Raccolta Comunale d'Arte
Piazza A. Fratti, 4
Forlimpopoli (FC)
Marchetti Giuseppe
1721/ 1801
dipinto

tela/ pittura a olio
cm 113 (a) 76 (la)
sec. XVIII (1777 - 1777)
n. 3502
Il beato Torello da Poppi viene raffigurato stante, il capo e lo sguardo rivolti verso l'alto in atteggiamento estatico. Diversamente dalle altre tele provenienti dal complesso della Madonna del Popolo e attribuite a Giuseppe Marchetti, in questa la figura del beato è inserita in un contesto naturalistico. Difatti alle sue spalle, in un fondo cupo, si staglia il profilo di una roccia (verosimilmente potrebbe trattarsi di un riferimento alla vita eremitica che Torello condusse sulle aspre montagne del Casentino) su cui si trova un gallo. Dall'alto sulla destra, una calda e soffusa luce dorata trapassa le nubi gonfie ed è a questo fascio di luce che il beato rivolge lo sguardo timoroso. Questi indossa il saio trattenuto in vita dal cingolo e l'ampio mantello col cappuccio grigi, vestimenti propri dei confratelli dell'Ordine. Le due mani trattengono un bastone nodoso e, assieme ad esso, la corona del rosario. In basso, sul fianco destro del religioso, si staglia il muso allungato di un animale selvatico dallo sguardo mansueto (cerbiatto?, lupo?).

Un'errata trascrizione nell'inventario della quadreria del 1975 del numero attribuito alla tela nell'inventario del 1972, aveva comportato l'errata identificazione dell'opera con altra, anch'essa raffigurante un beato del Terz'Ordine francescano. La corretta identificazione è stata resa possibile dal confronto con la tela, anch'essa di mano del Marchetti, raffigurante il beato Torello da Poppi conservata presso la Pinacoteca comunale di Forlì. La tela forlimpopolese, che gli inventari della quadreria comunale riferiscono a Giuseppe Marchetti, per analisi stilistica e contesto può essere ascritta, verosimilmente, a una serie di dipinti (dieci in totale quelli custoditi nella raccolta civica) commissionati al pittore forlivese, e da lui eseguiti intorno al 1777, per conto dei Padri del Terz'Ordine del convento della Madonna del Popolo di Forlimpopoli e, nella fattispecie, su commissione del Priore padre Gaspare Guiduzzi. Della esecuzione da parte del Marchetti resterebbe attestazione nella documentazione (coeva alle opere) allegata a due delle tele, il San Ludovico re di Francia e il Beato Paolo degli Ambrogi, conservata in copia presso l'Archivio del Museo Archeologico Civico. La serie sarebbe dedicata a figure eminenti di santi e beati afferenti al Terz'Ordine di S. Francesco. I religiosi avevano fatto il loro ingresso in Forlimpopoli nel 1506, avendo ottenuto il permesso dal Comune e da un breve di papa Giulio II della Rovere di edificare una loro chiesa e convento nei pressi di un’antica celletta detta di S. Giovanni «alle quattro strade»; i religiosi resteranno in città fino alla soppressione del convento decretata il 16 luglio 1798. Diversamente da quanto indicato nell'inventario della quadreria comunale del 1972, ossia della allocazione delle tele all'interno della chiesa - dove tuttora si conserva un ciclo di sei pale d'altare e di dodici dipinti di minori dimensioni realizzate dallo stesso Marchetti intorno al 1785, in parte restaurati fra il 1979 e il 1980 - più verosimilmente la serie dei santi e beati doveva essere sistemata nella parte conventuale. Ad oggi non si conoscono motivazioni, tempi e modalità del trasferimento dell'opera/delle opere nelle raccolte civiche date le complesse vicissitudini che hanno interessato l’intero complesso nel corso del XIX e XX secolo. Anche per questa serie di tele vale, senza tema di smentita, il giudizio espresso da Giordano Viroli sul ciclo della chiesa della Madonna del Popolo: dipinti dalla qualità “disomogenea”, come “si registra in altre opere del Marchetti di cronologia tarda”, che “non sfuggono a una definizione un po’ siglata di corpi e lineamenti dei visi, e ad una certa ripetitività di tipi e di soluzioni” (Viroli 1996, p. 186-187).
Secondo la Vita di autore anonimo, il beato Torello nacque a Poppi in provincia di Arezzo nel 1202 da genitori pii e devoti che lo educarono nel timor di Dio.
In gioventù Torello passò anni nell’inquietudine. Verso i vent’anni però, quasi improvvisamente, egli decise di cambiar vita. Per questo motivo si recò dall’abate di S. Fedele, il monastero vallombrosano situato nella cittadina di Poppi, per confessarsi e per esternagli la sua volontà di ritirarsi come eremita ad Avellaneto, ad un miglio da Poppi. Ad Avellaneto, per circa sessant’anni, Torello condusse una vita austera, di contemplazione. In quegli anni a lui si attribuirono molti miracoli. Si narra che quando Torello sentì approssimarsi la morte, egli tornò dall’abate di San Fedele per un conforto spirituale e per esternargli il desiderio di essere sepolto nella chiesa del monastero. Ritornato nel suo eremo in compagnia del suo discepolo Pietro, il 16 marzo 1282 Torello, ormai ottantenne, morì.
Dopo la morte, però, i monaci vallombrosani e vari gruppi di fedeli si contesero le spoglie per darne sepoltura ciascuno nella propria chiesa. La spuntarono i vallombrosani che seppellirono il beato Torello nella chiesa di Poppi.
Verso la fine del XV secolo, una nuova controversia dovette sorgere sul beato. In questa occasione il beato Torello fu oggetto di contesa tra vallombrosani e francescani. Ognuno di questi due ordini sosteneva che Torello era appartenuto alla propria famiglia. La pretesa dei vallombrosani si basava sui rapporti, indiscussi, tra Torello e l’abate di S. Fedele; quella dei francescani si basava sul fatto che Torello in vita aveva portato un (solo) abito simile al loro e aveva condotto un genere di vita simile ai (primi) francescani. Sembra, però, che Torello non fosse appartenuto a nessuno di questi due ordini religiosi, sebbene, come già detto, fu vicino ai vallombrosani della città di Poppi. Il culto del beato fu confermato da papa Benedetto XIV. Il Martirologio francescano lo ricorda il 16 marzo. In quel giorno il beato è festeggiato nelle diocesi di Forlì e di Arezzo, nonché in seno alla congregazione vallombrosana. Tra le fonti per la biografia del beato vanno ricordate la Vita di anonimo, edita negli Acta Sanctorum di Parigi del 1865, l’epitome di Gerolamo da Raggiuolo e una Vita scritta in volgare nel XIV secolo, attribuita al discepolo Pietro. In alcuni testi, Torello viene indicato col titolo di santo così come da molti viene venerato.