Polesine Zibello

Palazzo Due Torri
Polesine Zibello

strada Palazzo Due Torri, 3
loc. Polesine Parmense
Polesine Zibello (PR)
tel 0524 936539 (Relais ristorante), 0521 218889 (IAT Parma)
Nella bassa pianura parmense, a metà strada tra il capoluogo, Piacenza e Cremona, Polesine si trova sulla riva destra del Po, poco lontano dall’immissione dell’Arda-Ongina nel grande fiume.

Da Cremona ai Pallavicino
Sorto nei pressi dell’antica direttrice romana che univa Parma a Cremona, divenuta poi una variante del percorso francigeno, Polesine fu a lungo parte – con Zibello, Ragazzola, Stagno, Porto, Santa Croce e altri centri - del plebato detto di Ottoville: territorio dell’oltrepo cremonese sottoposto alla diocesi lombarda, spesso in lotta per il controllo di questo tratto di fiume con la diocesi parmense confinante a est, alla quale afferiva l’area tra San Secondo e Rezinoldo, la futura Roccabianca.
All’inizio del secolo XII la bassa pianura fra Taro e Arda – entrata nel X secolo nella Marca ‘obertenga’ di creazione regia e imperiale - passò dal ramo obertengo degli Este a quello dei Pallavicino, signori di una potente rete fortificata estesa dal preappennino al Po, a controllo delle vie di comunicazione tra Lombardia, Emilia, Toscana e Liguria.

La rocca di Oberto
L’egemonia pallavicina nell’area venne consolidata da successivi diplomi imperiali: nel 1189 con l’infeudamento di Rezinoldo, e nel 1249 con la conferma da parte di Federico II di Polesine, Zibello e Busseto a Oberto II Pallavicino, capo della fazione ghibellina in Emilia e Lombardia.
Fu Oberto a erigere a Polesine una prima fortificazione formata da una rocca e da una serie di sbarramenti a difesa del porto e dell'attraversamento sul Po, parte di una rete di presidi che consentiva il controllo militare, daziario e commerciale dell’importante tratto del fiume prospiciente Cremona, mentre Zibello e Busseto assumevano una crescente importanza a spese di Pieve Ottoville.
Caduti gli Svevi, i territori pallavicini di oltrepo vennero annessi dal comune di Cremona; ridimensionata nelle sue funzioni di difesa confinaria, la rocca di Polesine venne abbandonata. Polesine tornò ai Pallavicino solo attorno a metà Trecento grazie ai Visconti, signori di Milano, che affermata la propria egemonia nella pianura padana confermarono i loro diritti tra Busseto e Zibello, ribaditi da successivi diplomi imperiali.
Il potere dei Pallavicino trovò qui un limite solo nella presenza della potente famiglia guelfa dei Rossi, da tempo radicata nell’area di San Secondo, che, forte del titolo comitale di Berceto concesso con Pieveottoville e altre terre nel 1331 da Giovanni re di Boemia, avviò una politica di espansione territoriale culminata nel 1413 nella conferma imperiale di Rezinoldo. Intrecciato alle lotte fazionarie per l’egemonia su Parma, l’aspro contrasto tra i due casati per il controllo della destra Po continuò fino al 1483, quando la sconfitta dei Rossi a opera di Ludovico il Moro e dei suoi alleati parmensi non diede Rezinoldo – divenuta Roccabianca - ai Pallavicini di Zibello.

Dallo ‘stato’ pallavicino ai Pallavicino di Zibello
Verso la fine del Trecento una serie di rovinose piene danneggiò la rocca di Polesine e spostò più a nord il Po, inducendo Rolando Pallavicino ‘il Magnifico’ a costruire nel 1408 un’altra fortificazione lungo il nuovo corso del fiume. Cinque anni dopo egli ottenne l’investitura imperiale del marchionatu Palavicino ac Burgo Sancto Donino, che riconosceva identità giuridica e politica allo ‘stato’ pallavicino, con capitale a Busseto e Cortemaggiore.
I contrasti con i Visconti, poi attorno a metà secolo l'ascesa degli Sforza e la pace di Lodi, ridimensionarono però l’autonomia dello 'stato’ di Rolando. La disputa sulla sua eredità portò nel 1458 all’incameramento dei suoi beni da parte del ducato di Milano, che li riassegnò pro quota in feudo ai sette figli, consegnando Polesine e Costamezzana a Gian Manfredo.
Tra la fine del secolo e l’inizio di quello successivo l’antica rocca venne ricostruita con funzioni prevalentemente residenziali; l‘edificio palaziale venne innalzato e dotato di un loggiato e di ampie finestre, pur mantenendo le originarie duplici torri angolari, ricordo del suo passato militare.
All’inizio del Cinquecento una nuova rotta del Po spostò di nuovo a sud il corso del fiume fino a lambire l’antica rocca, che a metà secolo subì un parziale crollo, come accadde più tardi anche alla vicina chiesa, mentre la nuova fortificazione veniva abbandonata. Gli interventi di restauro intrapresi a metà secolo comportarono la ristrutturazione degli ambienti al pian terreno, che vennero dotati di volte a ombrello al posto degli originari soffitti a cassettoni, mentre quelli al piano nobile furono dotati di camini e decorati. I lavori continuarono anche nel secolo successivo, quando diverse sale del palazzo vennero arricchite di decorazioni a tempera.

Il Settecento
Nuovi straripamenti del Po distrussero all’inizio del Settecento il palazzo delle Fosse, residenza dell’ultimo marchese Vito Modesto, che promosse la nascita di un nuovo insediamento in una posizione più distante dal fiume, erigendovi la nuova chiesa dedicata ai suoi santi onomastici.
Alla morte di Vito Modesto, avvenuta nel 1731, il ramo pallavicino di Polesine si estinse, e il feudo passò al ramo di Zibello, per essere poi incamerato dal ducato parmense, che lo assegnò con Borgo San Donnino a Enrichetta d'Este, vedova dell’ultimo duca Farnese.
Attorno al 1780, dopo il decesso della duchessa, il palazzo venne adibito a caserma per i dragoni confinari incaricati di contrastare il contrabbando tra le due sponde del Po; la loro presenza conferì nuovamente all’edificio una connotazione militare, con l’installazione di nuove difese e di feritoie al posto delle finestre, e la copertura dei dipinti con la calce.
Ultimo titolare dell’edificio fu Ludovico I re d’Etruria, che nel 1805 perse tutti i suoi diritti a seguito dei decreti di abolizione dei feudi promulgati dal governo filofrancese.

L'Otto e il Novecento: dal degrado al restauro
Ulteriormente danneggiata da una nuova piena nel 1830, la rocca venne sottoposta a interventi di consolidamento che comportarono anche il ribassamento delle torri.
Alienato dal Demanio dopo l’Unità d’Italia, l’antico forte, divenuto il centro di una tenuta, subì nuove inondazioni, avviandosi a un degrado che venne aggravato a metà Novecento dal frazionamento degli spazi, destinati ad abitazione per le famiglie contadine ed attività artigiane e di servizio.
Acquistato nel 1990 in condizioni profondamente compromesse dalla famiglia Spigaroli, discendente degli antichi affittuari, l’edificio è stato sottoposto a importanti interventi di restauro e rifunzionalizzazione durati venti anni, che hanno consentito la sua trasformazione in ristorante e albergo, centro dell’azienda agricola che produce anche vini e pregiati salumi.

VISITA
A poca distanza dal Po, il complesso a pianta quadrangolare è caratterizzato dalle due torri quadrate che si ergono sul lato occidentale.
Sul lato opposto è l’ingresso: superato il tracciato dell’antico fossato attraverso un pontile moderno e attraversato l’orto giardino, un arco dà accesso alla corte, dove si affacciano gli spazi ristrutturati del relais-ristorante Antica Corte Pallavicina.
Alcuni ambienti al piano terra conservano grandi camini e tracce di affreschi cinquecenteschi, con il ciclo dello Zodiaco nella torre meridionale, quello dell’Olimpo nella sala adiacente e le tracce di fregio nella cucina con soffitto a cassettoni. Alla metà del XVII secolo risalgono i dipinti di due sale con gli stemmi dei Pallavicino e il ciclo delle stagioni. La sala al piano terreno della torre nord è decorata con scene di inizio Settecento che rappresentano il Po e le attività che si svolgevano lungo il fiume; la decorazione della piccola cappella è della fine del secolo. Le sale al piano nobile sono caratterizzate da soffitti lignei a cassettoni o capriate. Il blocco nord dell’edificio, in gran parte crollato, è stato sostituito da un corpo vetrato che ospita la sala del ristorante.
Nelle cantine è stato creato il Museo del Culatello e del Masalén, un percorso tematico e degustativo arricchito da mappe, documenti, immagini e strumenti che continua nelle cantine dedicate alla stagionatura di culatelli e di Parmigiano-Reggiano poi nello spazio all’aperto fino al fiume con la visita all’allevamento dei maiali neri e di altri animali, al bosco e alla vegetazione di golena del Po.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Ongina (Arda),
delta e valle Po
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Pallavicino
Storie e Percorsi

Itinerari tematici e storici tra i castelli:

L'Oltrepo cremonese
Bibliografia
strada Palazzo Due Torri, 3
loc. Polesine Parmense
Polesine Zibello (PR)
tel 0524 936539 (Relais ristorante), 0521 218889 (IAT Parma)
Nella bassa pianura parmense, a metà strada tra il capoluogo, Piacenza e Cremona, Polesine si trova sulla riva destra del Po, poco lontano dall’immissione dell’Arda-Ongina nel grande fiume.

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Da Cremona ai Pallavicino
Sorto nei pressi dell’antica direttrice romana che univa Parma a Cremona, divenuta poi una variante del percorso francigeno, Polesine fu a lungo parte – con Zibello, Ragazzola, Stagno, Porto, Santa Croce e altri centri - del plebato detto di Ottoville: territorio dell’oltrepo cremonese sottoposto alla diocesi lombarda, spesso in lotta per il controllo di questo tratto di fiume con la diocesi parmense confinante a est, alla quale afferiva l’area tra San Secondo e Rezinoldo, la futura Roccabianca.
All’inizio del secolo XII la bassa pianura fra Taro e Arda – entrata nel X secolo nella Marca ‘obertenga’ di creazione regia e imperiale - passò dal ramo obertengo degli Este a quello dei Pallavicino, signori di una potente rete fortificata estesa dal preappennino al Po, a controllo delle vie di comunicazione tra Lombardia, Emilia, Toscana e Liguria.

La rocca di Oberto
L’egemonia pallavicina nell’area venne consolidata da successivi diplomi imperiali: nel 1189 con l’infeudamento di Rezinoldo, e nel 1249 con la conferma da parte di Federico II di Polesine, Zibello e Busseto a Oberto II Pallavicino, capo della fazione ghibellina in Emilia e Lombardia.
Fu Oberto a erigere a Polesine una prima fortificazione formata da una rocca e da una serie di sbarramenti a difesa del porto e dell'attraversamento sul Po, parte di una rete di presidi che consentiva il controllo militare, daziario e commerciale dell’importante tratto del fiume prospiciente Cremona, mentre Zibello e Busseto assumevano una crescente importanza a spese di Pieve Ottoville.
Caduti gli Svevi, i territori pallavicini di oltrepo vennero annessi dal comune di Cremona; ridimensionata nelle sue funzioni di difesa confinaria, la rocca di Polesine venne abbandonata. Polesine tornò ai Pallavicino solo attorno a metà Trecento grazie ai Visconti, signori di Milano, che affermata la propria egemonia nella pianura padana confermarono i loro diritti tra Busseto e Zibello, ribaditi da successivi diplomi imperiali.
Il potere dei Pallavicino trovò qui un limite solo nella presenza della potente famiglia guelfa dei Rossi, da tempo radicata nell’area di San Secondo, che, forte del titolo comitale di Berceto concesso con Pieveottoville e altre terre nel 1331 da Giovanni re di Boemia, avviò una politica di espansione territoriale culminata nel 1413 nella conferma imperiale di Rezinoldo. Intrecciato alle lotte fazionarie per l’egemonia su Parma, l’aspro contrasto tra i due casati per il controllo della destra Po continuò fino al 1483, quando la sconfitta dei Rossi a opera di Ludovico il Moro e dei suoi alleati parmensi non diede Rezinoldo – divenuta Roccabianca - ai Pallavicini di Zibello.

Dallo ‘stato’ pallavicino ai Pallavicino di Zibello
Verso la fine del Trecento una serie di rovinose piene danneggiò la rocca di Polesine e spostò più a nord il Po, inducendo Rolando Pallavicino ‘il Magnifico’ a costruire nel 1408 un’altra fortificazione lungo il nuovo corso del fiume. Cinque anni dopo egli ottenne l’investitura imperiale del marchionatu Palavicino ac Burgo Sancto Donino, che riconosceva identità giuridica e politica allo ‘stato’ pallavicino, con capitale a Busseto e Cortemaggiore.
I contrasti con i Visconti, poi attorno a metà secolo l'ascesa degli Sforza e la pace di Lodi, ridimensionarono però l’autonomia dello 'stato’ di Rolando. La disputa sulla sua eredità portò nel 1458 all’incameramento dei suoi beni da parte del ducato di Milano, che li riassegnò pro quota in feudo ai sette figli, consegnando Polesine e Costamezzana a Gian Manfredo.
Tra la fine del secolo e l’inizio di quello successivo l’antica rocca venne ricostruita con funzioni prevalentemente residenziali; l‘edificio palaziale venne innalzato e dotato di un loggiato e di ampie finestre, pur mantenendo le originarie duplici torri angolari, ricordo del suo passato militare.
All’inizio del Cinquecento una nuova rotta del Po spostò di nuovo a sud il corso del fiume fino a lambire l’antica rocca, che a metà secolo subì un parziale crollo, come accadde più tardi anche alla vicina chiesa, mentre la nuova fortificazione veniva abbandonata. Gli interventi di restauro intrapresi a metà secolo comportarono la ristrutturazione degli ambienti al pian terreno, che vennero dotati di volte a ombrello al posto degli originari soffitti a cassettoni, mentre quelli al piano nobile furono dotati di camini e decorati. I lavori continuarono anche nel secolo successivo, quando diverse sale del palazzo vennero arricchite di decorazioni a tempera.

Il Settecento
Nuovi straripamenti del Po distrussero all’inizio del Settecento il palazzo delle Fosse, residenza dell’ultimo marchese Vito Modesto, che promosse la nascita di un nuovo insediamento in una posizione più distante dal fiume, erigendovi la nuova chiesa dedicata ai suoi santi onomastici.
Alla morte di Vito Modesto, avvenuta nel 1731, il ramo pallavicino di Polesine si estinse, e il feudo passò al ramo di Zibello, per essere poi incamerato dal ducato parmense, che lo assegnò con Borgo San Donnino a Enrichetta d'Este, vedova dell’ultimo duca Farnese.
Attorno al 1780, dopo il decesso della duchessa, il palazzo venne adibito a caserma per i dragoni confinari incaricati di contrastare il contrabbando tra le due sponde del Po; la loro presenza conferì nuovamente all’edificio una connotazione militare, con l’installazione di nuove difese e di feritoie al posto delle finestre, e la copertura dei dipinti con la calce.
Ultimo titolare dell’edificio fu Ludovico I re d’Etruria, che nel 1805 perse tutti i suoi diritti a seguito dei decreti di abolizione dei feudi promulgati dal governo filofrancese.

L'Otto e il Novecento: dal degrado al restauro
Ulteriormente danneggiata da una nuova piena nel 1830, la rocca venne sottoposta a interventi di consolidamento che comportarono anche il ribassamento delle torri.
Alienato dal Demanio dopo l’Unità d’Italia, l’antico forte, divenuto il centro di una tenuta, subì nuove inondazioni, avviandosi a un degrado che venne aggravato a metà Novecento dal frazionamento degli spazi, destinati ad abitazione per le famiglie contadine ed attività artigiane e di servizio.
Acquistato nel 1990 in condizioni profondamente compromesse dalla famiglia Spigaroli, discendente degli antichi affittuari, l’edificio è stato sottoposto a importanti interventi di restauro e rifunzionalizzazione durati venti anni, che hanno consentito la sua trasformazione in ristorante e albergo, centro dell’azienda agricola che produce anche vini e pregiati salumi.

VISITA
A poca distanza dal Po, il complesso a pianta quadrangolare è caratterizzato dalle due torri quadrate che si ergono sul lato occidentale.
Sul lato opposto è l’ingresso: superato il tracciato dell’antico fossato attraverso un pontile moderno e attraversato l’orto giardino, un arco dà accesso alla corte, dove si affacciano gli spazi ristrutturati del relais-ristorante Antica Corte Pallavicina.
Alcuni ambienti al piano terra conservano grandi camini e tracce di affreschi cinquecenteschi, con il ciclo dello Zodiaco nella torre meridionale, quello dell’Olimpo nella sala adiacente e le tracce di fregio nella cucina con soffitto a cassettoni. Alla metà del XVII secolo risalgono i dipinti di due sale con gli stemmi dei Pallavicino e il ciclo delle stagioni. La sala al piano terreno della torre nord è decorata con scene di inizio Settecento che rappresentano il Po e le attività che si svolgevano lungo il fiume; la decorazione della piccola cappella è della fine del secolo. Le sale al piano nobile sono caratterizzate da soffitti lignei a cassettoni o capriate. Il blocco nord dell’edificio, in gran parte crollato, è stato sostituito da un corpo vetrato che ospita la sala del ristorante.
Nelle cantine è stato creato il Museo del Culatello e del Masalén, un percorso tematico e degustativo arricchito da mappe, documenti, immagini e strumenti che continua nelle cantine dedicate alla stagionatura di culatelli e di Parmigiano-Reggiano poi nello spazio all’aperto fino al fiume con la visita all’allevamento dei maiali neri e di altri animali, al bosco e alla vegetazione di golena del Po.


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