Pinacoteca Comunale di Faenza
Via S. Maria dell'Angelo, 9
Faenza (RA)
Campigli Massimo
1895/ 1971
dipinto

tela/ pittura a olio
cm 64 (la) 75 (a)
99x90,5 con cornice
sec. XX (1955 - 1955)
n. 1753
Opera personalissima, addirittura squisita, di Massimo Campigli. Un tipico esempio della sua arte, che è anche parte di una delle più importanti serie nella produzione dell’artista: il ciclo della “Scalinata” comprendente circa 40 tele composte nell’arco di tempo fra il 1953 e il 1957.
Il motivo delle tre donne su una scalinata, che ad un primo sguardo sembra non comportare problemi, ad uno sguardo più attento si rivela molto complesso. Campigli modifica il tipo principale della figura di donna ritratta in posizione frontale, nella grandezza, nel colore, nel vestito e nella posizione delle braccia, a formare un quadrato, un semicerchio e un rombo, geometriche forme fondamentali oppure “geroglifici”, che nell’invenzione di un quadro «gli venivano fatti d’istinto», come ha dichiarato lo stesso artista nel 1955. Un accordo fra i singoli elementi è creato dal fondo uniformemente chiaro. Ulteriori corrispondenze sono dovute ad una “rima formale”, per esempio fra il seno della figura principale, gli arabeschi del balaustro e la linea ondulata del suo cappello, oppure fra le sue dita e la sua collana, oppure fra i gradini delle scale e i nastri dei vestiti. Tutto è intessuto insieme, le figure femminili si fondono con gli elementi architettonici circostanti.
Caratteristica dell’opera di Campigli è anche la rigida spartizione del quadro in senso verticale e orizzontale. Le linee intersecantisi nell’angolo retto delle donne verticalmente allineate da un lato e dei gradini orizzontali delle scale dall’altro lato creano di conseguenza una sorta di inferriata nel quadro che non solo contrasta l’effetto di profondità delle figure scaglionate nello spazio e la fuga delle scale, ribaltando la composizione nel piano, bensì incatena insieme anche le figure.
Il quadro infine deve il suo carattere fantasmatico ai singoli elementi parziali isolati della composizione. Come nel sogno, del quale si ricordano soltanto i frammenti, emergono elementi – persone e parti dell’architettura – singolarmente nello spazio vuoto, senza che si sappia esattamente se è uno spazio interno oppure esterno.
Il dettaglio del quadro che più colpisce è senza dubbio la collana della figura principale, che attira immediatamente l’attenzione dell’osservatore. In primo luogo la collana/catena come emblema della condizione di regina e di schiava della donna (ivi, pp. 79-80 e 105), è un motivo molto ricorrente in Campigli. In secondo luogo la collana con la sua eccentricità dà maggiore risalto alla stilizzazione della donna e conferisce alla figura principale l’aspetto di un “model”, piuttosto che di una persona reale. In terzo luogo la collana contiene una reminiscenza personale molto chiara, fatto inusuale per Campigli. Essa colloca il quadro – che non per caso rientra negli esempi più intimi di dimensioni minori del ciclo con sole poche donne – nel suo reale ambiente di Parigi. La collana riproduce, infatti, la stravagante collana che la pittrice Suzanne Rodillon, compagna a quel tempo di Campigli a Parigi, indossa in una fotografia nel catalogo della sua mostra personale nella Galleria del Cavallino a Venezia (1957).

Questo testo è parte della scheda di Eva Weiss per il catalogo della Collezione Bianchedi-Bettoli/Vallunga pubblicato da Bononia University Press nella collana Cataloghi dell’Istituto per i Beni Artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna.