Scandiano

Castello di Arceto
Scandiano

Castello di Arceto, Archivio della Provincia di Reggio Emilia
via Pagliani, 2
loc. Arceto
Scandiano (RE)
tel 0522 764238 UIT Comune di Scandiano
Nell’alta pianura reggiana, tra Scandiano e la via Emilia, Arceto è situato lungo il torrente Tresinaro, a poca distanza dal confine con il Modenese segnato qui dal Secchia.

Dal vescovo di Reggio ai Malapresa

Citato in un documento nonantolano del tardo IX secolo, Arceto venne riconosciuto nel 962 da Ottone I al vescovo di Reggio, al quale si deve l’edificazione del castello, attestato nel 980.
Incendiato nel 1040 nel corso di un assedio, il castello venne ricostruito e forse dato in custodia ai Malapresa, famiglia legata ai Canossa, che nel 1134 lo ebbe dal vescovo con il feudo di Gesso, il castello posto sul vicino monte Evangelo che all’inizio del Duecento controllava con altri presidi di pianura anche la ‘massaricia’ di Scandiano.

Il feudo dei Fogliani
I Malapresa avrebbero mantenuto il feudo di Gesso fino al 1283, quando l’allora vescovo di Reggio, un Fogliani, glielo sottrasse per investirne la propria famiglia, potente casato guelfo protagonista delle lotte fazionarie in città, che nei decenni precedenti aveva accresciuto i propri vasti possedimenti con diversi beni dell’eredità matildica anche grazie alla parentela con papa Innocenzo IV.
I Fogliani riuscirono a mantenere i loro domini nell’area, incentrati su Scandiano, anche nel corso del Trecento, quando le aspre lotte tra Gonzaga, Visconti ed Este per la signoria di Reggio li videro giocare un ruolo di primo piano con ripetuti cambi di alleanza, che nel 1354 portarono alla distruzione del castello di Arceto da parte dei Gonzaga allora dominanti.

Dai Boiardo ai Thiene agli Este di Montecchio e Scandiano
Strappato Arceto a Ottobuono Terzi che lo aveva occupato e conquistata la signoria reggiana nel 1409, nel 1423 gli Este assegnarono il titolo comitale e il feudo di Scandiano - con Arceto, Gesso e Torricella - ai fedeli Boiardo, che avevano sostenuto il consolidamento del loro potere nel Modenese e nel Reggiano.
I nuovi feudatari fecero di Scandiano una piccola capitale rinascimentale e avviarono la ristrutturazione del castello di Arceto, rafforzandone le strutture difensive e valorizzandone le funzioni residenziali, in particolare sotto Giovanni Boiardo, che lo aveva avuto nel 1474 in occasione della suddivisione del feudo insieme a Salvaterra, Montebabbio, Dinazzano e Casalgrande.
Estinti i Boiardo nel 1560, il feudo scandianese passò ai loro parenti Thiene, che edificarono ad Arceto l’oratorio di San Rocco e nel 1580 ottennero l’elevazione della contea a marchesato. Sotto il breve dominio dei Bentivoglio, nel quarto decennio del Seicento, la rocca fu arricchita dal porticato centrale loggiato con colonne in arenaria, per essere poi lasciata andare quasi in rovina dopo l’assegnazione del feudo nel 1642 al principe Luigi d’Este, già marchese di Montecchio, figlio cadetto del defunto duca di Modena e Reggio.

Arceto 'genovese': i Mari e gli Spinola
Nel 1740 Arceto fu scorporato dal feudo e dato in proprietà allodiale al nobile genovese Giovan Battista Mari, già governatore della Corsica e poi di Reggio, che dieci anni dopo ottenne anche il feudo scandianese, promuovendo nei suoi domini importanti interventi di ristrutturazione.
Ad Arceto la rocca, ormai inagibile, fu consolidata e ampliata con la realizzazione della torre di ingresso e di un ponte in pietra al posto di quello levatoio, l’innalzamento dei torrioni e la costruzione di diversi edifici collaterali, mentre gli spazi interni furono riorganizzati, decorati con camini e pavimenti in cotto e collegati dallo scalone monumentale affrescato, con balaustra in scagliola policroma e cinque statue di amazzoni in terracotta.
Dopo la morte del Mari alla fine degli anni Settanta, Arceto passò per discendenza femminile agli Spinola. Divenuto bene demaniale e sede del comune sotto il governo repubblicano filofrancese, nel 1811 il castello tornò con decreto napoleonico agli Spinola, che dapprima lo diedero con le fosse colmate a prati a vari affittuari, per venderlo infine al banchiere Parodi. Questi lo cedette a sua volta nel 1888 all’arcetese Flaminio Regnani, trattenendo però per sé alcune statue dello scalone, che andarono a ornare la sua residenza milanese.
Dopo la morte del Mari alla fine degli anni Settanta, Arceto passò per discendenza femminile agli Spinola; divenuto bene demaniale e sede del comune sotto il governo repubblicano filofrancese, nel 1811 il castello tornò con decreto napoleonico agli Spinola, che dapprima lo diedero in affitto con le fosse ormai colmate ridotte a prati coltivabili, per venderlo infine al banchiere Parodi. Questi lo cedette a sua volta nel 1888 all’arcetese Flaminio Regnani, trattenendo però per sé alcune statue dello scalone, che andarono a ornare la sua residenza milanese.

Il restauro e la valorizzazione
Oggi l'edificio è in parte privato e in parte di proprietà del comune, che ha promosso un importante restauro, concluso nel 2000, delle strutture e delle decorazioni dello scalone e delle sale al piano nobile, destinando gli spazi a iniziative culturali e cerimonie.

VISITA
Arceto costituisce un raro esempio di rocca di pianura, sorta su un terrapieno realizzato con i materiali ricavati dalla escavazione di un fossato di forma ellittica. Ancora leggibili sono i circuiti delle fosse e delle mura, con tracce del ponte levatoio, del rivellino e della torre pusterla.
Tra gli elementi di maggior interesse, l'oratorio di San Rocco nella corte interna, le sale con decorazioni settecentesche al piano nobile e lo scalone monumentale, nel quale rimangono solo due delle cinque statue in terracotta che lo ornavano in origine. Sono visibili anche gli ambienti dell’antica scuderia e della cantina del castello, oggi occupati da un ristorante.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Secchia
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Malapresa,
Fogliani,
Este,
Boiardo,
Bentivoglio,
Spinola,
Este di Montecchio e Scandiano
Arte e Architettura

Stili architettonici e decorativi nel castello:

Barocco e Rococò
Bibliografia
via Pagliani, 2
loc. Arceto
Scandiano (RE)
tel 0522 764238 UIT Comune di Scandiano
Nell’alta pianura reggiana, tra Scandiano e la via Emilia, Arceto è situato lungo il torrente Tresinaro, a poca distanza dal confine con il Modenese segnato qui dal Secchia.

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Dal vescovo di Reggio ai Malapresa

Citato in un documento nonantolano del tardo IX secolo, Arceto venne riconosciuto nel 962 da Ottone I al vescovo di Reggio, al quale si deve l’edificazione del castello, attestato nel 980.
Incendiato nel 1040 nel corso di un assedio, il castello venne ricostruito e forse dato in custodia ai Malapresa, famiglia legata ai Canossa, che nel 1134 lo ebbe dal vescovo con il feudo di Gesso, il castello posto sul vicino monte Evangelo che all’inizio del Duecento controllava con altri presidi di pianura anche la ‘massaricia’ di Scandiano.

Il feudo dei Fogliani
I Malapresa avrebbero mantenuto il feudo di Gesso fino al 1283, quando l’allora vescovo di Reggio, un Fogliani, glielo sottrasse per investirne la propria famiglia, potente casato guelfo protagonista delle lotte fazionarie in città, che nei decenni precedenti aveva accresciuto i propri vasti possedimenti con diversi beni dell’eredità matildica anche grazie alla parentela con papa Innocenzo IV.
I Fogliani riuscirono a mantenere i loro domini nell’area, incentrati su Scandiano, anche nel corso del Trecento, quando le aspre lotte tra Gonzaga, Visconti ed Este per la signoria di Reggio li videro giocare un ruolo di primo piano con ripetuti cambi di alleanza, che nel 1354 portarono alla distruzione del castello di Arceto da parte dei Gonzaga allora dominanti.

Dai Boiardo ai Thiene agli Este di Montecchio e Scandiano
Strappato Arceto a Ottobuono Terzi che lo aveva occupato e conquistata la signoria reggiana nel 1409, nel 1423 gli Este assegnarono il titolo comitale e il feudo di Scandiano - con Arceto, Gesso e Torricella - ai fedeli Boiardo, che avevano sostenuto il consolidamento del loro potere nel Modenese e nel Reggiano.
I nuovi feudatari fecero di Scandiano una piccola capitale rinascimentale e avviarono la ristrutturazione del castello di Arceto, rafforzandone le strutture difensive e valorizzandone le funzioni residenziali, in particolare sotto Giovanni Boiardo, che lo aveva avuto nel 1474 in occasione della suddivisione del feudo insieme a Salvaterra, Montebabbio, Dinazzano e Casalgrande.
Estinti i Boiardo nel 1560, il feudo scandianese passò ai loro parenti Thiene, che edificarono ad Arceto l’oratorio di San Rocco e nel 1580 ottennero l’elevazione della contea a marchesato. Sotto il breve dominio dei Bentivoglio, nel quarto decennio del Seicento, la rocca fu arricchita dal porticato centrale loggiato con colonne in arenaria, per essere poi lasciata andare quasi in rovina dopo l’assegnazione del feudo nel 1642 al principe Luigi d’Este, già marchese di Montecchio, figlio cadetto del defunto duca di Modena e Reggio.

Arceto 'genovese': i Mari e gli Spinola
Nel 1740 Arceto fu scorporato dal feudo e dato in proprietà allodiale al nobile genovese Giovan Battista Mari, già governatore della Corsica e poi di Reggio, che dieci anni dopo ottenne anche il feudo scandianese, promuovendo nei suoi domini importanti interventi di ristrutturazione.
Ad Arceto la rocca, ormai inagibile, fu consolidata e ampliata con la realizzazione della torre di ingresso e di un ponte in pietra al posto di quello levatoio, l’innalzamento dei torrioni e la costruzione di diversi edifici collaterali, mentre gli spazi interni furono riorganizzati, decorati con camini e pavimenti in cotto e collegati dallo scalone monumentale affrescato, con balaustra in scagliola policroma e cinque statue di amazzoni in terracotta.
Dopo la morte del Mari alla fine degli anni Settanta, Arceto passò per discendenza femminile agli Spinola. Divenuto bene demaniale e sede del comune sotto il governo repubblicano filofrancese, nel 1811 il castello tornò con decreto napoleonico agli Spinola, che dapprima lo diedero con le fosse colmate a prati a vari affittuari, per venderlo infine al banchiere Parodi. Questi lo cedette a sua volta nel 1888 all’arcetese Flaminio Regnani, trattenendo però per sé alcune statue dello scalone, che andarono a ornare la sua residenza milanese.
Dopo la morte del Mari alla fine degli anni Settanta, Arceto passò per discendenza femminile agli Spinola; divenuto bene demaniale e sede del comune sotto il governo repubblicano filofrancese, nel 1811 il castello tornò con decreto napoleonico agli Spinola, che dapprima lo diedero in affitto con le fosse ormai colmate ridotte a prati coltivabili, per venderlo infine al banchiere Parodi. Questi lo cedette a sua volta nel 1888 all’arcetese Flaminio Regnani, trattenendo però per sé alcune statue dello scalone, che andarono a ornare la sua residenza milanese.

Il restauro e la valorizzazione
Oggi l'edificio è in parte privato e in parte di proprietà del comune, che ha promosso un importante restauro, concluso nel 2000, delle strutture e delle decorazioni dello scalone e delle sale al piano nobile, destinando gli spazi a iniziative culturali e cerimonie.

VISITA
Arceto costituisce un raro esempio di rocca di pianura, sorta su un terrapieno realizzato con i materiali ricavati dalla escavazione di un fossato di forma ellittica. Ancora leggibili sono i circuiti delle fosse e delle mura, con tracce del ponte levatoio, del rivellino e della torre pusterla.
Tra gli elementi di maggior interesse, l'oratorio di San Rocco nella corte interna, le sale con decorazioni settecentesche al piano nobile e lo scalone monumentale, nel quale rimangono solo due delle cinque statue in terracotta che lo ornavano in origine. Sono visibili anche gli ambienti dell’antica scuderia e della cantina del castello, oggi occupati da un ristorante.


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