Museo Civico di Modena
Largo Porta S.Agostino, 337
Modena (MO)
Berrettoni Nicolò
1637/ 1682
Altra Attribuzione: Carlo Maratta
Giuseppe Chiari
dipinto

tela/ pittura a olio
cm 53 (la) 88 (a)
sec. XVII (1677 - 1682)
n. 175
Si tratta di una derivazione dalla grande pala eseguita tra il 1674 e il 1677 da Carlo Maratta per l’altare Assaloni nella chiesa romana di San Carlo ai Catinari e finita in Santa Maria di Carignano a Genova in seguito alle discordie intervenute tra i committenti. L’autografia marattiana di questo dipinto, che Campori acquistò dalla raccolta De Praetis di Urbino insieme a uno Sposalizio della Vergine che dopo la guerra è stato restituito alla famiglia, è accolta con dubbio da Amalia Mezzetti nel suo importante saggio sul pittore marchigiano (1955). Nel preparare il catalogo della mostra modenese del 1980, Carlo Volpe rinforzava tali dubbi e ne proponeva un’ascrizione a Giuseppe Chiari (Roma, 1654-1727), allievo e protetto del Maratta, di cui prolunga l’insegnamento ben dentro il nuovo secolo (BENATI 1980). Ancor meglio che a Chiari, i caratteri di corretta accademia marattiana che vi si notano convengono all’attività di Nicolò Berrettoni, al quale il dipinto è stato riferito insieme al suo pendant da Stella Rudolph (1998), che ha rinvenuto la citazione di entrambi nell’inventario dei quadri appartenuti a Giacomo Muccioli, redatto a Pesaro nel 1701 (RUDOLPH 1998 cit., p. 156 no. 135- 136): “Un quadro rappresentante lo sposalizio della Madonna di mano del medesimo Berrettoni. I Un quadro rappresentante il martirio di san Biagio con cornice intagliata e tutta indorata simile alle suddette, di mano del medesimo Berrettoni”. Collaboratore di Maratta nella decorazione di palazzo Altieri a Roma e della villa Falconieri a Frascati, Berrettoni dimostra in genere una “scarsa [...] facoltà inventiva [...] a scapito della grande duttilità manuale; ne consegue che egli continuerà ad appoggiarsi sulle idee del maestro e si piegherà infine ai modi crescentemente aulici da lui dettati” (RUDOLPH). In effetti l’adesione puntuale allo stile del maestro, condotta fino alle soglie di quella “sprezzatura” di senso quasi cortonesco di cui il maestro si compiaceva nei propri bozzetti (si vedano soprattutto i particolari minori e del fondo), è qui tale da giungere all’abile contraffazione, ma rivela alcuni cedimenti nella materia pittorica incerta e più allentata.