RegioneEmilia - Romagna
NomeVia Emilia
Denominazione anticaVia Aemilia
Denominazione anticaItem ab Arimino Dertonam
AutoritàTracciata dal console Marco Emilio Lepido
Anno187 a.C.
Periodoetà della colonizzazione
EpocaRepubblicano
Inizio (luogo)Rimini
Fine (luogo)Piacenza
DescrizioneTracciata su un insieme di percorsi pedecollinari, la via Emilia fu realizzata con lo scopo di collegare gli insediamenti dei coloni romani della parte meridionale della pianura padana e di facilitare gli spostamenti dei contingenti militari nell'area e verso nord: così da subito unì le colonie e le piazzeforti di Rimini, Bologna, Modena, Parma e Piacenza, alle quali le fonti antiche aggiungono le molte località sorte successivamente. Fu realizzata da Marco Emilio Lepido nel 187 a.C. durante il suo primo consolato prolungando la via Flaminia (220 a.C.) da Rimini a Piacenza. La via Emilia costituì il cardine delle comunicazioni nella regione e in generale nell’Italia settentrionale, in quanto le città poste su di essa rappresentavano sia i capolinea delle strade provenienti dal versante appenninico che i punti di partenza di quelle dirette verso il nord. Il suo tracciato costituirà inoltre, in molti casi, l’asse da cui si dipartiranno le direzioni dei limiti centuriali con leggere variazioni a seconda dei luoghi. Queste caratteristiche geografiche sono alla base della continuità senza soluzioni ed interruzioni del percorso, sottolineato dai rinvenimenti ma ancor più dai manufatti ancora in essere, a partire dal punto iniziale della via, il ponte di Tiberio di Rimini, ancora in gran parte risalente al 21 d.C., datazione dell’iscrizione dedicatoria sul parapetto (CIL XI, 367). Particolarmente numerosi e indicativi, per la diffusione lungo tutto il percorso, sono i miliari, che assieme ai ponti extraurbani e alle città sono le opere caratterizzanti la strada e da lei la romanizzazione della pianura padana: già il primo tratto, tra Rimini e Cesena, presenta oltre al ponte di Tiberio, quelli sul fiume Uso a San Vito, in parte ancora visibile, e a Santarcangelo, che testimoniano lo sdoppiamento della via nel primo tratto, e quello sul fiume Rubicone a Savignano, assieme a ben sei o sette miliari, dei quali quattro (o cinque) con iscrizioni. Proseguendo in Romagna sono stati rinvenuti miliari con iscrizioni reimpiegati nell’abbazia di S. Ruffillo a Forlimpopoli e nelle pievi di S. Maria in Acquedotto e di S. Giovanni in Ottavo (nota come Pieve del Thò), più uno anepigrafe poco distante da Faenza, e poco dopo resti dei ponti antichi sul Lamone, sul Senio e sul Santerno. Particolarmente ricca s’è dimostrata l’area di Claterna e dell’odierna Castel S. Pietro Terme, da dove provengono due miliari con iscrizione e ben tre ponti, che attraversavano il fiume Sillaro (da cui proviene un’iscrizione) ed i torrenti Gaiana e Quaderna. Attorno a Bologna sono stati rinvenuti due ponti, sull’Aposa e sul Reno, e ben quattro miliari iscritti. Anche al modenese si devono rinvenimenti di miliari già da secoli, ma il grande incrocio di percorsi che caratterizza il sistema viario romano dell’area tra Modena e Bologna rende problematica l’attribuzione di molti dei dodici miliari, di cui undici iscritti, anche se è probabile che la maggior parte di essi siano da riferire all’Emilia, per l’importanza primaria sempre mantenuta dalla via d’origine repubblicana: oltre Modena si incontra il ponte sulla Secchia, noto soprattutto da un’iscrizione, e poi quello sull’Enza con in mezzo un miliario da Reggio Emilia. Anche tra i quattro miliari iscritti attribuiti tradizionalmente all’Emilia a Parma, ce ne sono di discussi se appartenenti alla via Parma-Brescello, via secondaria ma insolitamente ricca di miliari iscritti: infine nell’ultimo tratto si segnalano i ponti sui torrenti Parma, Stirone e Nure, e sul fiume Taro, oltre al miliario da Pontenure, ormai a pochi kilometri da Piacenza.
La data di fondazione e di avviamento dei lavori è citata da Livio, ma anche dai più antichi miliari, provenienti dal bolognese (CIL XI, 6641; 6642; 6645). Grande attenzione pose a tutta la rete viaria Augusto in diversi momenti e la via Emilia testimonia un interesse forse già nel 27 a.C. (CIL XI, 6650), ma sicuramente nel 2 a.C. quando la via ufficiale fu allungata al fiume Trebbia e probabilmente il tracciato fu complessivamente oggetto di importanti interventi (CIL XI, 8103 da Borgo Panigale; AE 1957,215 da San Vito di Rimini; AE 2000,584 da Rivalazzetto di Parma): l’inizio dei lavori del ponte sul Marecchia a Rimini nel 14 d.C. è forse il momento finale di tali lavori, di notevole impegno, considerando che il ponte è stato completato solo nel 21 (CIL XI, 367). Per l’età altoimperiale siamo informati su interventi puntuali soprattutto su ponti distrutti, come sul Sillaro nel 100 d.C. (CIL XI, 6813) e sul Secchia nel 259 d.C. (CIL XI, 826), ma anche di un intervento complessivo del 142 d.C. determinato da un lungo periodo d’incuria (CIL XI, 6664). Il IV sec. è un periodo di particolare attenzione alla via Emilia, per le diverse campagne militari tra i pretendenti dell’impero che la percorrono per conquistare Roma: ma i ventitre miliari (sebbene di alcuni sia incerta la via d’attribuzione) prodotti tra il ca. 300 e il ca. 377 testimoniano soprattutto la necessità e la ricerca di consenso mediante l’autocitazione su infrastrutture pubbliche di imperatori ed usurpatori, che avranno fatto qualche intervento per migliorare il passaggio dei propri eserciti, ma senza programmazione e forse con mezzi ed efficacia limitati, tradotti in iscrizioni che rispetto alle più antiche si presentano formalmente incomplete e graficamente meno curate e calligrafiche.
Bibl. F. Lenzi (a cura di), Regio VIII. Luoghi, uomini, percorsi dell'età romana in Emilia - Romagna, Bologna 2006, pp. 544-563; P.L. Dall'Aglio, I. Di Cocco, La linea e la rete. Formazione storica del sistema stradale in Emilia - Romagna, Milano 2006, pp. 77-139, 305-309; P. Grossi, Pietre miliari della VIII regio: analisi litologiche, provenienza dei materiali e loro distribuzione, "Epigraphica" 69 (2007), pp. 181-207; G.B. Cairo, La via Aemilia come limes difensivo del Nord Italia alla prova dei fatti, “Rivista Storica dell’Antichità” 41 (2011), pp. 223-233.
NomeAssorati G.