, quali certe forme abborchiate dei piatti e il grosso spessore perlaceo dello smalto che riveste i pezzi. Si predilessero motivi di paesaggi, fiori e ornati anche plastici e venne molto usata la decorazione azzurra su fondo bianco.