Museo Civico di Modena
Largo Porta S.Agostino, 337
Modena (MO)
Almanach
notizie 1650 (?)/ sec. XVIII, inizio (?)
Altra Attribuzione: Govaert Flinck
dipinto

tela/ pittura a olio
cm 202 (la) 189 (a)
sec. XVII (1650 - 1676)
n. 155
Fu per lungo tempo attribuito a Govaert Flinck (CAMPORI 1924; La Galleria Campori ... 1929; RAGGHIANTI 1939). In un intervento a cogliere, al di là della problematicità attributiva, la qualità del dipinto in relazione alla verità quotidiana e borghese che esso sa mettere in scena, Volpe (1980) ne ha proposto invece una designazione lombarda, senza tuttavia arrischiarsi a indicare un nome preciso visto lo stato allora ancora arretrato degli studi sulla pittura di genere negli anni che precedono l’exploit di Giacomo Ceruti. Tale designazione d’ambito puntava, secondo Volpe, “su una Lombardia ruvida e spagnolesca, taciturna e più vera del vero, che il costume dei quattro giocatori in giubba corta e brache al ginocchio, stabilisce intorno al 1650”. In questo senso lo studioso notava ancora come “la Forza dello straordinario dipinto non è soltanto nel ‘ritratto’, quanto nel suo organico legamento e nel profondo accordo umorale con una realtà di ira vissuta, come è questa che vede alcuni uomini, e una donna accanto a loro, in una pausa di greve silenzio, che non interrompe il passatempo usato del gioco delle bocce [...] con quel vecchio cocchiere, al centro della tela, che si direbbe visto da Courbet per disporlo, inginocchiato, presso la fossa dell’Enterrement; fisso invece sul punto da conquistare con la boccia nella mano mancina”. A più di vent’anni dalla mostra del 1980 la soluzione lombarda appare ancora stimolante. I reperimenti condotti nel frattempo hanno peraltro indotto chi scrive ad avvicinare la grande tela alla singolare personalità del cosiddetto Almanach, un artista documentato in Slovenia nel 1689 e ivi presumibilmente attivo ancora all’inizio del XVIII secolo (ROZMAN 1996), ma i cui rapporti con la coeva produzione di genere in Lombardia risultano lampanti: in questa prospettiva egli ha anche figurato con una intensa Famiglia di contadini nella sezione lombarda della mostra bresciana sulla scena di genere (Da Caravaggio ... 1998, pp. 424-425 n. 89). Il riferimento all’Almanach, confortato nel frattempo da un analogo parere di Mauro Natale, è stato poi accolto e discusso con ricchezza di argomenti da Michele Tavola (2000) in uno studio appositamente dedicato al pittore, in cui proprio il dipinto di Modena costituisce il pezzo forte. A parere dello studioso la sua esecuzione si situerebbe nella fase più sperimentale del pittore, svolta presumibilmente in Lombardia e anteriore dunque al 1676 allorché egli è già documentato in Carniola. Più prudente, ma in fondo solidale nell’impostazione del problema qui prospettata, era poi Federico Cavalieri nello schedare la tela in occasione della mostra dedicata al Ritratto in Lombardia da Moroni a Ceruti (2002) dove, a conferma delle connessioni già intraviste tra l’Almanach e quell’area, essa figurava accanto ad alcuni grandi ritratti di Famiglia di sicura pertinenza lombarda (la Famiglia Lucini del Castello Sforzesco di Milano e il Giuseppe Maria Arconati a una battuta di caccia di collezione privata), assai prossimi nella scelta di svolgere in senso narrativo la distribuzione dei personaggi (molto opportunamente Cavalieri usava in proposito il termine di “ritratto ambientato”). Ma, dopo le lucide pagine dedicate al problema da Tavola, non pare che abbiano ragione di sussistere i distinguo operati dallo studioso, propenso a individuare “entro il gruppo di opere attribuite all’Almanach [...] due differenti maniere”, applicate di volta in volta ai veri e propri dipinti di genere, come le varie redazioni dei Giocatori di carte, o a quelli di soggetto pauperistico, esemplificabili attraverso la Famiglia di contadini della Galleria Nazionale di Lubjana. Tra tali differenti maniere la tela modenese costituirebbe peraltro una sorta di ponte, rivelando altresì un preciso rapporto con il veneziano Pietro Bellotti e con la “fortuna della pittura di Monsù Bernardo, affine per temi ma non formalmente, attestata a Venezia e anche in Lombardia”. Mentre si rivela meno pertinente il rapporto con l’area veneta e con Bellotti caldeggiato anche da Mauro Lucco (2001, p. 510), propenso ad assegnare allo stesso Almanach il problematico Giramondo della National Gallery di Londra (un quadro assegnato in genere a Bellotti ma da ridiscutere a mio avviso in relazione a Giacomo Ceruti), andrà invece rimarcata la centralità che per i fatti lombardi in esame ricopre l’accertata presenza nel corso degli anni cinquanta a Milano e a Bergamo di Eberhard Keilhau, Monsù Bernardo appunto, secondo una prospettiva di ricerca già indicata anche da chi scrive (BENATI 2001, p. 24).