Bernardoni Pinuccia
Bientina (PI) 1953/ vivente
disegno
carta/ pastello a olio
cm 80 (la) 130 (a)
sec. XXI (2005 - 2005)
n. 3358

Il lavoro di Pinuccia Bernardoni, trasformatosi nel corso del tempo nella geografia orizzontale del suo pensiero e nel suo farsi opera, ha mantenuto costante il codice naturalistico-concettuale: dai petali taglienti e carnali nella loro stilizzazione di "Nell'attesa il cuore batte sempre uguale" alle suggestioni formali e vegetali di "Amaltea", evocante la suggestiva cornucopia della bella ninfa dal dono dell'eterna giovinezza; da "Composizione n. 6", dalle squisite valenze poveriste ed oggettuali, ai calchi di foglie "Per Manai" e "Calco n. 2" il cui valore simbolico, antropologico, del seme supera i ritmi della vegetazione nell' alternarsi dei ritmi della vita e della morte, della vita sotterranea e diurna, del non manifestato e della manifestazione, evocando misteri antichi, come gli eleusini, in cui i semi venivano usati per liberare l'anima e fissarla nella luce.
Le altre opere, realizzate tra il 2005 e il 2006, i "Neri di foglia", le "Nerezze", le "Sdoppiate foglie" e gli "In colore di foglia" diventano gli ultimi, nuovi, oggetti scultorei di Pinuccia che, attraverso la materia del disegno, incide lo spazio del foglio con la barretta ad olio quale fosse essa una sgorbia e il prolungamento anatomico del suo corpo; nonché lo strumento con il quale intreccia i suoi sentimenti con la percezione fisica e il mondo delle cose, delle foglie, in un rapporto intersoggettivo con l'opera d'arte. Ed ecco che le foglie, frammenti del mondo isolati dal tutto, assumono forma assoluta e la loro origine è smaterializzata dalla linearità del tratto che ne cattura lo spirito, restituendo loro la luminosità dell'aria tra i vuoti del foglio.

Pinuccia Bernardoni, a mio avviso, interpreta assai bene ciò che io intendo come naturalismo-concettuale, ossia una koinè emiliana che, sulla scorta di un'ipotesi di sviluppo attuale dell'ultimo naturalismo arcangeliano, si avvalora dell'esperienza concettuale svolgendosi in un'odierna sinestesia, di tipo sintattico, che accomuna la ricerca della Bernardoni a quella di Davide Benati, a quella più recente di Nanni Menetti, alle "Arpe d'erba" di Germano Sartelli e al ciclo dell' "Albero della ruggine" di Maurizio Bottarelli: artisti che partendo da un dato di natura lo astraggono e lo rielaborano teoreticamente a nuove forme e significati, mantenendo il dato di natura quale codice simbolico e pattern sintattico all'interno di lavori che aprono a rinnovata semantica.
In questa ultima fase, ella opera una sintesi perfetta tra disegno, pittura e scultura in una rinnovata armonia 'materiata' che trova origine dalla rottura e contaminazione delle tre arti visuali per una nuova concezione della forma nello spazio. Questo scambio, che nel fruitore meno accorto può generare un senso di straniamento, nelle opere di Pinuccia si porge con chiarezza come sintesi tra le diverse tecniche, sviluppandosi in un'arte assai originale e personale creata, nella sua unità, attraverso rotture e crasi con il lavoro precedente; con un processoIl lavoro di Pinuccia Bernardoni, trasformatosi nel corso del tempo nella geografia orizzontale del suo pensiero e nel suo farsi opera, ha mantenuto costante il codice naturalistico-concettuale: dai petali taglienti e carnali nella loro stilizzazione di "Nell'attesa il cuore batte sempre uguale" alle suggestioni formali e vegetali di "Amaltea", evocante la suggestiva cornucopia della bella ninfa dal dono dell'eterna giovinezza; da "Composizione n. 6", dalle squisite valenze poveriste ed oggettuali, ai calchi di foglie "Per Manai" e "Calco n. 2" il cui valore simbolico, antropologico, del seme supera i ritmi della vegetazione nell' alternarsi dei ritmi della vita e della morte, della vita sotterranea e diurna, del non manifestato e della manifestazione, evocando misteri antichi, come gli eleusini, in cui i semi venivano usati per liberare l'anima e fissarla nella luce.
Le altre opere, realizzate tra il 2005 e il 2006, i "Neri di foglia", le "Nerezze", le "Sdoppiate foglie" e gli "In colore di foglia" diventano gli ultimi, nuovi, oggetti scultorei di Pinuccia che, attraverso la materia del disegno, incide lo spazio del foglio con la barretta ad olio quale fosse essa una sgorbia e il prolungamento anatomico del suo corpo; nonché lo strumento con il quale intreccia i suoi sentimenti con la percezione fisica e il mondo delle cose, delle foglie, in un rapporto intersoggettivo con l'opera d'arte. Ed ecco che le foglie, frammenti del mondo isolati dal tutto, assumono forma assoluta e la loro origine è smaterializzata dalla linearità del tratto che ne cattura lo spirito, restituendo loro la luminosità dell'aria tra i vuoti del foglio.

Pinuccia Bernardoni, a mio avviso, interpreta assai bene ciò che io intendo come naturalismo-concettuale, ossia una koinè emiliana che, sulla scorta di un'ipotesi di sviluppo attuale dell'ultimo naturalismo arcangeliano, si avvalora dell'esperienza concettuale svolgendosi in un'odierna sinestesia, di tipo sintattico, che accomuna la ricerca della Bernardoni a quella di Davide Benati, a quella più recente di Nanni Menetti, alle "Arpe d'erba" di Germano Sartelli e al ciclo dell' "Albero della ruggine" di Maurizio Bottarelli: artisti che partendo da un dato di natura lo astraggono e lo rielaborano teoreticamente a nuove forme e significati, mantenendo il dato di natura quale codice simbolico e pattern sintattico all'interno di lavori che aprono a rinnovata semantica.
In questa ultima fase, ella opera una sintesi perfetta tra disegno, pittura e scultura in una rinnovata armonia 'materiata' che trova origine dalla rottura e contaminazione delle tre arti visuali per una nuova concezione della forma nello spazio. Questo scambio, che nel fruitore meno accorto può generare un senso di straniamento, nelle opere di Pinuccia si porge con chiarezza come sintesi tra le diverse tecniche, sviluppandosi in un'arte assai originale e personale creata, nella sua unità, attraverso rotture e crasi con il lavoro precedente; con un processo artistico da araba fenice che trae energia creativa dalle ceneri di fasi anteriori ed una poetica tarata sull'osservazione e l'astrazione di oggetti e di parti vegetali della natura, le foglie, i fiori, i semi, mai identificate e mai nominate: solo forme astratte concepite per rinnovata esistenza con un linguaggio compendioso, velocemente ideogrammatico, da leggere in silenzio come le immagini delle piante e dei giardini orientali di età altomedievale, e lasciandosi invadere dalle suggestioni di questi inediti paesaggi anatomici, carnali e sensuali, che le foglie evocano, in rinnovata concezione formale. artistico da araba fenice che trae energia creativa dalle ceneri di fasi anteriori ed una poetica tarata sull'osservazione e l'astrazione di oggetti e di parti vegetali della natura, le foglie, i fiori, i semi, mai identificate e mai nominate: solo forme astratte concepite per rinnovata esistenza con un linguaggio compendioso, velocemente ideogrammatico, da leggere in silenzio come le immagini delle piante e dei giardini orientali di età altomedievale, e lasciandosi invadere dalle suggestioni di questi inediti paesaggi anatomici, carnali e sensuali, che le foglie evocano, in rinnovata concezione formale.