tela/ pittura a olio
sec. XIX (1835 - 1840)
dell’Asilo Infantile di Modena in attesa di essere venduto. Sembra inoltre
confermare questo dato la partecipazione del dipinto alla grande mostra malatestiana del 1886 dove è segnalato già di proprietà del Museo Civico con il titolo di Studio d’una testa rivolta al cielo. Quel che è sicuro è che l’opera è da ricondursi con certezza alla copiosa ritrattistica del Malatesta come palesa la qualità esecutiva che lo connota. Il dipinto viene citato tra le opere di data incerta nella biografia malatestiana redatta dall’Asioli e ordinata da Canevazzi. È probabile che l’opera venne realizzata dal pittore
modenese nella seconda metà degli anni Trenta, come sembrano attestare le analogie stilistiche che condivide con altre prove quali per esempio il San Mauro abate che ridona la vista a un cieco (Correggio, Museo Civico),
in cui il Malatesta definisce con particolare nitidezza e rigore i volti, conferendo tuttavia forti accenti naturalistici resi da una materia pittorica calda, trasparente e levigata, che fa appello alle prime sollecitazioni puriste di sapore neoquattrocentesco scaturite in occasione del soggiorno a Roma. In particolare nell’opera in esame alla sommaria rapidità esecutiva con cui è tracciato lo sfondo e le vesti, peraltro con caratteri stilistici prossimi al Ritratto dello scultore Bosa (Bassano, Museo Civico, inv. n. 87), fa da contrappunto la levità del colore e l’intensa luminosità del volto, incorniciato dai capelli e dalla folta barba. In mancanza di ulteriori dati documentari,
l’analisi dell’atteggiamento della figura di certo non riconducibile a un ritratto potrebbe condurre, anche se solo in via ipotetica, a identificare il dipinto in esame con la Testa di filosofo ricordata dall’Asioli come meravigliosa espressione, per sicurezza magistrale di tocco insuperabile» (Asioli 1905, p. 468), di proprietà del conte Gabardo Gabardi
di Carpi. Si segnala una versione analoga in collezione privata