Titolo operaCarmina
Annoseconda metà VI sec. d.C.
Periodoetà dei regni barbarici
EpocaAlto Medioevo
Noteed.: S. Di Brazzano (a cura di), Opere, vol. 1, Roma 2001 (trad. del curatore).
Testo originaleUnde, vir apostolice, praedicande papa Gregori, quia viritim flagitas ut quaedam ex opusculis inperitiae meae tibi transferenda proferrem, nugarum mearum admiror te amore seduci quae cum prolatae fuerint nec mirari poterunt nec amari, praesertim quod ego impos de Ravenna progrediens Padum Atesim Brintam Plavem Liquentiam Teliamentumque tranans, per Alpem Iuliam pendulus montanis anfractibus, Dravum Norico, Oenum Breonis, Liccam Baivaria, Danuvium Alamannia, Rhenum Germania transiens ac post Mosellam, Mosam, Axonam et Sequanam, Ligerem et Garonnam, Aquitaniae maxima fluenta transmittens, Pyrenaeis occurrens Iulio mense nivosis paene aut equitando aut dormitando conscripserim, ubi inter barbaros longo tractu gradiens aut via fessus aut crapula, brumali sub frigore, musa hortante nescio gelida magis an ebria, novus Orpheus lyricus silvae voces dabam, silva reddebat.
TraduzionePertanto, o uomo apostolico, venerabile vescovo Gregorio [di Tours], poiché con insistenza mi richiedi di rendere pubbliche, per fartene dono, alcune delle operine frutto della mia imperizia, stupisco che tu ti sia fatto conquistare dalle mie futilità, che una volta pubblicate non potranno suscitare né ammirazione né apprezzamento, principalmente perché io le scrissi quando non ero pienamente padrone di me stesso, mentre cavalcavo o sonnecchiavo. Movendo da Ravenna, attraversai a nuoto il Po, l'Adige, il Brenta, il Piave, il Livenza, il Tagliamento; passai attraverso le Alpi Carniche appendendomi agli anfratti della montagna. Nel Norico attraversai la Drava, tra i Breuni l'Inn, in Baviera il Lech, in Alemannia il Danubio, in Germania il Reno; e, oltrepassate la Mosella, la Mosa, l'Aisne e la Senna, la Loira e la Garonna, i più grandi corsi d'acqua dell'Aquitania, raggiunsi i Pirenei, coperti di neve nel mese di luglio. Allora procedevo per lunghi tratti in mezzo a genti barbare, spossato dal viaggio o dall'eccesso di cibo, nel freddo dell'inverno e animato da una Musa non so se ghiacciata o ubriaca: novello Orfeo con la mia lira, dicevo parole alla selva e questa mi rispondeva col suo eco.
Note569/570 ca. d.C.
Testo originaleAd Vitalem episcopum (??Ravennensem??)
Antistes Domini, meritis in saecula vivens, / gaudia qui Christi de grege pastor habes, / cum te Vitalem voluit vocitare vetustas, / noverat aeternum te meruisse diem. / Dignus apostolica praefulgens mente sacerdos / qui sacer Andreae tam pia tempia locas. / Quam bene pro meritis Domini consedit in aula / per quem digna Deo est aedificata domus. / Sumpsisti a Domino culmen cui culmina condis, / qui tibi digna dedit reddis honore vicem. / Emicat aula potens solido perfecta metallo, / quo sine nocte manet continuata dies. / Invitat locus ipse Deum sub luce perenni, / gressibus ut placidis intret amando lares. / Qui loca das populis Dominum quo semper adorent, / ut capiant veniam te facis esse viam. / Gratia, mens, animus, bonitas, dilectio plebis / et gradus et pietas te dedit esse patrem. / Prosperitas se vestra probat quae gaudia supplens / intulit egregios ad tua vota viros. / Dux nitet hinc armis, praefectus legibus illinc, / venerunt per quos crescere festa solent. / Ne tibi desit honor, populum Deus auxit opimum, / qui vidit sensum hoc voluisse tuum. / Mysterium fidei conplevit vota petenti. / Felix cui Dominus quae cupis ipsa vehit! / Plurima divino celebres sollemnia dono / atque Dei florens tempia locando colas.
TraduzioneA Vitale, vescovo (di Ravenna??)
Vescovo del Signore, tu che per i tuoi meriti vivrai nei secoli, pastore che hai le gioie del gregge di Cristo; quando un'epoca lontana volle importi il nome di Vitale, essa sapeva che tu avresti meritato la luce eterna. Degno sacerdote, che rifulgi di spirito apostolico, tu che santamente innalzi templi così venerabili in onore di sant'Andrea. È invero giusto che segga nella basilica del Signore, in grazia dei suoi meriti, colui che ha fatto edificare una dimora degna di Dio. Dal Signore hai acquisito la più alta dignità; a Lui innalzi alti edifici: così tu rendi onore a chi ti ha conferito prestigio. La basilica risplende maestosa, rifinita con ornamenti di metallo massiccio; lì il giorno dura continuo, senza dar spazio alla notte. È il luogo stesso, nella sua luce ininterrotta, a invocare Dio, perché entri amorevole con passo tranquillo nella propria dimora. Tu che dai alle genti luoghi ove possano sempre adorare Dio, fai di te stesso il mezzo attraverso cui esse conseguano il perdono. Il favore, il sentimento, l'animo, la lealtà, la benevolenza del popolo, il tuo rango e la tua devozione hanno fatto di te un padre. La tua prosperità dà prova di sé: rendendo piena la gioia ha chiamato uomini ragguardevoli al compimento del tuo voto. Qui il duca reca lo splendore delle armi, lì il prefetto quello delle leggi: sono giunti coloro la cui presenza rende di solito ancor più solenni le festività. Perché non ti manchi l'onore, Dio ha accresciuto la prosperità del tuo popolo: egli vide che ciò era quel che i tuoi sentimenti avevano auspicato. Il mistero della fede ha adempiuto i tuoi voti e le tue preghiere. Beato colui al quale il Signore elargisce ciò che desidera! Possa tu, per grazia divina, celebrare moltissime solennità e felicemente onorare Dio consacrando nuovi templi.
Note560 ca. d.C.: Vitale non risulta nelle cronotassi dei vescovi di Ravenna e probabilmente l'indicazione toponomastica si riferisce al luogo di composizione del carme più che al destinatario.
Testo originaleVersus de templo domni Andreae quod aedificavit Vitalis episcous (??Ravennensis??).
Quisquis ad haec sancti concurris limina templi, / si venías supplex, hic prece sumís opem. / Quam sacer antistes Vitalis condidit arcem, / culmine quae celso est tempore ducta brevi. / Fundavit, struxit, dotavit, deinde dicavit / et meruit templi solvere vota sui. / Quo veneranda pii requiescunt viscera Petri / qui meruit solus clave ligare polos. / Paulus apostolica simul hac retinetur in aula, / seductor quondam qui modo doctor ovat. / Hanc sacer Andreas propriam sibi vindicat arcem / et cum fratre pio participata regit. / Haec sua tecta replet Laurentius igne sereno, / cui pia fiamma dedit luce perenne diem. / Vitali domus ista placet qui vivus harenis / defossus meruit perdere mortis iter. / Sunt loca Martini qui texit veste Tonantem: / ne magis algeret, se spoliare dedit. / Ecce Vigili arx est quem rustica turba peremit: / unde mori voluit, mors magis ipsa fugit. / Incolit haec pariter Marturius atque Sisennus, / quos genus atque fides et tenet una salus. / Sanctus Alexander felixque Cicilia pollent, / quos meritis omnes una corona manet. / Haec bonus antistes, Vitale urguente, Iohannes / condidit egregio viscera sancta loco. / O nimium felix, aeternum in lumen íture, / cuius vita suo proficit ista Deo!
TraduzioneVersi sul tempio di sant'Andrea, edificato dal vescovo Vitale (di Ravenna?).
Chiunque sia tu, che giungi alla soglia di questo sacro tempio, se vieni supplichevole, qui ricevi aiuto grazie alla preghiera. Questo edificio è stato fondato dal venerato vescovo Vitale: in breve tempo è stato elevato a un'altezza sublime. Egli ne pose le fondamenta, lo costruì, ne curò l'arredo, infine lo dedicò e meritò di sciogliere il proprio voto di edificare un tempio. Qui riposano le venerabili reliquie di san Pietro: egli solo fu degno di legare i cieli con la sua chiave. Assieme a lui è custodito, in questa basilica apostolica, Paolo: un tempo falso maestro, egli ora esulta tra i dottori della Chiesa. Sant'Andrea rivendica come propria questa rocca, ed egli la regge unitamente al suo santo fratello. Riempie questa sua dimora di un fuoco sereno Lorenzo, cui una sacra fiamma donò la luce di un giorno senza fine. Questa casa è gradita a Vitale: egli, sepolto vivo tra le sabbie, meritò di evitare la via della morte. Sono questi i luoghi di Martino, che coprì col suo mantello l'Altissimo: perché non patisse più il freddo non esitò a spogliarsi. Ecco il santuario di Vigilio, ucciso da zotica canaglia: egli desiderò morire, ma la morte si allontanò ancor più da lui. Qui risiedono pure Martirio e Sisinno, uniti dalla medesima origine, fede e salvezza. Esprimono qui la loro potenza sant'Alessandro e la beata Cecilia: per i loro meriti una medesima corona li attende entrambi. Il buon vescovo Giovanni, su richiesta di Vitale, ripose queste sacre reliquie in un luogo santo. O felice assai, tu che t'incammini verso la luce eterna e la cui vita rende onore al tuo Dio.
Note560 ca. d.C.: Vitale non risulta nelle cronotassi dei vescovi di Ravenna e probabilmente l'indicazione toponomastica si riferisce al luogo di composizione del carme più che al destinatario.
Testo originaleInferiora velut sunt flumina cuncta Garonnae, / non aliter vobis subiacet omnis apex. / Rhenus ab Alpe means neque tantis spumat habenis, / fortior hadriacas nec Padus intrat aquas; / Danuvíus par est, quia longius egerit undas: / haec ego transcendi, iudico nota mihi.
TraduzioneCome tutti i fiumi sono minori della Garonna, non diversamente ogni altra dignità è inferiore alla tua [Leonzio]. Il Reno, che discende a briglie sciolte dalle Alpi, non spumeggia altrettanto e neppure è più forte il Po quando s'immette nelle acque dell'Adriatico; le è invece comparabile il Danubio, perché spinge più lontano le sue onde. Io ho attraversato questi fiumi, esprimo un parere su cose che conosco.
Note566/569 ca. d.C.
Testo originaleSiderei proceres ad regia vota frequentes / certatim veniunt adglomerando chorum. / Quo praeter Cherubin, Seraphin reliquosque beatos / aligeros comites quos tegit umbra Dei, / bis duodena senum concursat gloria vatum, / attonito sensu plaudere voce, manu. / His venit Helias, illis in curribus Enoch / et nati dono virgo Maria prior. / Iurisconsulti Pauli comitante volatu / princeps romana currit ab arce Petrus. / Conveniunt ad festa simul sua dona ferentes / hi quorum cineres urbs caput orbis habet. / Culmen apostolicum radianti luce coruscum / nobilis Andream mittit Achaia suum. / Praecipuum meritis Ephesus veneranda Iohannem / dirigit et Iacobos terra beata sacros, / laeta suis votis Hierapolis alma Philippum, / producens Thomam munus Edessa pium. / Inde triumphantem fert India Bartholomeum, / Matheum eximium Naddaver alta virum. / Hinc Simonem ac Iudam lumen Persida gemellum / laeta relaxato mittit ad astra sinu, / et sine rore ferax Aegyptus torrida Marcum, / Lucae evangelica participante tuba. / Africa Cyprianum, dat Siscia clara Quirinum; / Vincenti Hispana surgit ab arce decus. / Egregium Albanum fecunda Britannia profert, / Massilia Victor martyr ab urbe venit. / Porrigit ipsa decens Arelas pia dona Genesi / astris, Caesario concomitante suo. / Ipse Parisiaca properat Dionisius urbe, / Augustiduno Symphoriane venis. / Privatum Gabalus, Iulianum Arvernus abundans, / Ferreolum pariter pulchra Vienna gerit. / Hinc simul Hilarium, Martinum Gallia mittit, / te quoque, Laurenti, Roma, beate mihi. / Felicem meritis Vicetia laeta refundit / et Fortunatum fert Aquileia suum, / Vitalem ac reliquos quos cara Ravenna sepultat, / Gervasium, Ambrosium, Mediolane, meum; / Iustinam Patavi, Eufemiam huc Calchedon offert / Eulalia Emerita tollit ab urbe caput. / Caecíliam Sicula profert, Seleucia Theclam / et legio felix Agaunensis adest. / Europae atque Asiae quis lumina tanta recurrat? / vel tua quis possit pignora, Roma, loqui? / Undique collectos diversis partibus orbis / agminibus iunctis regia pompa trahit. / Intrant sidereo vernantes lumine portas, / excipit hos proceres urbs patefacta poli. / Incedit sensim tum praetextata potestas / ordine, patricio sic potitura loco. / Nobilitas caeli dives cruce, sanguine Christi / festinat festos concelebrare toros.
TraduzioneI magnati del cielo arrivano solleciti e in gran numero alle nozze regali, disponendosi a formare un coro. Lì, oltre ai Cherubini, ai Serafini e agli altri beati conti alati che l'ombra di Dio avvolge, rifulge la gloria dei ventiquattro profeti antichi: essi, con sentimento estatico, plaudono con la voce e con le mani. Sui loro carri arrivano da una parte Elia, dall'altra Enoc e, prima di loro, la vergine Maria, per un privilegio del suo Figlio. Accompagnato dal volo di Paolo, conoscitore della legge, Pietro, principe degli apostoli, accorre dalla cittadella romana. Tutti assieme si radunano per la festa, recando i loro doni, coloro le cui ceneri sono custodite dalla città regina del mondo. La nobile Acaia manda il suo Andrea, culmine apostolico che risplende di raggi di luce. La veneranda Efeso invia Giovanni, eccellente per i suoi meriti, e la Terra Santa i due santi Giacomo. La feconda Gerapoli, lieta dei propri auspici, Filippo; Edessa presenta come pio dono Tommaso. Ancora, l'India reca il trionfante Bartolomeo, l'alta città di Naddaver l'illustre Matteo. Inoltre, la Persia, aprendo il suo seno, manda felice verso gli astri le luci gemelle di Simone e Giuda, e il torrido Egitto, fertile pur senza piogge, manda Marco, a cui si unisce l'evangelica tromba di Luca. L'Africa dona Cipriano, l'illustre Siscia Quirino, dagli altipiani della Spagna si leva la gloria di Vincenzo. La feconda Britannia presenta l'esimio Albano, dalla città di Marsiglia giunge il martire Vittore. La bella Arles porge alle stelle i pii doni di Genesio, accompagnati dal suo Cesario. Anche Dionigi si affretta dalla città di Parigi e tu, o Sinforiano, giungi da Autun. La città di Javols invia Privato, la ricca Alvernia Giuliano e insieme la bella Vienne reca Ferreolo. Contemporaneamente la Gallia invia Ilario e Martino, e Roma manda te, o mio beato Lorenzo. La prospera Vicenza rende Felice, tale per i suoi meriti, e Aquileia porta il suo Fortunato; la cara Ravenna Vitale e gli altri di cui conserva la sepoltura; tu, Milano, Gervasio e il mio Ambrogio; Padova presenta qui Giustina, Calcedonia Eufemia; Eulalia solleva il capo dalla città di Merida. La terra dei Siculi presenta Cecilia, la Seleucia Tecla; ed è presente pure la beata legione di Agauno. Chi potrebbe tener dietro a tante luci dell'Europa e dell'Asia? E chi potrebbe parlare dei tuoi figli, o Roma? Radunati dalle più diverse parti del mondo, il corteo regale li trascina a schiere congiunte. Entrano attraverso le porte infiammati di luce celeste, la cittadella del cielo si apre e accoglie questi grandi. Allora avanzano lentamente, in ordine, le potenze vestite di toga pretesta, per prendere posto nella sede dei patrizi. La nobiltà del cielo, ricca della Croce e del sangue di Cristo, si affretta a celebrare la festa nuziale.
Note586/588 ca. d.C.
NomeAssorati G.
NomeParisini S.
Progetto ROMIT