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Giardino storico
Il parco, vero e proprio “polmone verde” nel cuore di Cesena, circonda la bella e imponente Rocca Malatestiana e riveste le pendici del colle Garampo, che si eleva inaspettatamente sul centro cittadino dominando la sottostante piazza del Popolo (sulla quale si affaccia il porticato Palazzo Comunale o Palazzo Albornoz). Fin dalle origini della città il colle ospitò costruzioni di carattere difensivo, più volte modificate nel corso tempo e costruite via via sempre più verso la pianura sino alla posizione dell’attuale rocca, sorta a ridosso dell’abitato. Il parco, progettato sul finire dell’Ottocento per rivestire le spoglie scarpate del rilievo, si presenta oggi come una folta zona boscata con grandi alberature ormai secolari (e in parte senescenti), accompagnate da macchie di arbusti e da un variegato sottobosco spontaneo.

Il parco, che si sviluppa tutt’intorno alla rocca, risulta in forte pendio ma anche di agevole fruizione, grazie ai numerosi vialetti e alle brevi rampe di scale che permettono di passeggiare a quote diverse. La componente arborea, in buona parte ancora risalente all’impianto originario, è molto densa, con prevalenza di sempreverdi, e particolarmente ombrosa, anche se non mancano le zone più aperte, in qualche caso purtroppo dovute alla perdita di grandi alberature (in vari punti del parco si notano piante deperienti o in precario stato di salute).
Entrando nel parco dall’ingresso monumentale di viale Mazzoni, chiuso da una ricca cancellata, e salendo per le scalinate che si arrampicano a destra e a sinistra del monumento ai caduti, si incontrano subito alcuni tra gli alberi di maggiori dimensioni: gli imponenti cedri che fanno da sfondo al monumento e ai bastioni dalle terrazze merlate; in alto il muraglione è affiancato da un bel sentiero con alcuni affacci tra i merli, dai quali si ammirano i palazzi di viale Mazzoni e la chiesa di San Domenico. Tutta la pendice rivolta a nord è ricoperta da un sottobosco di specie erbacee spontanee, con gigaro, edera e varie bulbose, e arbusti di olmo, sambuco, calicanto, marruca, alloro e ligustro. Quest’ultima specie, spesso utilizzata nelle piccole siepi formali che accompagnano i vari sentieri e le scalinate, è presente nel parco in grande quantità, con alcuni esemplari insolitamente grandi, tanto da poter essere classificati come alberi (due raggiungono rispettivamente 30 e 36 cm di diametro). Sulla pendice settentrionale, tra gli alberi, verso est si riconoscono pini domestici, alberi di Giuda, ippocastani, cedri, tigli, aceri americani e ricci; sotto il muro della rocca si notano vari cedri dell’Atlante, un agrifoglio e numerosi cipressi; verso ovest crescono un gruppo di cipressi dell’Arizona e cedri dell’Himalaya abbastanza giovani, mentre più in alto, sino al muraglione che chiude a sud il parco, nel ripido pendio crescono molti altri cipressi, sia di vecchio che di recente impianto.
Sul versante orientale del colle, dopo un primo tratto di salita che porta all’ingresso del Museo di Scienze Naturali, si notano una sofora (diametro 65 cm) e due pini domestici (diametri 56 e 49 cm) nei pressi di un tornante del sentiero che sale verso il muro della rocca, fiancheggiato in maniera quasi continua da una siepe di ligustro. Più in alto si notano cedri e tigli dalla tipica potatura a candelabro e, all’ultimo tornante, un cipresso, un leccio (diametro 54 cm)e un tiglio (diametro 52 cm). Un largo viale pianeggiante gira intorno alle mura orientali della rocca, per lo più ombreggiato da tigli, mentre tutta la pendice, dove lo strato arbustivo è composto in prevalenza di alloro, laurotino e ligustro, è punteggiata da cedri di dimensioni notevoli (quasi tutti con diametri tra 65 e 75 cm). Nella parte più alta, proprio sotto le mura della rocca, oltre ad alcune robinie, risalta un altro gruppo di cipressi (il più grande ha un diametro di 42 cm).
L’arco di ingresso della rocca è segnato, nel prato sotto le mura meridionali, da un altro bel filare di cipressi (il primo ha un diametro di 64 cm).Un poco discosto verso valle si erge, l’alto muro dello Sferisterio, realizzato per l’antico gioco del “pallone col bracciale”. Dal vialetto di accesso alla rocca, infine, in corrispondenza di un cancelletto, ha inizio un sentiero in discesa verso via Malatesta e la piazzetta in cui si trova l’ingresso laterale del municipio, che offre begli scorci sulla città e le colline (tra cui il colle Spaziano, con la millenaria abbazia di Santa Maria del Monte).

La Rocca Malatestiana, concepita come fortezza militare a difesa della città di Cesena, è la terza fortificazione costruita sul colle Garampo, a poca distanza dalle rovine delle due precedenti, di epoca tardo romana e medievale. La prima fortezza, detta “Rocca antica”, si trovava più a monte, sopra l’antico castrum romanum, e venne distrutta da una frana provocata da una piena del fiume Savio intorno al 1000. Successivamente, più a valle, venne costruita la “Rocca vecchia”, più nota come “Rocca dell’Imperatore” perché nel 1177 vi soggiornò Federico Barbarossa, che fece costruire nuove fortificazioni e una poderosa torre nella quale visse per tre anni la moglie Beatrice. Nel 1241 giunse a Cesena anche Federico II che punì la città per essere passata ai guelfi e distrusse il castello, per farne poi costruire uno nuovo, più solido e strategicamente difendibile; anche questo, tuttavia, venne distrutto nel 1248 per ordine del cardinale Ottaviano degli Ubaldini, legato papale. Nel 1380 incominciarono il lavori di costruzione della “Rocca Nuova o Malatestiana”, per iniziativa di Galeotto Malatesta, che ne fece il punto strategico per la difesa della città. La cinta muraria, formata da alte e poderose cortine, è di pianta esagonale irregolare, con sette torri esterne di forme diverse; al centro si ergono le due strutture principali: due torrioni comunemente denominati il Maschio, quello più alto e snello, e la Femmina, quello più basso e largo. I lavori terminarono all’incirca un secolo dopo, quando già Cesena dominio pontificio, al tempo di papa Sisto IV. Nel 1500 Cesare Borgia scelse Cesena come capitale del suo effimero ducato di Romagna e nel 1502 fece venire in città Leonardo da Vinci, che all’epoca stava curando la costruzione del porto canale di Cesenatico, perché completasse le fortificazioni di piazza. Si deve quasi certamente al genio di Leonardo la particolare soluzione adottata per le scale interne del torrione, sovrapposte e concentriche. Sino alla fine del ’700 la rocca mantenne la funzione di fortezza militare, ma dopo l’epoca napoleonica venne trasformata in carcere e tale rimase sino al 1969, quando il castello passò all’amministrazione comunale.
L’area verde intorno alla rocca fu progettata già alla fine dell’Ottocento, ispirandosi ai canoni del giardino all’inglese, per riforestare le brulle pendici del rilievo (sino ad allora mantenute spoglie per motivi difensivi). L’inaugurazione si tenne però soltanto nel 1924, contestualmente alla realizzazione dell’ingresso monumentale di viale Mazzoni, dedicato ai 600 giovani cesenati caduti nella Prima Guerra Mondiale (da cui la denominazione di “Parco della Rimembranza”). I nomi dei soldati, per ognuno dei quali venne piantato un albero alla memoria, campeggiano su una grande lapide collocata sul muraglione in mattoni, coronato da una merlatura, che sostiene la ripida pendice settentrionale del colle. Tra i giovani cesenati, sul monte Podgora, cadde anche il critico e scrittore Renato Serra (1884-1915), il più illustre letterato di Cesena, al quale è dedicata un’altra lapide collocata nella parte interna della nuova Porta Montanara (una porta della rocca ricostruita lungo via Novello Malatesta nel 1619-21 come accesso alla città dai colli), dove si apre l’altro ingresso del parco. Durante la Seconda Guerra Mondiale, nel 1944, con l’approssimarsi del fronte alla città, alle pendici del colle lungo viale Mazzoni furono scavati rifugi antiaerei (oggi recuperati e parzialmente visitabili).