via Albertazzi 12/2
Bologna (BO)
Si tratta un complesso di due abitazioni che riciclano con felicità espressiva non comune i "cinque punti dell'architettura" secondo il primo Le Corbusier. Di particolare interesse la soluzione della "terrazza giardino", tema tipico dell'architettura europea di quegli anni. L’edificio è parte di un complesso di due ville all’interno di uno stesso giardino, progettate da Melchiorre Bega negli anni Cinquanta. Quella in oggetto presenta le maggiori note di interesse da riferirsi a una originale reinterpretazione del linguaggio lecorbuseriano.
Il piano terra si sviluppa seguendo l’andamento della strada in un susseguirsi di forme prismatiche di dimensioni differenti. Un porticato conduce all’ingresso attraverso il quale si accede alla zona giorno.
Il vano scala è il centro della composizione di quest’ambiente a doppia altezza, su cui affaccia anche il piano superiore.
Il giardino sospeso situato sopra il porticato d’ingresso, rimanda, nell’integrazione del verde al costruito, ad alcune composizioni di Le Corbusier o di L. Figini e G. Pollini, ad esempio, della casa Figini al Villaggio dei Giornalisti a Milano del 1934-35.
Il portico, bucato superiormente e sui lati lunghi, viene riparato a sud dal muro della camera da letto padronale che si apre su di esso, protetto da una parete che impedisce la vista del terrazzo dalla strada.
Le porzioni di volume all’aperto sono incorniciate da intagli nella superficie muraria che risulta continua, definendo in modo chiaro la forma del volume.
L’articolato alternarsi di pieni e vuoti è ottenuto attraverso il disvelamento o l’occultamento del telaio strutturale, in dialogo con i materiali di rivestimento che rivelano un certo valore decorativo. Il calcestruzzo lasciato a vista delimita e caratterizza gli spazi esterni di pertinenza del giardino; esso appare in contrasto con le murature perimetrali che, delimitando gli spazi interni, sono rivestite di intonaco bianco. Il contrasto dei “non colori” che distingue il materiale strutturale da quello non strutturale, rappresenta una delle cifre stilistiche dell’intervento.
Questa distinzione cromatica si riflette anche all’interno, dove le pareti sono trattate con tempera bianca, mentre il vano scala è rivestito da lastre di pietra scura lucidata. I materiali arricchiscono e distinguono, zona giorno e zona notte, anche grazie alla differenziazione delle pavimentazioni: la prima, caratterizzata da un pavimento in granito, la seconda, trattata a parquet.
L’organizzazione degli spazi interni segue una logica tutta rivolta ad assecondare le funzioni della casa, esaltate dal disegno dei mobili progettati dallo stesso Bega. Il piano seminterrato ospita gli ambienti di servizio (locale caldaia, lavanderia, cantina, tinello e garage) oltre alle camere riservate al custode. Il piano terreno è destinato a ospitare la zona giorno che si apre in una hall d’ingresso per poi proseguire con soggiorno, guardaroba, cucina, sala da pranzo e ufficio. Il primo piano è adibito a zona notte ed ospita una camera da letto padronale, una camera per gli ospiti, entrambe disimpegnate da due ampie cabine armadio con bagni di pertinenza.
fonte: Architetture del secondo Novecento - Mibact - Matteo Sintini, Margherita Merendino