Museo Civico di Modena
Largo Porta S.Agostino, 337
Modena (MO)
Canuti Domenico Maria
1626/ 1684
Altra Attribuzione: Stringa Francesco
dipinto

tela/ pittura a olio
cm 158 (la) 244 (a)
sec. XVII (1661 - 1684)
n. 103
Si tratta di un’importante testimonianza relativa a un famoso dipinto che Annibale Carracci eseguì attorno al 1590 per la cappella Zambeccari nella chiesa del Corpus Domini a Bologna, poi nella collezione del duca d’Orléans e al momento perduto (un’altra copia, segnalata in BROGI 1996, è nel Museo d’arte industriale Davia-Bargellini e un’altra ancora, di ridotte dimensioni, appartiene a una collezione privata bolognese). Del quadro di Annibale, che la letteratura recente insiste nel riferire erroneamente ad Agostino, rimangono altresì alcuni disegni preparatori a Windsor Castle (WITTKOWER 1952, p. 112, nn. 95, 96), agli Uffizi (POSNER 1971, II, pp. 161-162, fig. 54), al Louvre (LEGRAND in Le dessin... 1994, p. 54 n. 33), a Brema e a Stoccarda (BROGI 1996, pp. 118-119, figg. 233-234). Sono poi note derivazioni grafiche di epoca successiva e un’incisione tratta dal dipinto allorché si trovava nella galleria del duca d’Orléans, dalla quale si evince che la copia qui considerata, pervenuta al Museo in condizioni assai precarie, è stata ridotta su entrambi i lati. Proprio a causa del cattivo stato di conservazione il dipinto, destinato da Giuseppe Campori alla Reale Pinacoteca di Modena a patto che venisse esposto, venne acquisito dal Museo Civico un anno prima che il marchese perfezionasse il lascito della sua intera quadreria. Recava una scritta “Miradois”, ora non più leggibile, che aveva fatto pensare in un primo momento a Luigi Miradori detto il Genovesino (“Il Cittadino”, 1887). In seguito Gabriella Guandalini (in Mostra di opere ... 1980) ne ha proposto un’attribuzione a Francesco Stringa, che è apparsa per lungo tempo impeccabile: non solo l’attività di copista del pittore modenese è ben documentata, legandosi ai compiti istituzionali derivanti dalla carica di Soprintendente alla Galleria Estense da lui ricoperta a partire dal 1661, ma la restituzione dell’accalorata tavolozza carraccesca attraverso una stesura che enfatizza i contrasti luminosi sembrava ben confacente allo stile dello Stringa, come appare nelle tele dell’abside della chiesa del Voto (1665-1670) e nell’Assunta della chiesa di San Carlo (1675). La ricostruzione della vicenda inventariale del quadro effettuata nella presente occasione impone invece di revocare quanto meno in dubbio tale ascrizione e di prospettare una diversa e più aderente soluzione. Risulta infatti inevitabile identificare il quadro nella “Copia del quadro famoso del Figlio Prodigo di Annibale Caracci, fatta per quanto pare da Domenico Maria Canuti”, citata al n. 91 nella Divisione della seconda metà delle pitture passate a Carlo Campori in seguito alla morte della madre Ginevra Legnani morta nel crollo del palazzo (1801). In seguito lo stesso dipinto ritorna, ma senza più indicazione d’autore, nell’inventario e stima dei quadri del 1857 (“Ancona pel lungo figurante il Ritorno del figliuol prodigo, quadro originale ben conservato con cornice intagliata e dorata”). Poichè è ben noto il ruolo tenuto da Domenico Maria Canuti nel revival carraccesco che interessa la pittura bolognese di fine Seicento, il riferimento contenuto nell’inventano del 1694, a soli dieci anni dalla sua morte, appare tutt’altro che sottovalutabile. Pur nella necessità di aderire al prototipo, il dipinto mostra in effetti quel ricorso ad abbreviature formali che denotano il gusto sapientemente barocco di Canuti, inducendo ad esempio al confronto con opere come l’Angelo custode tuttora nel Duomo di Mantova o il Miracolo dell’ostia consacrata ora in palazzo Pepoli Campogrande (STAGNI 1988, nn. 23, 33), confrontabili con il presente dipinto anche per la gamma cromatica scura e luministicamente ribassata.