Lugo

Castello di Fabriago
Lugo

Castello di Fabriago, su gentile concessione di comuni-italiani.it
via del Castello, 8
loc. Santa Maria in Fabriago
Lugo (RA)


Fabriago è situato sulle rive del Santerno a nord-est di Lugo nella Bassa Romagna, vasta area della pianura ravennate compresa tra il litorale adriatico, l’Imolese, la via Emilia e il fiume Reno, che poco più a nord segna il confine con Ferrara.

Questa area si caratterizzò fin dall’antichità per l’instabilità del sistema idrico e la presenza di paludi e acquitrini provocati dalle esondazioni degli affluenti appenninici diretti al Po. La bonifica romana mantenne a sud del Primaro, allora il maggior ramo padano, estese valli disseminata di isole, in parte navigabili e dotate di attracchi portuali protetti da torri-faro, una delle quali si ritiene fosse proprio a Fabriago. Con la crisi dell'impero di Roma, lo spopolamento e l'abbandono delle infrastrutture fecero avanzare ancora le aree semisommerse.

Dal castrum Fabriaci alla devozione a Lugo
Parte della romaniola ex bizantina donata alla Chiesa e fondo della chiesa ravennate nell’VIII secolo, l’insediamento di Fabriago conobbe un progressivo consolidamento attorno alla pieve di Santa Maria, detta oggi di Campanile, centro di una estesa circoscrizione. Dal secolo XII è qui segnalata la presenza di un borgo fortificato, forse dotato di una rocca eretta dai ferraresi Marcheselli e per alcuni anni controllato dal vescovo di Faenza, e un castrum novum Fabriaci è compreso tra i possedimenti confermati da papa Onorio attorno al 1130 al vescovo di Imola.
Nel corso del medioevo Fabriago divenne importante tappa di un itinerario vallivo di pellegrinaggio romeo, parallelo a quello ‘imperiale’ costiero ricalcato sull’antica via Popilia, che da Ferrara attraversava il Primaro e le valli salpando da Argenta e utilizzando come approdo il porto di Fabriago o quelli più a est di San Lorenzo e San Pietro in Sylvis; da qui il percorso - passando per l’insediamento fortificato di Sant’Ilaro, nucleo dell’odierna Lugo, o per Bagnacavallo - raggiungeva la via Emilia, e da Forlì o Forlimpopoli superava infine gli Appennini attraverso la valle del Bidente.
L’instabilità del sistema idrico continuò però a gravare sull’assetto territoriale, nonostante i tentativi di bonifica: le drammatiche rotte di Ficarolo del XII secolo spostarono a nord di Ferrara il corso principale del Po, quasi prosciugando il Primaro, e i continui straripamenti del Santerno danneggiarono a tal punto Fabriago che all'inizio del Duecento gli abitanti abbandonarono la località per rifugiarsi a Lugo, giurandole fedeltà verso la metà del secolo.

Fabriago e gli Este: il riassetto del territorio
Nella prima metà del Quattrocento gli Este acquistarono dal papa - di cui erano feudatari come vicari di Ferrara - gran parte dei territori della Bassa Romagna, integrandoli nel patrimonio privato del casato e facendo di Lugo il capoluogo. I nuovi signori promossero la bonifica e messa a coltura delle terre acquitrinose e boscose, il ripristino della navigabilità del Primaro e la realizzazione di nuove vie di terra, garantendo così anche i collegamenti tra i loro domini posti a nord e a sud del fiume, al confine con la nemica Ravenna.
Il riassetto interessò in particolare l’area del Santerno, che nel 1460 fu deviato a San Lorenzo, arginato e condotto nel semi-abbandonato Primaro, consentendo la bonifica delle terre di Lavezzola a nord, snodo primario tra il Lughese e l'Argentano, collegati già da dieci anni dalla strada della Bastia. Il consolidamento del Santerno favorì inoltre la nascita lungo le sue rive di nuovi centri abitati come Ca' di Lugo, San Lorenzo in Selva e più a nord, tra Fabriago e Lavezzola, San Bernardino in Selva, mentre l’antica pieve di Fabriago, che era stata distrutta più volte dalle inondazioni, venne riedificata nel 1515 dai ferraresi conti Sacrati, lasciando dell’edificio precedente solo il campanile circolare.
Estinta nel 1597 la casa d’Este senza eredi riconosciuti dal papa, i territori appartenenti al feudo ferrarese tornarono allo Stato della Chiesa e con loro anche le terre della Romagna estense, pur facendo parte del patrimonio privato del casato. Il dominio papale favorì l'ulteriore sviluppo del territorio lughese e rilanciò i progetti di riassetto del Santerno per fermare le continue inondazioni a sud di Lavezzola, innestando poi il Reno nel vecchio alveo del Primaro a metà Settecento, ma senza risultati duraturi.

Un castello per il duca di Fabriago
Il regime napoleonico promosse l’ascesa della facoltosa, e politicamente influente, famiglia ferrarese Massari, che investì il considerevole patrimonio accresciuto dall’appalto delle valli di Comacchio nell'acquisto di estese tenute ecclesiali nel Ferrarese, tra Voghenza e Voghiera, e nella Bassa Romagna tra Argenta e Lugo, oltre che di ampie proprietà della impoverita aristocrazia ferrarese. Fatti conti da Napoleone, e poi sotto la Restaurazione, i Massari mantennero posizioni di preminenza anche dopo l’Unità d’Italia. Nel 1882 Galeazzo Massari Zavaglia, futuro senatore del Regno - che abitava con la moglie, celebre soprano verdiano, il sontuoso palazzo ferrarese di Porta a Mare acquistato dai marchesi Bevilacqua Cantelli e la settecentesca villa di Voghenza già del vescovo Ruffo - fu creato da re Umberto duca di Fabriago.
Avuto il titolo, il duca volle un castello. Un grande intervento di ristrutturazione interessò la vecchia casa padronale al centro della tenuta Bruciata già dei marchesi Rondinelli, nei pressi di Fabriago, realizzata nel XVII secolo e modificata a metà di quello successivo. Il progetto dell’ingegner Muzzio Attendoli e le decorazioni del pittore Pavani trasformarono il ‘casone’ in un imponente edificio in stile neo-medievale con venature eclettiche, come dettava il gusto dell’epoca. Parte delle strutture originarie dell’edificio, in particolare il corpo principale, venne conservata e adattata solo esteriormente allo stile neogotico, come la vecchia torre alla quale fu aggiunta una merlatura ghibellina; l’ala sud dell’edificio, che in origine ospitava le stanze di servizio, venne invece ricostruita dalle fondamenta per ospitare la parte di rappresentanza, con un salone per ricevimenti a doppia altezza e sala da pranzo. Il grande atrio ispirato alle domus romane venne allestito con colonne doriche, un soffitto a finti cassettoni e una nicchia ad arco acuto a incorniciare gli spazi verdeggianti all’esterno, mentre la decorazione degli interni alternava elementi neoclassici e neorinascimentali.
Nell’onda del tempo fu anche il ‘riuso’ di materiali antiquari: all’ingresso furono collocati due leoni in marmo rosso con telamoni e colonne annodate della cattedrale di Ferrara, affiancati da capitelli bizantini forse provenienti da una chiesa ravennate. Il complesso comprendeva, oltre alla villa-castello, numerose pertinenze di servizio con granai, scuderie e case bracciantili, e un oratorio dedicato a San Gaetano.

Dall’abbandono alla rinascita
Con la prima guerra mondiale il castello non fu più abitato; nel 1925 i due leoni vennero restituiti a Ferrara e collocati nello spazio antistante il Duomo, su impulso di Corrado Ricci e grazie all’impegno finanziario di Carlo Sinigaglia. Il castello e le sue pertinenze furono acquistati da un privato, che rivendette poi la proprietà dopo averla frazionata; a metà degli anni Trenta l’edificio divenne sede di una colonia elioterapica, poi di un istituto per minori e infine abbandonato; nei successivi passaggi di proprietà venne spogliato di arredi e infissi. Acquistato da privati, il castello è stato infine ristrutturato e ospita oggi cerimonie e meeting.

VISITA
L’imponente complesso è situato in un comparto erboso all’estremità settentrionale del borgo, lungo la via Bastia, sulla riva sinistra del Santerno. Restano, oltre al castello, l’arco di ingresso e i lunghi fronti formati dalle case bracciantili a schiera e dal lato orientale dei grandi granai settecenteschi, oggi destinati a uso residenziale, mentre parte delle scuderie è incorporata nell’edificio di una officina; non sono più visibili l’oratorio, i granai a occidente e la ghiacciaia.



Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Santerno,
via Romea Germanica
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Este,
Massari
Arte e Architettura

Stili architettonici e decorativi nel castello:

Storicismo Eclettismo Liberty
Storie e Percorsi

Itinerari tematici e storici tra i castelli:

La Romagna estense
via del Castello, 8
loc. Santa Maria in Fabriago
Lugo (RA)

Fabriago è situato sulle rive del Santerno a nord-est di Lugo nella Bassa Romagna, vasta area della pianura ravennate compresa tra il litorale adriatico, l’Imolese, la via Emilia e il fiume Reno, che poco più a nord segna il confine con Ferrara.

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Questa area si caratterizzò fin dall’antichità per l’instabilità del sistema idrico e la presenza di paludi e acquitrini provocati dalle esondazioni degli affluenti appenninici diretti al Po. La bonifica romana mantenne a sud del Primaro, allora il maggior ramo padano, estese valli disseminata di isole, in parte navigabili e dotate di attracchi portuali protetti da torri-faro, una delle quali si ritiene fosse proprio a Fabriago. Con la crisi dell'impero di Roma, lo spopolamento e l'abbandono delle infrastrutture fecero avanzare ancora le aree semisommerse.

Dal castrum Fabriaci alla devozione a Lugo
Parte della romaniola ex bizantina donata alla Chiesa e fondo della chiesa ravennate nell’VIII secolo, l’insediamento di Fabriago conobbe un progressivo consolidamento attorno alla pieve di Santa Maria, detta oggi di Campanile, centro di una estesa circoscrizione. Dal secolo XII è qui segnalata la presenza di un borgo fortificato, forse dotato di una rocca eretta dai ferraresi Marcheselli e per alcuni anni controllato dal vescovo di Faenza, e un castrum novum Fabriaci è compreso tra i possedimenti confermati da papa Onorio attorno al 1130 al vescovo di Imola.
Nel corso del medioevo Fabriago divenne importante tappa di un itinerario vallivo di pellegrinaggio romeo, parallelo a quello ‘imperiale’ costiero ricalcato sull’antica via Popilia, che da Ferrara attraversava il Primaro e le valli salpando da Argenta e utilizzando come approdo il porto di Fabriago o quelli più a est di San Lorenzo e San Pietro in Sylvis; da qui il percorso - passando per l’insediamento fortificato di Sant’Ilaro, nucleo dell’odierna Lugo, o per Bagnacavallo - raggiungeva la via Emilia, e da Forlì o Forlimpopoli superava infine gli Appennini attraverso la valle del Bidente.
L’instabilità del sistema idrico continuò però a gravare sull’assetto territoriale, nonostante i tentativi di bonifica: le drammatiche rotte di Ficarolo del XII secolo spostarono a nord di Ferrara il corso principale del Po, quasi prosciugando il Primaro, e i continui straripamenti del Santerno danneggiarono a tal punto Fabriago che all'inizio del Duecento gli abitanti abbandonarono la località per rifugiarsi a Lugo, giurandole fedeltà verso la metà del secolo.

Fabriago e gli Este: il riassetto del territorio
Nella prima metà del Quattrocento gli Este acquistarono dal papa - di cui erano feudatari come vicari di Ferrara - gran parte dei territori della Bassa Romagna, integrandoli nel patrimonio privato del casato e facendo di Lugo il capoluogo. I nuovi signori promossero la bonifica e messa a coltura delle terre acquitrinose e boscose, il ripristino della navigabilità del Primaro e la realizzazione di nuove vie di terra, garantendo così anche i collegamenti tra i loro domini posti a nord e a sud del fiume, al confine con la nemica Ravenna.
Il riassetto interessò in particolare l’area del Santerno, che nel 1460 fu deviato a San Lorenzo, arginato e condotto nel semi-abbandonato Primaro, consentendo la bonifica delle terre di Lavezzola a nord, snodo primario tra il Lughese e l'Argentano, collegati già da dieci anni dalla strada della Bastia. Il consolidamento del Santerno favorì inoltre la nascita lungo le sue rive di nuovi centri abitati come Ca' di Lugo, San Lorenzo in Selva e più a nord, tra Fabriago e Lavezzola, San Bernardino in Selva, mentre l’antica pieve di Fabriago, che era stata distrutta più volte dalle inondazioni, venne riedificata nel 1515 dai ferraresi conti Sacrati, lasciando dell’edificio precedente solo il campanile circolare.
Estinta nel 1597 la casa d’Este senza eredi riconosciuti dal papa, i territori appartenenti al feudo ferrarese tornarono allo Stato della Chiesa e con loro anche le terre della Romagna estense, pur facendo parte del patrimonio privato del casato. Il dominio papale favorì l'ulteriore sviluppo del territorio lughese e rilanciò i progetti di riassetto del Santerno per fermare le continue inondazioni a sud di Lavezzola, innestando poi il Reno nel vecchio alveo del Primaro a metà Settecento, ma senza risultati duraturi.

Un castello per il duca di Fabriago
Il regime napoleonico promosse l’ascesa della facoltosa, e politicamente influente, famiglia ferrarese Massari, che investì il considerevole patrimonio accresciuto dall’appalto delle valli di Comacchio nell'acquisto di estese tenute ecclesiali nel Ferrarese, tra Voghenza e Voghiera, e nella Bassa Romagna tra Argenta e Lugo, oltre che di ampie proprietà della impoverita aristocrazia ferrarese. Fatti conti da Napoleone, e poi sotto la Restaurazione, i Massari mantennero posizioni di preminenza anche dopo l’Unità d’Italia. Nel 1882 Galeazzo Massari Zavaglia, futuro senatore del Regno - che abitava con la moglie, celebre soprano verdiano, il sontuoso palazzo ferrarese di Porta a Mare acquistato dai marchesi Bevilacqua Cantelli e la settecentesca villa di Voghenza già del vescovo Ruffo - fu creato da re Umberto duca di Fabriago.
Avuto il titolo, il duca volle un castello. Un grande intervento di ristrutturazione interessò la vecchia casa padronale al centro della tenuta Bruciata già dei marchesi Rondinelli, nei pressi di Fabriago, realizzata nel XVII secolo e modificata a metà di quello successivo. Il progetto dell’ingegner Muzzio Attendoli e le decorazioni del pittore Pavani trasformarono il ‘casone’ in un imponente edificio in stile neo-medievale con venature eclettiche, come dettava il gusto dell’epoca. Parte delle strutture originarie dell’edificio, in particolare il corpo principale, venne conservata e adattata solo esteriormente allo stile neogotico, come la vecchia torre alla quale fu aggiunta una merlatura ghibellina; l’ala sud dell’edificio, che in origine ospitava le stanze di servizio, venne invece ricostruita dalle fondamenta per ospitare la parte di rappresentanza, con un salone per ricevimenti a doppia altezza e sala da pranzo. Il grande atrio ispirato alle domus romane venne allestito con colonne doriche, un soffitto a finti cassettoni e una nicchia ad arco acuto a incorniciare gli spazi verdeggianti all’esterno, mentre la decorazione degli interni alternava elementi neoclassici e neorinascimentali.
Nell’onda del tempo fu anche il ‘riuso’ di materiali antiquari: all’ingresso furono collocati due leoni in marmo rosso con telamoni e colonne annodate della cattedrale di Ferrara, affiancati da capitelli bizantini forse provenienti da una chiesa ravennate. Il complesso comprendeva, oltre alla villa-castello, numerose pertinenze di servizio con granai, scuderie e case bracciantili, e un oratorio dedicato a San Gaetano.

Dall’abbandono alla rinascita
Con la prima guerra mondiale il castello non fu più abitato; nel 1925 i due leoni vennero restituiti a Ferrara e collocati nello spazio antistante il Duomo, su impulso di Corrado Ricci e grazie all’impegno finanziario di Carlo Sinigaglia. Il castello e le sue pertinenze furono acquistati da un privato, che rivendette poi la proprietà dopo averla frazionata; a metà degli anni Trenta l’edificio divenne sede di una colonia elioterapica, poi di un istituto per minori e infine abbandonato; nei successivi passaggi di proprietà venne spogliato di arredi e infissi. Acquistato da privati, il castello è stato infine ristrutturato e ospita oggi cerimonie e meeting.

VISITA
L’imponente complesso è situato in un comparto erboso all’estremità settentrionale del borgo, lungo la via Bastia, sulla riva sinistra del Santerno. Restano, oltre al castello, l’arco di ingresso e i lunghi fronti formati dalle case bracciantili a schiera e dal lato orientale dei grandi granai settecenteschi, oggi destinati a uso residenziale, mentre parte delle scuderie è incorporata nell’edificio di una officina; non sono più visibili l’oratorio, i granai a occidente e la ghiacciaia.



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