La congiura di un gruppo di nobili parmensi guidati dai Sanvitale contro la politica accentratrice di Ranuccio Farnese, denunciata nel 1611, terminò l’anno successivo con la condanna a morte di sette congiurati e con la confisca dei loro beni, compresi molti dei loro castelli.
Con Alfonso II Sanvitale vennero arrestati il conte Orazio Simonetta e la moglie Barbara Sanseverino signora di Colorno, importante piazza per il controllo del Po; il figlio di Barbara Girolamo Sanvitale; Gianfrancesco Sanvitale feudatario di Sala; il conte di Montechiarugolo Pio Torelli; Giambattista Masi, feudatario di Felino e Girolamo da Correggio, feudatario di Rossena.
Il consolidamento politico e finanziario dello stato farnesiano che seguì alla repressione della congiura fu a lungo offuscato dalle persistenti accuse rivolte al Duca, e diffuse anche nelle Corti straniere, di avere artatamente costruito l’accusa di lesa maestà per liberarsi della presenza scomoda di potenti feudatari e incamerare i loro possedimenti.