Tartufo bianco (fotografia di Andrea Cairone)
Tartufo bianco ( fotografia di Chuttersnap)
Cane da tartufo (courtesy Musei del Cibo di Parma)
Cavatura del tartufo (courtesy Musei del Cibo di Parma)

Cerca e cavatura del tartufo - UNESCO

Il progetto
Patrimonio UNESCO in Emilia-Romagna

Il progetto “Patrimonio UNESCO in Emilia-Romagna” nasce dalla profonda vocazione della Regione a preservare e valorizzare il proprio patrimonio culturale e naturale e la sua unicità. L’obiettivo è offrire un punto di accesso privilegiato ai temi del Patrimonio Mondiale e all’universo dei riconoscimenti UNESCO presenti sul territorio, creando strumenti di conoscenza, approfondimento e promozione. Ogni sito viene presentato all’interno del portale PatER attraverso schede che ne raccontano l’Eccezionale Valore Universale, i riconoscimenti ricevuti, gli aspetti storici, artistici, culturali e naturalistici e le relazioni con altri beni collegati nel Catalogo regionale del patrimonio.

Oltre ai siti iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale, l’UNESCO annovera beni e tradizioni riconosciuti come Patrimonio Culturale Immateriale, inseriti nel programma “Memoria del Mondo” e nei luoghi “Messaggeri di una cultura di Pace”, a testimonianza della pluralità e ricchezza di espressioni culturali che caratterizzano l’Emilia-Romagna.

In questo quadro si inserisce la Legge nazionale n. 77 del 2006, che prevede misure speciali di tutela e fruizione dei siti italiani iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO, rafforzando l’impegno dello Stato e delle Regioni nella loro salvaguardia e valorizzazione. Fondamentale riferimento è la “Convenzione del Patrimonio Mondiale” del 1972, che impegna gli stati membri a proteggere i beni culturali e naturali riconosciuti come patrimonio dell’umanità, per trasmettere alle generazioni future un’eredità fragile e preziosa, la cui scomparsa provocherebbe la perdita di una testimonianza unica e universale, appartenente a tutti i popoli.

Raccontando e connettendo i propri siti UNESCO all’interno del Catalogo regionale del patrimonio culturale, la Regione favorisce la diffusione della loro conoscenza e rafforza, nella coscienza collettiva, la necessità vitale di tutelarli e valorizzarli.



Patrimonio culturale immateriale UNESCO
Notizie
Dal 2021 la “Cerca e cavatura del tartufo in Italia” figura nella Lista del Patrimonio Immateriale dell’Umanità UNESCO: il riconoscimento premia un sapere antico, che ha origini lontane nei secoli, è stato celebrato da autori come Teofrasto e Plinio il Vecchio, e vive ancora nella vita rurale di molte comunità, tramandato oralmente di generazione in generazione.

Oggi, come un tempo, l’arte messa in atto da chi cerca ed estrae il tartufo si fonda su un’ampia varietà di competenze: saper leggere i fattori climatici, riconoscere le piante tartufigene, interpretare le caratteristiche del terreno e mantenere in equilibrio ecosistemi boschivi e fluviali. Da queste abilità prendono forma i due momenti centrali della pratica: la “cerca”, ovvero l’individuazione dei luoghi favorevoli allo sviluppo del fungo ipogeo, e la “cavatura”, ossia l’estrazione condotta con strumenti manuali come “vanghetti” e “zappini”, che non danneggiano il suolo e favoriscono la rigenerazione naturale del sito. Durante la cerca il ruolo decisivo è affidato al cane: grazie all’olfatto affinato dall’addestramento, l’insostituibile compagno del tartufaio è capace di distinguere tra centinaia di odori quello della trifola e guidare il cercatore nel punto esatto della cavatura.

L’Emilia e la Romagna conservano alcune delle testimonianze più autentiche di questa cultura. Le colline delle province di Parma, Reggio, Modena, Bologna e Rimini rappresentano aree di eccellenza per la cavatura, parte di un più ampio mosaico nazionale in cui il fungo ipogeo non è soltanto risorsa naturale, ma anche elemento identitario, fonte di reddito e collante sociale. A Sant’Agata Feltria, nel Riminese, la comunità celebra da decenni il “tartufo bianco pregiato”, che richiama visitatori da tutta Italia; a Savigno, nella Val Samoggia, la tradizione dei colli bolognesi si rinnova attraverso eventi che intrecciano cultura ed enogastronomia; a Calestano, nel Parmense, una delle rassegne più antiche testimonia invece il legame profondo tra la pratica e la vita del borgo.
Altri territori arricchiscono la mappa emiliano-romagnola della trifola: l’Alta Val Tidone piacentina, con i suoi siti naturali; l’Appennino modenese e reggiano, con Montefiorino, Frassinoro, Palagano e Viano; il Ferrarese, con Bondeno e Mesola; e ancora l’area bolognese, con Camugnano, Sasso Marconi e Castel di Casio, dove la biodiversità ambientale si intreccia con testimonianze storiche come Palazzo Comelli e Rocchetta Mattei. Questi luoghi sono ora parte della rete nazionale delle “Città del Tartufo”, custode di unpatrimonio fatto non solo di abilità tecniche, ma anche di sagre e feste popolari, che rinsaldano il legame tra il frutto della terra e la vita sociale delle comunità locali.

Con le sue varietà ambientali l’Emilia-Romagna rappresenta un osservatorio privilegiato per comprendere la vitalità della tradizione della cerca e cavatura. Qui, come altrove, questa pratica antica continua a rinnovarsi e a trasmettersi, testimoniando la forza di un patrimonio che appartiene all’intero Paese e che oggi, grazie al riconoscimento UNESCO, trova ulteriore valorizzazione come simbolo condiviso di identità, sostenibilità e cultura.

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